Le maschere dell’orrore è una trasposizione a fumetti di alcuni dei migliori racconti tratti Masques, la serie antologica di racconti horror curata da J.N. Williamson per oltre vent’anni, a partire dal 1984. In Italia ne risulta un solo volume tradotto, Masques II, pubblicato dalla Garden Editoriale e uscito in edicola.
Pubblicato nel 1988 come primo volume della collana Horror Story, probabilmente molti lettori appassionati di narrativa fantastica ne possiedono ancora una copia in uno scatolone assieme ai vecchi fumetti di Dylan Dog e Splatter, ma va assolutamente recuperata e tenuta su uno scaffale d’onore nella propria biblioteca fantastica. Basta leggerne i racconti per rendersi conto della qualità altissima di Masques rispetto alle varie Year’s Best Horror pubblicate dalla Newton Compton e Fanucci con titoli fantasiosi.
J.N. Williamson poi sapeva scommettere sui giovani cavalli più promettenti e questo si nota anche nell’indice della traduzione uscita via Garden, dove assieme all’onnipresente Stephen King o Ramsey Campbell e Robert Bloch sono presenti Joe R. Lansdale, Douglas E. Winter, Steve Rasnic Tem e Richard Christian Matheson, tra gli altri.
L’idea di trasformare in fumetti dei classici dell’horror letterario non è certo una novità e anche in Italia abbiamo già saggiato tentativi del genere. A parte i capolavori del nostro Dino Battaglia, vanno ricordati i racconti classici di Bierce, Poe e Lovecraft raccolti nel volume antologico Nella cripta con Zio Tibia (Oscar Mondadori, 1994) e le storie dei Libri di sangue di Clive Barker riproposte sia dalla Marvel col titolo Hell Raiser in albi esclusivi, sia pubblicate assieme ad altri classici del new horror, nella compianta serie Horror – I fumetti dell’Ignoto.
Il volume è uscito in Italia per la Cut-up Edizioni ed è una scommessa in gran parte riuscita. Escludendo i nomi a far da garanzia (Stephen King, F. Paul Wilson, Robert McCammon) ci sono delle autentiche sorprese (e qualche delusione). Parliamo subito delle cose meno convincenti: Rail Rider di Wayne Allan Sallee. Il racconto originale fa parte di una trilogia che ruota attorno alla subway di Chicago (in Italia del trittico è stato tradotto solo Transiti veloci nella raccolta di Paul M. Sammon, Splatterpunk. Extreme Horror). Purtroppo Rail Rider nello specifico, in versione fumetto, non rende granché, nonostante il buon taglio onirico del disegnatore Mike Okamoto, proprio perché è un tipo di storia che punta più sulle sensazioni che i fatti. Le tavole riescono in parte a trasmettere l’atmosfera di morte elettrica e di algida violenza ma quello che Okamoto ci fa vedere è solo la punta di un iceberg filtrato sul piano narrativo dalle profondità infernali del personaggio-narratore.
Il racconto di Mort Castle invece, Se prendi la mia mano, figlio mio, uscito proprio nell’antologia tradotta dalla Garden Editoriale, è persino meglio nella versione a fumetti rispetto al racconto originale e senza dubbio è uno dei momenti più memorabili, sia per l’epilogo di barkeriana cattiveria che per la rappresentazione visiva eseguita da Mark Evans, tutta virata in un blu che sa di post-mortem da strangolamento dei sentimenti famigliari.
Un altro piccolo classico da riscoprire è senza dubbio Nightcrawlers di McCammon, già portato in TV nella riedizione anni 80 della serie Ai confini della realtà da William Friedkin, e che anche a fumetti è una bomba al Napalm (chi sa la trama capisce il gioco di parole). È l’episodio più lungo del volume e senza dubbio ne rappresenta anche l’apice. Qui la battuta di culto “Charlie è sotto tiro” è stata tradotta con “Charlie è nella luce”, ma in risultato non cambia. Agghiacciante e traumatico.