Povero Dylan Dog! Adesso pure il maggiolone… E non ne può più. Ogni mese/albo ce n’è una. Non i mostri, gli incubi o gli inciuci paranormali. Quelli sono sempre i benvenuti. Sono i continui cambiamenti. E prima gli levano Bloch e lo sostituiscono con uno che è pure antipatico. Poi gli danno lo smartphone. E gli inventano nuovi e impegnativi acerrimi rivali. Poi gli mettono Dario Argento a scrivere le sceneggiature. Poi gli levano il maggiolone. Poi gli fanno arrivare tra capo e collo un figlio (il prossimo numero). Cacchio, è chiaro che l’indagatore sta per avere un esaurimento nervoso. Prima lo lasciano in un limbo temporale che va dal 1986 al 1992 per circa 30 anni e ora si ritrova di colpo nel 2015-18. Ed è una guerra contro il tempo, un ammodernamento vistoso, che nonostante l’aspetto da perenne trent’enne, lui rifiuta come se davvero avesse dentro l’età anagrafica che dovrebbe avere: più di sessant’anni.
L’idea di non far passare la revisione al maggiolone DYD 666 è buona, se la valutiamo nell’ottica del “tutto cambi affinché quasi niente cambi” che la Bonelli ha imposto a Recchioni; tanto più che (sul serio pensate sia uno spoiler?) alla fine il suddetto maggiolone, che per circa un’ottantina di pagine si comporta come una Christine in menopausa, resta dove è sempre stato: sotto il culo di Dylan Dog.
Però La macchina che non voleva morire tutto sommato è una storia garbata, scritta bene da Gigi Simeoni e disegnata non so da chi. Sarò io ma prima chi faceva le tavole mi rimaneva impresso come un giocatore titolare della mia squadra del cuore, ora è un po’ come un giocatore titolare della mia squadra del cuore e non me lo ricordo più. Io sono dell’Inter, esatto. Dicevo, l’albo di Simeoni e coso ha un taglio leggero, molto ironico e tranquillino. La violenza e lo splatter quasi non ci sono. Ricordo che Recchioni auspicava un ritorno al sangue ai tempi del suo avvento, ma almeno negli ultimi albi DYD pare un televisivo su Canale 5 nel 1998, alle 15 di un pomeriggio d’estate.
E nonostante i continui richiami al presente con le MAILLL!, gli accessori tecnologici della nuova auto che Dylan sta quasi per comprare dopo essersi illuso di aver rottamato la sua vecchia, nonostante questi aggiorni infausti dell’elettrodomesi, le battute di Groucho parlano ancora di fame nel mondo e guerre come i problemi sociali da risolvere, quindi siamo sempre al 1992. Dove lo tiri, Dylan, di là si accorcia. La fame nel mondo ormai non è più attuale, Groucho. Avresti dovuto parlare di lotta al terrorismo e non la generica guerra.
C’è una cosa che non sopporto nelle sceneggiature di Dylan Dog. Ogni volta che due personaggi nuovi entrano in scena, i loro nomi sono all’interno delle prime battute. Odio questo sistema per farci capire chi siano. Sa di scuola elementare del fumetto. “Sei sicuro di quello che hai detto, Herb?” “Ma certo, Tom”. Vi immaginate di parlare con un vostro amico e dire: “Ehi, ho voglia di comprare un giornale, Luigi” “Vuoi che ti presti gli spicci, Giovanni?”. Ecco, nella vita vera questa comunicazione non avverrebbe. Sapete come vi chiamate, non c’è bisogno di nominarvi reciprocamente. Se foste in un fumetto Bonelli sareste degli ebeti e parlereste proprio così, Giovanni. Da non crederci, Luigi. Ma non ti chiamavi Tom? Ma no, Herb.
Io sta cosa del restyling non la sopporto più. Ammetto di averla sostenuta all’inizio ma adesso che siamo sui fatti devo riconoscere che non era la soluzione giusta. Se continua così finisce che Dylan si trasferisce da Zagor e non ne vuole più sapere di smartphone, Airbag, Wi-fi e di Netflix. Io però non sto solo qui a criticare e basta, vorrei proporre un’idea a Recchioni. Non la userà perché è orgoglioso, e fa bene. Poi nemmeno legge le mie boiate. E se lo facesse non lo ammetterebbe nemmeno sotto dettatura. E per carità, io non sono nessuno per avere la soddisfazione di poter cambiare tutto quanto al posto suo. Magari me la ruberà l’idea dicendo che ci aveva pensato già lui da tempo. Lo capirò, Rob, niente rancore. Lo prenderò come un complimento.
Poi se si mettesse male, dirai che è un’idea mia e che mia è la colpa se la serie continua a non funzionare nemmeno in quest’altro modo. In ogni caso, sentite qui. Perché non fare come Strange Things e ricondurre Dylan Dog al 1990 e farlo vivere lì. Usare i rimandi storici di allora, i casini politici di allora, le tecnologie di allora, i dischi di allora, i personaggi celebri di allora, i film, gli stilemi erotici. In questo modo riporteremmo l’indagatore nel suo habitat temporale e non sarebbe così stressato come è oggi nella riserva in stile Unieuro che gli hanno creato attorno. Sarebbero felici quelli che amano il vecchio Dylan e che rimpiangono con nostalgia i bei tempi di quando facevano le medie e lo portavano in classe per leggerlo sotto banco. e c’erano i calendari di MAX e Tangentopoli, il bagaglino al Sabato e il Berlusca faceva danni solo nel mondo del Calcio. E sarebbe una cosa modernissima, oltretutto DYD90, perché oggi le ambientazioni moderne ricostruite, giocando sugli stereotipi artistici di un certo periodo, funzionano e vanno alla grande. Io credo sia una bella pensata, che ne dite? Che ne dici Recchio? Non rispondi, eh? Algido, Olimpico, lui. Claudio Magris al confronto è Cristiano Malgioglio in una gelateria in notturna a Cuba.