Gemini Killer (Legion) – William Peter Blatty (Mondadori, 1992)

Il mio nome è Legione, perché siamo molti! 

Gemini Killer, il cui titolo originale è Legion (più pertinente, suggestivo e audace) è il seguito de L’Esorcista. Nei nostri cinema è uscito come il numero tre, diretto dallo stesso Blatty mentre il romanzo è direttamente collegato agli eventi del primo. Il personaggio principale stavolta è il tenente Kinderman, già presente in The Exorcist dove fa la sua porca figura ma è un tantino più secondario rispetto a Merrin e Karras. Tra il tenente e Padre Karras c’era una profonda amicizia che nella versione di Friedkin non si nota più di tanto e nemmeno nel libro. In effetti Blatty bara un po’ perché sul romanzo i due si conoscono poco, nutrono una certa simpatia l’uno per l’altro ma da qui a parlare di migliori amici, ne passa. Poco importa. Rispetto al primo capitolo della saga di Pazuzu, questa volta siamo più nell’ambito del thriller/horror con tanto di assassino seriale a cui dar la caccia. Alcune delle vittime sono preti. Gli elementi che ricorrono e fanno pensare a un solo artefice riguardano il modus operandi, quello sì. Sembrerebbe trattarsi di Gemini Killer.

Curioso. Il serial killer Gemini Killer infatti sparì senza lasciare traccia una decina di anni prima, a ridosso del caso di una bambina posseduta da un diavolo e di un prete che volò giù da una finestra e si fracassò tutte le ossa lungo una gran rampa di scale.
Gemini Killer è un romanzo del 1981 ma in Italia fu pubblicato circa dieci anni più tardi, presso Mondadori per la compianta collana Mystbooks. Ovviamente non si tratta di un normale thriller a tinte forti ma in un certo senso si avvicina molto al territorio di Richard Harris, con il poliziotto che affronta, a colpi di spettacolari dialoghi tra metafisica, follia e ragione, una mente criminale superiore. Qui ci sono di mezzo forze soprannaturali o forse no. L’enigma si spiega solo se in fondo in fondo riuscite a credere che intorno a questo mondo materiale fatto di tragedie, fame, malattie e guerre, aleggino sul serio delle creature inquiete chiamate demoni.

Tutto sommato il libro di Blatty andava bene per un film televisivo: gli omicidi vengono raccontati, proprio come avviene nel suo film e mai mostrati. Nulla accade durante. E qui arriviamo al nocciolo. Ci sono alcune delle conversazioni più intriganti e stimolanti mai scritte in ambito horror e noir, ma forse alla fine appesantiscono la trama, rendendo il tutto un po’ troppo verboso e in chiacchiera.
Talvolta il modo di fare di Kinderman, con il suo continuo balletto tra serio e faceto apparentemente fuori da ogni logica, le sue rapsodiche riflessioni su vita, morte e miracoli e le improvvise intuizioni sugli omicidi misteriosi, è forzato e stancante, però va ammesso che quando a Blatty, il giochetto del tip-tap tra Sherlock Holmes, Dostoevskij e Groucho Marx, riesce c’è da spassarsela.

L’atmosfera è pregna di cattiveria e zolfo ma con un finale di speranza che ci sgancia sulla testa una teoria sul mondo che qualcosa su cui riflettere ce la offre eccome. La diciamo qui perché tanto non svela nulla sull’intrigo. Blatty la definisce tra l’altro già nel precedente romanzo, L’esorcista. Comunque, Kinderman la espone in una tavola calda, tra pensieri sulla Svizzera e la sua pace millenaria (che alla fine ha prodotto solo un orologio a cucù) e i fratelli Karamazov, il dovere di esser buoni con i nostri simili e tante altre cose interessanti. Ecco la teoria: e se tutto il creato fosse le parti divise di un solo essere? Se queste parti fossero in perenne, anche se impercettibile, manovra di ricongiunzione di quell’essere? Se quell’essere fosse stato uno solo, caduto e decuplicato con il cosiddetto Big-Bang? E finisco, se l’Angelo caduto, il portatore di luce fosse il nostro vero padre e alla base della nascita di tutto quanto quello che conosciamo e ci riguarda, dipendesse una condanna, una cacciata divina? Insomma, ecco cosa dice Kinderman, quel “mi chiamo Legione, perché siamo in molti” detto dal posseduto nel Vangelo, da Regan e da Gemini Killer nel corpo di Karras, potrebbe avere un significato ben più rivelante e meno spaventoso di quello che abbiamo sempre creduto, no?