Ne è passata d’acqua sotto al ponte di Netflix prima che mi decidessi a parlare dell’ultima stagione di BoJack Horseman. Siamo arrivati infatti alla quinta del personaggio ispirato dal nostro blog (te piacerebbe… npc): vale a dire ben cinque anni di alcolismo cronico, depressione, droghe e traumi.
Ricordo ancora la mia amica che mi passò il link imdb di questa serie, quando Netflix in Italia era ancora un sogno lontano, vissuto al massimo col proxy per i più smanettoni, col torrent per i morti di fame come me.
Che cosa posso dire su quella che si conferma l’epopea più drammatica del nostro compatriota cavallo uomo?
Ho stilato sulla mia agendina una serie di spunti, idee, consigli, capitoli a cui vorrei fare riferimento, sezionando non tanto la serie episodio per episodio, ma argomento per argomento. Qualcuno lo salterò, magari qualcuno me lo inventerò, ma siamo cavalli e come c’insegna il nostro coinquilino Bojack, tutto si può risolvere con…
La Droga
Hollywoo è terra fertile per le dipendenze.
È il classico esempio di personaggi che mostri a tuo figlia e gli dici ‘se non studi e ti droghi, diventerai come Lindsay Lohan’.
Un’attrice di Disney Channel smutandata? Anche, oltre che drogata.
Avevamo lasciato BoJack con una serie di problemi, lutti, sconfitte, ma anche vittorie, un nuovo contratto di lavoro, la famiglia allargata, prospettive per il futuro, ma anche un’amica defunta, un quasi tentativo di sesso con minore e una famiglia distrutta.
La vita di una star come c’insegnano i luoghi comuni e le testate di gossip è come le montagne russe. A volte i binari si rompono, la carrozza vola fuori, finisci in un fosso, hai giusto una spalla slogata, ti senti pungere la gamba destra e scopri che sei caduto nella fossa comune delle siringhe usate dai drogati.
Per certi versi ho visto un chiaro riferimento a quegli attori, così immersi nel proprio ruolo da non saper più distinguere tra realtà e finzione. Forse è anche colpa della sua abitazione identica alla scenografia del suo nuovo ruolo/telefilm Philbert?
Ma no va tutto bene, si è solo schiantato da un palazzo su una macchina. Ma no va tutto bene, deve solo prendersi delle pasticche. Quante volte ci hanno detto, o peggio ammettiamolo, siamo stati complici di questa superficialità. Ehi, non puoi farmene una colpa però. La mia vita è già un troiaio, perché devo aggiungere te alla merda che mi piove in testa? Ed è qui che colpisce BoJack. Siamo tutti dei menefreghisti, fino a quando il problema non cade appunto come una pioggia di merda sulla nostra testa.
Il protagonista non viene certo incontro, col suo carattere duro come un muro di mattoni tra il Messico e gli Stati Uniti.
#MeToo
Sveglia america, le donne vengono stuprate e vi voltate tutti dall’altro lato.
Personalmente parlando mi fece molto ridere quella comica che disse sempre su netflix:
‘Donne, cosa v’insegnano a urlare quando state subendo un’aggressione? Aiuto, c’è un incendio. Perché la gente si sentirà più in dovere di aiutarvi se c’è un incendio in corso nelle vicinanze, piuttosto che quando state per venire stuprate.’
Però alto la moralisty dell’ultima ora. Non una giovenca è stata violentata, o quasi, ma anzi in BoJack fa capolino il famoso hashtag, tornando di nuovo come nel caso delle armi nella precedente stagione, a sfottere il passivo maschilismo americano nei confronti delle violenze sessuali.
Basta andare a fare una conferenza, versare due lacrime e bum, ti sei beccato un posto in prima fila in paradiso, però aspetta, prima beccati questo ruolo in questo film. Perché la TV e la pop culture ci hanno insegnato a digerire il letame che accade nel mondo e… normalizzarlo.
Giusto oggi ho acceso la tv è sento la solita storia di femminicidio, e dico solita perché appunto è una news standard, nella norma. Normalizzata. Ho pensato ‘un altro ancora’, come se fosse normale accendere il telegiornale e sentire dell’ennesima tragedia consumata tra le mura domestiche. Digerita nello show mediatico come appunto l’ennesimo stupro dietro le quinte.
E sapete cosa? Siamo tutti pronti a perdonare, o inquisire a scelta della televisione. Perché potremmo anche usare un hashtag online in cui invitiamo a difendere le vittime, ma se bastano due lacrime e una conferenza per pulire ogni peccato, allora chi è il vero carnefice?
Perché io sono la vittima di me stesso
Possiamo chiamarlo vittimismo se vogliamo, ma la prima vittima delle cazzate di BoJack Horseman è appunto BoJack Horseman, poiché lui è il re Mida della merda: distrugge tutto ciò che tocca.
La filosofia autodistruttiva vomitata in quell’episodio. Perché basta vomitare la vostra rabbia e dissensi contro di me, dice BoJack, per le cazzate che faccio. Poiché la mia prima vittima è me stesso. BoJack Horseman è vittima di BoJack Horseman.
Ho rivisto me stesso in quel dialogo. Ho rivisto le mie più recenti liti nelle urla nitrite da BoJack. Ho visto riflesso il mostro che nego di essere diventato.
Ma forse è solo vittimismo urlato da una scorza invalicabile di cinica ironia.
Il Funerale
L’episodio migliore della serie, l’unico sul quale mi soffermerei. È la cosa più ovvia del mondo, quanto è vera la morte stessa: che quando muore qualcuno solo allora ci ricordiamo tutto l’odio che gli volevamo riversare.
Guardiamoci in faccia. Quando muore qualcuno la prima cosa che pensiamo è quanto volevamo dirgli l’odio che covavamo, ma non avevamo le palle per paura di perderlo. E ora che è perso per sempre vale la pena conservare questo disprezzo nel proprio cuore?
No.
E BoJack è così preso dal suo monologo, la storia d’un figlio maltrattato che non riesce a smettere di farsi insultare dalla madre anche dopo che l’alzheimer le ha mangiato quel minimo di umanità rimastele. Così preso dalla propria boria di disprezzo covato dalla nascita, da non avere il tempo di fissare di fronte a se il suo pubblico, perché il suo unico pubblico è solo se stesso.
Una telecamera fissa sul comico di turno sopra il suo palco, con i suoi sketch accompagnato dalla spalla comica, un po’ rigida per l’occasione, ma che rimbalza tutte le battute senza battere ciglio. E poi quando tutto finisce torna in se, la gag è finita, l’allucinazione pure e… ma non è mia madre nella bara. E allora di chi cazzo ho parlato? Con chi cazzo ho parlato?
Verità o finzione
Forse non sono mai esistito, forse non siete mai esistiti. La droga, sempre lei, tema unico portante di questa stagione, inizia a bruciare i neuroni del protagonista, incapace di distinguere tra casa e lavoro, vita reale e finzione, più di quando passava il tempo rimembrando la prima serie che gli ha dato l’unico successo avuto, che vive in una casa identica, ironia della sorte, alla scenografia del telefilm nuovo trampolino di lancio. Non diamoci peso, o forse sì? Quanto può incidere questo sulla psicologia di BoJack? Troppo.
Famosi sono gli attori stati incapaci d’uscire dal personaggio, e Philbert in se è proprio BoJack in questa stagione. Un personaggio dalla duplice personalità, che immagina e sogna i nemici che minano alla sua carriera. Ma se il mio nemico fosse stato sempre me stesso?
Una gag come l’incapacità di riconoscere casa propria dagli studios può anche fare ridere, ma sotto effetto di stupefacenti il passo verso l’omicidio sotto crisi nervosa è breve.
Devi solo starti zitta perché io non ho… cioè se lei non fosse entrata io… io… non lo so cosa avrei fatto.
Disintossicazione
Non faccio spoiler a nessuno credo quando dico che infine viene la disintossicazione. Perché se il malato è il primo a non volersi curare, come può quindi una persona aiutarlo? Incapace di soffrire, incapace di ammettere di soffrire. Ha dovuto toccare il fondo, ammettere che forse la morte di Sarah Lin è colpa sua. Lei si stava disintossicando e lui l’ha rilanciata nel baratro. Ma la vera vittima di Bojack è BoJack.