hyppolita
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Dylan Dog e l’occhio della madre! (Hyppolita, n.386)

Hyppolita, questo è il titolo del Dylan Dog numero 386, scritto da Marsano e disegnato da Dell’Agnol e un altro tipo. Anche se il nome lo lasciava sperare, non ci sono cavalli. Ah, oltre alla nuova avventura, in fondo all’albo trovate altre figurine da attaccare sul frigo. Dal prossimo numero poi potremo beccarci i tarocchi di Dylan Dog disegnati da Steno. Abubah! Ormai la via del gadget è presa. Bisognerà attenderci i pupazzetti dei personaggi principali, le calamite, i poster di Dylan da appendere in cameretta o il kit per farsi i baffi come Recchioni. 

Ma parliamo della storia. Buona, anche se è asciutta, ma così asciutta che sembra la vagina di mia nonna morta. Sul serio, non esce una goccia di sangue. La narrazione è tutta così compatta che quasi soffocavo prima, mentre attendevo il mio turno a… va beh, non c’entra. 

Anche con i raccordi si sono fatti prendere un po’ la mano. Va bene uno, che cominci una frase e un altro, in un contesto diverso che la finisca, ma è un escamotage vincente se non ne si abusa. Questo continuo corrispondere ironico tra tutti i vari scorci narrativi finisce per distrarre più che rendere fluido al massimo il racconto. O no?

Il problema comunque, al di là di questi sfoggi virtuosistici di sceneggiatura, è sempre il solito. Mi chiedo se, come per le battute di Groucho non ci sia anche quello che è pagato alla Bonelli solo per inserire i rimandi tecnologici e all’attualità social. L’ostentazione della modernità, messa a forza in una storia come Hyppolita, tutto sommato buona, ma che potevano aver scritto cinque anni fa, quando i telefonini e la parola wireless sulla serie dell’indagatore erano quasi tabù, l’ostentazione modernistoide, dicevo, è fastidiosa e stridente. Non è detto che non possa esserci un albo in cui tutta la guarnizione elettrodomestica 2.0 sia meno sbandierata. E invece giù di IP statici, internet di qua, telefonini di là. Sembra Dylan Drony, (non ci sono paragoni). Perché non fare un albo con lui da Unieuro, visibilmente scosso e sudato nel reparto ipod e un commesso ciccione e foruncoloso che,  ghignante gli si avvicina alle spalle con un ennesimo nuovo smartphone ultima generazione?

E poi mi viene da pensare una cosa, leggendo Hyppolita (della cui trama di cui non vi svelo nulla, così potete godervi i colpi di scena): Dylan Dog perché non prova più a far paura? Recchioni e i suoi amigos cercano di dargli un taglio più modernista (dove il post ormai ha solo senso parlando di blog o facebook) e di rendere quella componente emotiva forte e generazionale che ebbe il picco massimo tra il 1992 e il 1995, ma il terrore, l’angoscia, l’incubo dove sono finiti? Anche le citazioni. A parte la musica, che non esiste praticamente più dall’albo 105, ma il cinema? A un certo punto della storia Dylan e la co-protagonista Hyppolita vanno al cinema, naturalmente a vedersi un horror, ma di quale si tratta? Ai bei tempi avremmo riconosciuto il film, o magari sarebbe stato l’indagatore fuori dal cinema a indicarcelo, invece qui è solo un anonimo horror, senza alcuna specificazione. Non si fa così. Vogliamo sapere che film è, cazzo.

Ma tornando alla questione strizza… Possibile che non sia ora, anziché mettere in mezzo figli a sorpresa, nuovi cattivi e finte defezioni di quelli storici, perché non scrivere una bella storia de paura? Io ricordo che da ragazzino non dormii due notti dopo aver letto Il castello della paura e anche qualche anno più avanti ebbi i miei problemi con Mana Cerace. Insomma, Dylan oltre a commuovere e far riflettere, spaventava, non era solo esistenzialismo pop.

Ultimo appunto: i poliziotti che hanno sostituito Bloch non si sopportano. Perché non li fate morire e provate a sostituirli con qualcosa di meno antipatico e odioso?