Ritual è un disco dei Soulfly, uscito nel 2018.
Gli ultimi lustri ce lo hanno ricordato come utile alla causa del metal tanto quanto un passionario archivista grillino dell’Ama (sì, la monnezza romana) fautore della quota 100, ma quella simpatica canaglia di Max Cavalera sebbene brasiliano di nascita, si ricorda di non essere ancora passato per i famosi lidi di Casablanca e, a suo modo, tira fuori gli attributi evitando di arrivare a quello slogan “ammore 20 de boca, 50 del cool”…
Ritual parte male, molto male con la titletrack che vorrebbe essere innovativa tanto quanto un piatto ottantiano di pennette alla vodka, tuttavia al grido di fammigghia, solo famigghia, Cavalera padre e soprattutto il drumming di Cavalera figlio tirano fuori dalla bisaccia un compitino svolto nel migliore dei modi.
Quel groove stantio sentito in apertura fa spazio a schegge hardcore (sostenute dalle volcals del buon Max) in un contento prettamente (re)legato alla scena death americana a volte tecnica, a volte ignorante ma sempre ottimamente scintillante.
Bravi tutti, bello tutto ma la monolitica forma canzone con stop & go, ripartenze e immancabile assolo a metà minutaggio poteva essere evitata, se non altro almeno non ripetuta per tutta la numerosità dei brani. Ci passiamo sopra solo perché a chiudere il giro è la strumentale Soulfly XI, un rimando alle ritmiche dilatate di Planet Caravan del sabba nero sulle quali si innesta il sax lascivo d’altri tempi, rubato a qualche fumoso locale jazz di New Orleans, di Mr. Mark Damon.