L’epic degli Zed Yago, almeno a basarsi sul primo From Over Yonder era un misto di Saxon, Dio, Priest, un po’ di Rainbow qui e là e tanto, tanto Wagner. Che però non lo trovate nella riproposizione sinfonica fatta con le tastiere e i chitarri sovrincisi. La potete sentire nel ritmo della batteria, negli accordoni chiari e tufi. I Manowar avrebbero dato chissà cosa per essere tedeschi. E non è un caso che il loro successo più grande sia stato in Germania. Ma non sono germani e la più wagneriana delle loro melodie avrà sempre un retrogusto di chewingum. Il vero Wagner ce l’hanno nel sangue solo i veri tedeschi. Punto. Basta sentire gli Zed Yago per rendersi conto che la potenza e la solennità nordiche sono culturali. Hitler non aveva ragione sulla questione della razza. Non esistono le razze ma le culture. Nessuno avrebbe mai potuto gestire lo sterminio di massa con il rigore e l’efficienza di una fabbrica di automobili da smaltire. I tedeschi hanno fatto l’Olocausto alla tedesca. Gli Italiani si sarebbero inventati un’altra roba per annullare un popolo. Questo non vuol dire che lo sterminio di massa sia roba da tedeschi o da italiani. Si tratta di una cosa in cui nei secoli praticamente tutti i popoli si sono cimentati, persino gli ebrei. Ogni cultura però ha i suoi sistemi per devastare un’altra cultura, e questi metodi sono invischiati nel temperamento e il temperamento è una questione culturale. Mescolata come si voglia, di puro non c’è più nulla, ma è fuor di dubbio che la cultura è cultura. Quella è la sola razza che dura.
E per parlare sempre di matrice culturale, il disco degli Zed Yago, From Over Yonder è una produzione tedeschissima ed essendo la Tedeschia il paese più prossimo al motore perfetto ed efficiente di una vettura quattroruote, ecco che anche qui a Sdangher, non ci esimiamo dal fare paragoni automobilistici per definirne la solida e duratura qualità di un album fatturato in Germania. A sentirlo dopo trent’anni giusti, From Over Yonder è ancora perfetto, grosso, chiaro, robusto e fila via nonostante tutto il resto, Zed Yago inclusi, sia caduto a pezzi.
Anche se forse la musica degli Zed Yago è meno datata oggi di quando esordirono. Ci sono decinaia di gruppi che pagherebbero per pubblicare un lavoro così; in tutta la Svezia, almeno. Oggi Andy Sneap ricopia una produzione così. Basta sentire gli ultimi Accept e metterli a confronto con From Over Yonder. Si tratta della stessa spessura, lo stesso tondore bello pieno. Bum! La stessa inequivocabile chiarezza. Noi vi meniamo e lo facciamo con questo, questo e pure questo.
Jutta Weinhold, la front-girl originale, ha sempre avuto gran fama di bonazza che non voleva essere necessariamente fumo di fica negli occhi ormonali del pubblico metal. Non è mai stata una Doro o una Lee Aron, però ne aveva i requisiti fisici per esserlo. Vocalmente, allora le spazzava via tutte. Non so adesso come sia invecchiata. A chiudere gli occhi talvolta sembrava un uomo. E questo potrebbe essere il più bel complimento da fare a una female singer metallara. “Pare n’omo!” C’è chi ha sforato dicendo che la straordinaria e maschiale Veronica Freeman in realtà è un trans ma era solo il frutto della giusta suggestione gender che offre la brava singer metal. E quando il cantante è altissimo e bravissimo il più bel complimento è “pare ‘na donna!”. Lasciamo stare.
Zed Yago era un progetto assai ambizioso. Addirittura c’era in ballo il lancio di un fumetto con questa eroina figlia dell’Olandese volante. Che poi non si può essere figlio di una nave fantasma. Diciamo che era figlia del capitano dell’Olandese, uomo dissoluto e ambizioso che secondo la leggenda vendette l’anima al diavolo per veleggiare veloce come un diavolo sulla superficie del mare grande. Costui pagò salato come l’acqua dell’oceano la sua scelta di fare il grandone agli occhi dei pirlozzi del porto vicino casa e alla fine andò all’Inferno giusto per questo. In qualità di dannato il capitano ha avuto una relazione con una specie di X-man fatta d’acqua salmastra. Da lì è nata Zed Yago ma questa parte del mito è farina del sacco di Jutta. Era lei a sentire in profondità il concept. Si tratta di una deduzione piuttosto semplice. Quando andò via nel 1990, per divergenze creative insanabili, fondò i Velvet Viper con cui proseguì il discorso drama fantasy metal già definito negli Yago.
Gli Zed Yago sono classicamente allemanni. Non inventano nulla. Non affrontano rischi inutili. Sono pragmatici e colpiscono dove devono. E così partono col riffone, gli stacchi, e poi giù con un bel quattro quarti mentre il basso fa dum dum dum dum dum sempre sulla stessa nota; tipo Peter Baltes degli Accept, esatto. Quattro accordi belli pieni a ruota e il gioco è fatto. I bambini del metal sono già lì che fanno tutti di sì. Prendete per esempio Queen And Priest. Comincia con una roba che nel 1988 usavano ancora i Running Wild e giusto nella colonna sonora del telefilm Hunter. Poi ecco la cavalcata basso e voce in stile Biff Byford and friends. E di cavallone in cavallone la principessa dei pirati Zeddina Yago va sicura sotto il pennone della nostra nave e con una carezza la dirige dove meglio crede. Poi ovvio, c’è qualche Pinocchio che sbuffa e dice: “è sempre la solita vecchia roba, che palle!” E allora però ecco che i tedeschi figli del crauto sfoderano l’arma che solo loro possono usare sempre e di sicuro: Wagner! o del ritornello tutti in coro. Esplode come una bella granata in mezzo al petto della gente e fa un massacro di peli, borchie e cartilagine (che si scrive senza usare le doppie). Per dire, la ballata Revenge? All’inizio è la solita chitarra arpeggiata triste con la Jutta che sopra ci solfaneggia qualche strofa in stile David Wayne con i Metal Church. Poi arriva il ritornello e siamo tutti del gatto. Ecco la tedeschia, ecco la Mercedes del metal. Ecco Wagner, le birrerie, le ballate celtiche. Ecco l’incursione a cui non potete dire di no.
Even a worm will turn
And it’s crying out for revenge.
All the children will burn
When you set them on a fire dance
A bitter life romance, surviving just for revenge.
Lo vedete Sigfrido? Le avvistate le Valchirie? Lo fissate Lothar Matthäus che avanza con al seguito la sua panzer-squad di uomini d’acciaio verso la vostra ridicola difesa del Gana? I rigori non li tira nessuno meglio dei tedeschi. Dopo i motori i rigori, esatto. E via di luogo comune in luogo comune. E il coro di Revenge è un fottuto rigore. Pare facile ma solo i tedeschi sanno metterli preciso dall’altra parte rispetto a dove tocca il portiere con il culo per terra.
I momenti migliori dell’album però io trovo che siano in fondo. C’è la pacchianissima Rebel Ladies in cui Yutta sembra Kate Bush che fa una ramanzina a Ronnie James Dio dopo averlo sorpreso a mangiarsi tutta la torta di pesche senza neanche aspettare che si freddasse. Ha un riff da denuncia che già quando lo usarono i Motley Crue nel 1981 rischiarono grosso, invece loro lo sbattono in faccia a tutti come un enorme pene in faccia a uno stuolo di femministe affamate; poi però rumbano con un ritornello ancora più infido.
Rebel ladies breaking the rule
Rebel babies take over entering you.
Donne del metal. Donne ribelli. Yeah. Sentite il crescendo finale che mescola Accept e cita pure Breakin’ The Law dei Judas. Che poi non si sa quanto lo faccia apposta. Penso di sì, dai… sì, sì. Insomma, Donne ribelli fate di noi maschiotti quello che volete. Passateci sopra con gli stivaloni. Viva il pirataggio rosa. Viva Zed Yago. Viva la fica che sa farsi rispettare!
E poi c’è la conclusiva: Rockin’ Over The Nation. No, dico, sentite come è enfia, come è bona. Sembra un culo di Carmen Russo nel 1983. Vi viene voglia di toccare quel gran culo metal, che vi riempie le mani grandi, che vi tace la bocca. Sembra la cosa che volevano fare i Saxon dal 1984 al 1989, solo che agli Zed Yago il buco nella ciambella riesce preciso e giotto. C’è la giusta pesantezza, la piacioneria, la ruvidezza e la presunzione di chi vuole fa chinare la testa al dragone di John Carpenter, saltargli sul groppo squamoso e dominare da lì la valle dei coriandoli. Rockin’ For The Nation! Rockin’ For The Nation!