Quando mi hanno passato Endless Incapacitating Discomfort di Venta Protesix tutto mi sarei aspettato, tranne ciò. È la frase più fatta tra le frasi fatte, così fatta che potete anche distinguere i buchi dell’ago per quanto è fatta, ma niente è più appropriato per definire il mio primo ascolto. Pensandoci, anche una lobotomia frontale va bene come paragone.
Nove tracce, trentacinque minuti, una cover che ispira qualche proto band death metal moderna, sapete no quelle che non sanno fare metalcore, ma la casa discografica dice che fanno deathcore, ma alla fine ti fanno schifo al cazzo. Non è proprio il caso di Venta Protesix, perché sto disco non piacerà a nessuno, sopratutto ai fan ortodossi.
Volevate un nuovo Sickening Digital Rainbows? Fate prima a comprarvi un cartoncino di lsd da mettere sotto la lingua, allora.
Dopo il quarto ascolto, m’è tornato a mente la prima volta che ascoltai Venereology di Merzbow. Col disco non centra niente, se non forse solo il mero appellativo di album noise, ma è la frase d’un mio amico che disse: “il bello di certi dischi noise è che devi ascoltarli più volte per comprendere ciò che accade”
In quell’ammasso di rumori informi, sul primo impatto, il cervello rimane traumatizzato, sopratutto in cuffia e con i volumi sparati. E a mano a mano che si riascoltano le tracce, con diversi apparecchi, si scava nel rumore bianco scoprendo nuove sfumature prima impercettibili, come individuare un nuovo colore tra le sfumature dell’arcobaleno.
Scavando Endless Incapacitating Discomfort
Ciò che non mi aspettavo era anche ascoltare dell’armonia. No, il nostro non ha improvvisamente imparato a suonare uno strumento musicale. L’unico credo che sappia utilizzare è il suo pene, forse neanche tanto bene, e ci piace continuare a immaginarlo nella sua stanza mentre si masturba premendo a caso tasti sul suo laptop.
Her Keyboard Drowned In Tears, l’unica traccia che cito per dare vigore a questa affermazione, è infatti una tastiera ripetitiva, lo stesso loop all’infinito sommerso da lacrime di rumore che giocano in stereo tra le due casse. Meglio avere entrambe le orecchie funzionanti, pena perdersi la tridimensionalità del disco.
Domanda: si tratta di tracce registrate in multi-sessione e incollate fra loro, o singole sessioni di pura alienazione? Non gliel’ho chiesto, non lo voglio sapere, voglio solo immaginare.
C’è qualcosa di diverso dal passato, e non parlo solo dello scostamento dalle fantasie orientali. Un disco maturo, uno specchio d’uno spirito contorto. Se fosse metal diremmo che l’ha scritto col cuore dopo una notte passata in overdose, dopo aver incontrato il creatore e aver capito che era solo il paramedico che ti riporta in vita. Ma qui parliamo di Venta Protesix ed è più quando passi il tuo tempo a scrutare lo sperma nel calzino e lo sperma nel calzino vorrà scrutare dentro di te?
Per questo credo che gli affezionati dei primi lavori lo insulteranno ma anche i nuovi arrivati lo insulteranno. E chi ascolta noise fatto con i soli pedali? Ah no, quelli rimarranno soddisfatti, non è cambiato nulla, possono continuare a odiarlo senza riserva come al solito.
In conclusione
E per chi è allora questo non disco, questa non musica? Per chiunque non abbia voglia di ascoltare appunto la musica ma chiudersi nella propria stanza, masturbarsi con la scatola dei clinex accanto, accorgersi solo nel coito che è vuota, ripiombare in quel breve attimo di depressione che segue l’eiaculazione mentre il calore della vita sprigionato dai fluidi corporei viene sempre più tiepido tra le dita. E poi lasciarsi rapire solo da una ripugnante sensazione di appiccicosa e flatulente delusione.