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Fifth Angel – Ora ci siamo tutti!

Non voglio prendermela con i Fifth Angel. In fondo sono tornati già tanti altri prima di loro. Quindi alla fine uno si dice, perché noi no? Nomini e nometti della scena metal anni 80, americana ed europea, si sono riversati nei nostri pc, Ipod a pacchi (di Amazon) e troppi di loro hanno riscosso immeritati plausi, complimenti di cortesia, salamelecchi imbarazzanti e riconoscimenti vari in nome della vecchia scuola. La decrepita scuola. Insomma, mi sa che tolti una mezza dozzina, tutti i gruppi che dal 1988 al 1991 hanno visto nascere e morire i propri sogni di gloria, sono tornati in scena con dischi nuovi. E tour. E magliette. 

The Third Secret è il lavoro che ci si poteva aspettare da una line-up che non combinava più nulla da circa 21 anni. I pezzi sembrano recuperati da vecchi demo inscatolati e mai più cercati per molto tempo. La produzione è casereccia. Il risultato più o meno è dignitoso. Saranno felici i nostalgici. Saranno soddisfatti i Fifth Angel, che dopo troppi anni riescono a pubblicare un nuovo album e dimostrare al mondo che in fondo non sono morti. Ma che sono vecchi, questo sì. 

La formazione è a tre. Mary alla batteria, Macko al basso e Bechtel si occupa anche della voce, oltre che delle chitarre. Niente Peter Orullian. E da una parte costui sorprende. All’inizio pensavo avessero assoldato qualche giovane turnista recuperato da una cover band di Ronnie Dio e invece è questo imbolsito cinquantenne che gli da dentro davvero di brutto.

Il problema però è sempre lui. A tratti sembra di sentire non i Fifth Angel ma proprio i Dio. O meglio, un’imitazione discreta dei Dio. Se ascoltate We Will Rise o Queen Of Thieves e chiudete gli occhi, l’illusione è completa, quasi quanto quella dell’ologramma che sembra stia sul serio andando in tour al posto del defunto Padavona. Pace all’anima suja.

Se per qualcuno di voi fare un disco che ricordi molto i Dio è un pregio, ok. Per me no. Io non sopporto le ugole che sembrano spiccicate a quelle consacrate. Mi basta già Dickinson. Halford. Tate per esempio va bene perché fonde i due precedenti. Scheepers già è un po’ troppo Halford, per i miei gusti. E non molto altro. Bravo tecnicamente, bella presenza, col tempo ho imparato a rispettare i Primal Fear, ma tutto sommato, c’era Halford. Bastava lui. Insomma, è scontato da dire ma io amo gli originali. Le copie no. E Bechtel è una prodigiosa copia di Ronnie James Dio. Per carità, mica male, però non credo sarebbe stato meglio per i Fifth Angel (a parte non pubblicare più nulla e lasciarci con il buon ricordo di Time Will Tell) coinvolgere un singer con maggiore personalità di lui. Hanno voluto fare tutto in famiglia, ho capito. Però l’album risente di questa autarchia. 

Ci sono momenti interessanti, comunque. We Will Rise pista bene. Fatima, è fica. Però ammetto che se si fosse intitolata Fire Of The Kings, l’avrei notata di meno, questa traccia. La tematica mi ha colpito, ecco. Non me l’aspettavo dai Fifth Angel un pezzo su Fatima, anche se poi spulciando in giro per la rete ho scoperto che il batterista Mary tempo fa ha fondato una band Christian Metal e si è ribattezzato Mari. Mari Mari Ma-gari dagli Stryper un brano così sì, ma i Fifth Angel non mi sembravano dalla parte alta del creato. E la canzone è buona, via. Tutto il resto è power metal anni 80. Leatherwolf, Armored Saint, Helstar, Fifth Angel… quella roba lì. Uh, vero, loro sono i Fifth Angel!