Sono un chitarrista ma non mi piacciono molto i chitarristi. Sto generalizzando ma non me ne importa. Ho la consapevolezza di generalizzare. Quindi è diverso. I chitarristi sono una categoria abbastanza egocentrica, specie quelli solisti. Me ne piacciono alcuni ma prediligo i ritmici e i compositori. Gli istrioni, gli one man band non li ho mai sopportati più di tanto. Quando mi è capitato questo nuovo lavoro di Robben Ford quindi, non ho tuffato il pene nella riserva di avena per festeggiare. Insomma, Robben Ford! Chi cacchio sei? Un chitarrista. Americano. Di una certa età. Sai che palle. Come minimo sarà un album impeccabilmente suonato da una schiera di turnisti con i coglioni talmente grandi che non possono esibirsi in piedi, una produzione cristallina e un po’ vintage, e canzoni che fanno da contorno agli assoli. E poi ci sarà il solito bluesettone, il funk, il soul, il rock alla Springsteen e o alla Bryan Adams o Tom Petty o così via.
E invece avevo ragione. Ahaha, vi aspettavate che dicessi, avevo torto ma no, avevo ragione. L’album di Robben Ford è esattamente quello che ho scritto sopra. Salvo una cosa. Empty Handed. Cosa è? Uno dei brani in scaletta. Prima ci sono questi due pezzi alla “chitarrista americano di una certa età e con una reputazione superiore al suo conto in banca”. Poi attacca Empty Handed e allora fermi. Il resto non esiste più, perché questa è una gran bella canzone. E quando me ne capita davanti una è giusto farci una bella messa intorno.
Sa di The Band e Robbie Robertson, c’è quell’eco da strada ghiacciata all’incrocio tra la fine della notte più disperata e l’inizio di un altro giorno che magari sarà il primo nuovo giorno da sopravvissuti. Ed ecco l’eroe che guarda il cielo e si sente precipitare in un buco. Cerca appigli ma trova solo disperazione. La vita non gli è apparsa mai tanto vana. Persino la città gli fa sentire il suono della propria frustrazione. Come a dirgli: “ehi, stronzo, cosa credi che io in quanto Carolina me la passi meglio di te? Sono una cazzo di baldraccona sola con tante zecche come te che copulano e piangono. Fanculo!
Ma come succede sempre quando si sta sul fondo di un pozzo, viene naturale guardare in alto e allora si vede l’alba e si capisce che è lì solo per noi. Noi e altri milioni di cuori solitari. E ognuno di loro ha una propria alba. L’alba è tua. Sta alzandosi il sipario ancora per te. E poi c’è questa strofa che io non riesco a decidere cosa significhi. Perché dice: nothing will keep me from you! E la traduzione che mi viene è: nessuno mi può proteggere da te. Però mi suggeriscono anche: nessuno mi allontanerà da te. Io opterei per la prima. Nessuno può proteggermi da te. Nulla può proteggermi da te. Te che mi spezzi il cuore e come dice il grande segaiolo impertinente Louise CK: “ci defechi dentro!”.
Empty Handed per me parla di divorzio. Un uomo è fuori dalla relazione più importante che ha avuto. Alle sue spalle grava la grande costruzione lasciata a un certo punto da lui e la sua ex. Chi abiterà quella grossa casa senza tetto e un paio di finestre. Mancava solo quello, vero, il tetto, al diavolo le finestre, tanto era sempre estate tra noi, litigavamo come immersi in caldo snervante? E ci siamo fermati. Stanchi di urlare, sudare ma non più godere. Non potevamo andare oltre. Sapete, gli innamorati sono architetti di qualcosa che poi sta lì e nessuno se la piglia più quando una “collaborazione sentimentale” finisce. Ci vorrebbe un’agenzia immobiliare delle relazioni finite. Vi vendiamo questi ricordi, una valigia di regali da restituire al mittente, una casa dove nessuno vuole più abitare. Una macchina che nessuno vuol guidare e se ve la sentite, ci sarebbe anche un figlio che nessuno desidererebbe sotto sotto aver mai concepito.
In ogni caso c’è un disco da recensire qui e io perdo tempo a dire cazzate profonde, come al solito. Robben Ford non vi cambierà la vita, l’avete capito. In ogni pezzo potrete trovare qualcosa di qualcuno più famoso di lui. Fatto bene, ma tanto per farlo ancora. Voglio dire, hai suonato con Miles Davis, hai avuto più di un disco d’oro negli anni 70. Oggi amministri. Ti fai vivo, ti eserciti in stile e alla prossima. Omaggi gli Eagles, Christopher Cross, gli ZZ Top, Prince e poi torni ai fatti tuoi. C’è tutto e non c’è nulla. Si tratta di quel rock FM da gita turistica sulla route 66. Qui abbiamo l’Aurelia dove incontrare il diavolo. Ma lui non ci propone patti. Domanda solo dov’è il più vicino porchettaro. E oltre al vino bono noi ciancichiamo deprimenti stornelli.