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Fleddy Melculy – Il disco più inutile del 2018?

Felddy Melculy, eh? C’è qualcosa come un insegnamento morale nel fatto che la prima recensione che torno a scrivere dopo tanti anni sia a questo album: qualcosa tipo Fantozzi riammesso in ditta con l’impiego di parafulmine, o Don Draper che nella settima stagione di Mad Men ricomincia come l’ultimo dei sottoposti. Di cosa parlo? Di ricominciare dalla gavetta, con un dischetto di scarsa rilevanza per il mercato internazionale. Di che si tratta, infatti? Di un gruppo metal-hardcore belga di impostazione umoristica che a quanto pare ha pubblicato un paio di dischi di buon successo in patria, tanto da aver suonato e registrato il qui presente live al quotato festival Graspop.

A cosa si dovrà tanto successo? Visto il genere suppongo almeno in parte ai testi, che però sono in fiammingo, quindi quanto mai lost in translation. Ve li immaginate Gli Atroci senza capire i testi? Beh, insomma…
Suonano bene, almeno? Guardate che non è un dato da sottovalutare, questo. Elio e le Storie Tese hanno portato avanti così gli ultimi vent’anni di carriera: non fanno più ridere un cazzo, però senti come suonano…

Questi qua invece sono stilisticamente senza infamia e senza lode, quel metal un po’ core un po’ groove un po’ che ne so, quella roba grattugiata che si intende genericamente come metal dai Pantera in poi. Questi qua poi – ancora non l’ho scritto – si chiamerebbero Fleddy Melculy, nome un po’ idiota che suppongo derivi da qualche inside joke tra di loro e che a me fa venire in mente soltanto roba del tipo come si chiama il più grande saltatore in alto cinese? Cin Ciam Pai.

Se ricordo bene nelle recensioni si dovrebbe citare anche qualche canzone, quindi vai con qualcosa che mi è vagamente rimasto impresso: il riffone circolare nu metal di Foto Van Uw Hoofd; la buona velocità di Apu Van De Nightshop; il mood un po’ slayeriano di Brood; i lick melodici all’inizio di 668, che per un attimo mi hanno fatto pensare agli Iron Maiden ma poi mi sono ricordato che più realisticamente rimandavano agli Avenged Sevenfold; la canzone migliore, Geen Vlees Wel Vis, un bell’anthem caciarone da birreria trappista (almeno uno stereotipo sul Belgio concedetemelo) che a capire il testo immagino sarebbe anche divertente.

Ma appunto si torna lì: le parole non si capiscono, quindi si perdono i giochini metal-cliché alla Spinal Tap che si intuiscono da titoli come la loro hit T-Shirt Van Metallica. Ma il comedy metal è comunque genere difficile, la carriera è breve prima di iniziare a stufare, e questi stufano già abbastanza ora.