demoni amati
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Demoni amanti – Shirley Jackson (Mondadori Mystbooks, 1991)

Il titolo confonde. Già uno si immagina storie esoteriche, diavoli, sesso, orrore. E invece niente di più falso. Il titolo originale di questa raccolta, The Lottery, è forse più adeguato ma neanche tanto. Perché è il solo racconto che possa rientrare nel genere horror e non rispecchia affatto gli altri titoli presenti, alcuni sottilmente inquietanti, va bene, ma la maggior parte non lo sono per nulla. Molte storie sembrano più scritte da Dorothy Parker (Elizabeth, per esempio) che non a caso recensì bene la Jackson. In tutti questi racconti c’è molto umorismo e chi ha letto La casa degli invasati sa che Shirley amava molto condire la suspance con l’ironia, però qui alcuni quadretti sono ironici e basta. Si sbuffa una risatina e si volta pagina. Un appassionato di horror può anche finire per restarne deluso, no?

Per un critico il materiale su cui lavorare non manca. Anche se in queste storie non c’è uno straccio di spettro (ma nemmeno in La casa degli Invasati ce ne sono, effettivamente) succedono cose abbastanza strane. Di sicuro, tolto La lotteria, Il pupazzo e Il dente, nessuno di questi racconti potrebbe finire in un’antologia del terrore. Motivo per cui la Jackson, in troppe che ne sono uscite in Italia non vi si trova quasi mai.

Più la scopro e più mi rendo conto che è una scrittrice spinta a forza nell’horror per via del suo capolavoro e alcune altre cose qui e là. Stephen King ha ragione a chiamarla madre di tutti noi, quando mette La lotteria in cima al nuovo corso orrorifico (di cui poi lui è stato il maggio beneficiario) ma c’è anche tanto altro. Shirley Jackson è un’autrice che sa prendere le misure al costume generale dell’America del suo tempo. Ci sono tante donnine in carriera, bigotte di provincia, nevrasteniche sull’orlo di una crisi matrimoniale e così via. Però trovate anche bambini strani, vecchietti innocui che escono dalla caricatura per fare cose che non ci aspetteremmo (La strega, Danza con me in Irlanda) e soprattutto personaggi che raccolgono la gravosa identità di altri personaggi in una sorta di balletto delle maschere pirandelliano a stelle e strisce (Come la faceva mammà).

La Jackson sa inquietare ma anche divertire. Queste sono le due cose che le riescono meglio. Non è Flannery O’Connor (anche se Il bel giardino fiorito è un riuscitissimo omaggio al mondo dell’autrice georgiana). Non è mossa da una profonda e tormentosa irrequietezza interiore. Però non dovete sottovalutarla perché quando meno ve l’aspettate ecco che vi mette davanti una gamba amputata (Come una statua di sale) o magari un’allegra sassaiola.

Mi riferisco in particolare al suo capolavoro breve: La lotteria. In questo racconto di poche pagine c’è praticamente tutto Richard Matheson. E dicendo così dico che c’è anche tutto il resto. Dovremmo riconoscere di più il ruolo cruciale della Jackson nella storia della narrativa horror ma è necessario rimarcarlo: non è un’autrice horror. Come non lo è Joyce Carol Oates, per dire un’altra che fa tutto quello che vuole grazie al talento che ha nel caricare e far fuoco sulla liscia superficie del perbenismo americano.