Extreme – Vivere all’ombra del secondo disco ancora prima di esordire con il primo!

Alcuni gruppi diventano grandi. Altri scrivono album che diventano grandi e che lasciano i gruppi come i genitori di Schwarzenegger. Loro rimangono genitori nani vicino a questo vatusso ormonizzato che gli fa una gran bella ombra genetica. Questa è la prima categoria. La seconda è quella che il capolavoro lo piazza al secondo round. Gli Extreme rientrano nella tipologia appena detta. Ma se vi sforzate di sentire l’esordio omonimo potete notare che non stavano poi così male fin dall’inizio. Nel 1988 era dura mettersi in mostra con il metal melodico americano. Eppure loro ci riuscirono. Ricordo una recensione di HM in cui il collaboratore della rivista profetizzava che non ne avremmo sentito più parlare, ma tant’é. Poi arrivò Pornograffiti.
Ascoltando Extreme però si notano le qualità indiscutibili di Nuno Bettencourt. Per dire, mica è scontato. Se John Norum fosse morto al tempo di Seven Doors Hotel, chi avrebbe mai immaginato cosa avremmo perso? Basta che sentiate non tanto l’intro strumentale in stile Van Halen di Mutha (Don’t Wanna Go To School) – per carità è una roba bestiale – ma il pezzo finale di tre minuti e mezzo Play With Me, un bordello di scale, riff, fraseggi, citazioni, sinfonismi, blues, funk, boogie fatto centrufiga che alla fine non ricorderete più se avete infilato le mutande vostre o il reggiseno di mammina. Lì dentro potete trovare il testamento di Nuno. Se fosse morto artisticamente dopo l’omonimo , comunque lì ci aveva messo un punto sulla sua bravura. Non si trattava solo di capacità tecnica. Bettencourt era ed è inscindibile dagli Extreme, un po’ come Dimebag dai Pantera. Nessuno nega che entrambi possedessero un grandissimo stile, ma si trovavano nelle band giuste per poterlo esprimere. Non c’era bisogno che ne venissero fuori per mostrare al mondo quanto fossero in gamba e quanto fossero ehm… figosi. Anzi, fuori dalle band Nuno ci ha perso sempre. Dimebag l’hanno pure fatto secco, figurarsi!

Extreme non ha le canzoni di Pornograffiti. Vero, non ci sono It, Get The Funk Out, Decadence Dance  e… ehm, no, non la nomino quell’altra, ma ci siamo capiti. Non c’è un solo pezzo che valga la metà dei classici che stanno su Porno… però la matrice è quella. Si sente.  Si tratta delle stesse persone. La tecnica è fenomenale già lì e le canzoni usano la stessa sintassi del secondo album: ci sono i riffoni pesanti, il blues, i cambi continui, le accelerazioni, i cori, le melodie strane. La differenza la fa il sound della madonna di Pornograffiti! E non ci vuole un genio per capirlo.

Sapete che ci fu una disputa, al tempo, sul sound di Pornograffiti? Il produttore Michael Wagener se ne assunse i meriti e Nuno gli rispose manco per il cazzo. E non so perché ma io credo a Nuno. Di sicuro non c’è disco prodotto da Wagener che abbia quel dannatissimo suono grasso e groovy e tondo e bullo di Pornograffiti. E io credo che dipenda al 60 per cento dal modo di suonare di Nuno. E il restante 35 dal suo smanettamento al mixer quando Wagener era in giro a farsi gli affari suoi.

Il produttore del primo album è Reinhold Mack (ELO, Queen, Black Sabbath). L’album però non suona neanche la metà tosto di Pornograffiti. Su Pornograffiti pensi che esistano gli Extreme e basta, mentre qui puoi fare la radiografia inventariale di tutte le influenze che hanno condotto gli Extreme a essere Extreme. Si tratta di un inciucio orgiastico di quattro band, né più né meno: i Queen (nominarono gli Extreme i nuovi Queen nel 1992) gli Aerosmith (li nominarono successori degli Aerosmith, nel 1990) i Kiss (li paragonarono ai Kiss degli anni 80, ma non li rinominarono i nuovi Kiss degli anni 80 perché ormai si era negli anni 90 e nessuno avrebbe voluto essere i Kiss anni 80, però ce li paragonarono, ma solo perché gli mancava il trucco, altrimenti qualcuno avrebbe detto: i nuovi Kiss degli anni 90!) e poi i Van Halen (li nominarono i nuovi Van Halen nel 1988 stesso e qualche anno dopo Eddie andò a far spesa sul cadavere degli Extreme, guarda un po’).

Ma erano i nuovi Extreme! E il mondo, nel 1988 li notò appena, senza scomporsi troppo, mentre nel 1991 pareva che non avremmo più fatto a meno di loro. Nel 1995 li abbiamo costretti a disintegrarsi. Già non li capivamo più e non ne potevamo più e forse anche loro non sapevano più che pesci prendere. Magari l’errore fu chiamarsi Extreme all’alba del nuovo metal davvero estremo. Come fai a metterti nome Estremo se fai una versione funk bombastizzata dei Van Aerosmith e in giro invece c’è gente come Deicide o Mayhem o anche solo Pantera che divorano bambini vivi?

Tornando al primo disco: soffre l’ombra retroattiva del secondo. A voler essere generosi sembra la prova generale formato scorreggia della megacagatona intergalattica (nel senso buono, non lo paragono alla merda, è solo una questione metaforica di prospettive) avvenuta col secondo album. A distanza di anni però bisogna ammettere che è cresciuto, Extreme. Se lo mettiamo accanto al primo dei Winger o degli Skid Row non è che sfiguri troppo, no? Extreme oggi suona come un lavoro rispettabile, di prospettiva, con almeno un paio di pezzoni: Watching, Waiting… che secondo me va riscoperta assolutamente. Poi Kid Ego e Play With Me che è una bomba scarnificacapre e dopo potete morire tutti come vi piacre! Sentitela a palla. A PALLA, CAZZO!