Il mio piacere di recensire album come Pantheon Arcanum risiede nella scelta di non informarmi prima. Lasciare il proprio pregiudizio da parte e concentrarsi sulla sola musica, e non pensare alla nazionalità o lunga carriera della band in questione.
I Forbidden Rites sono al debutto o è il terzo disco? Hanno già suonato in altre band oppure no? E da che stato provengono?
E tra le cuffie il mio cervello li immaginava europei come pochi, contaminati dalla moderna musica. Alchimisti sapienti del black e del death, senza creare una miscela atta a scimmiottare la così detta old school.
Dopo un attento ascolto ho avuto l’impressione che il disco trasudasse di occulto britannico a incominciare dalla cover. E forte è stato lo shock, prima di approcciarmi alla scrittura, nello scoprire invece che questi sono della terra dall’altra parte del muro.
E ben venga che i Forbidden Rites siano più dediti a società oscure, riti dimenticati, azioni compiute nel buio che neanche alla luna è consentito d’illuminare, di una setta massonica dedicata a un dio senza nome. Siamo stanchi dei parti cattolici e lovercraftiani, perché se è vero che il metal odierno deve molto a queste figure, è anche vero che ve ne sono altre che aspettano giusto d’essere riesumate dalla tomba.
E perché dovreste ascoltare quindi Pantheon Arcanum de i Forbidden Rites? Perché meritano.
Basta con sta gente che usa le capre nucleari in cover e incitano a un diavolo in cui più neanche loro credono. A ‘sto punto mi recupero tutta la discografia dei Destroyer 666 e vivo di quella fin che capro.
Il Messico è terra fertile per band black metal più di quanto vi abbiano insegnato.
Siate furbi, anticipate i tempi e quando il vostro amico vi titillerà le palle per l’ennesima volta mentre racconta di quella volta che è andato a vedere i Mgla del momento, voi ficcategli sto maledetto cappuccio nero in testa, ma come novelli narcos, lasciandolo chiuso in una cassa illuminata con Pantheon Arcanum come unico compagno di sventura.