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A Journey To The Tangent! (Proxy album)

I Tangent sono un super-gruppo progressivo con alle spalle una sfilza di album (dieci in quindici anni di vita). L’anima della band è nella carcassa adiposa del tastierista Andy Tillison. A lui si avvicendano vari vip e pimp della scena inglese impegnata, di cui non vi dico, perché tanto qui tutti noi ne sappiamo davvero poco di ‘sta gente (Flower Kings, King Crimson or something). Concentriamoci quindi sul disco Proxy e diciamo cosa ce ne è parso (Anche perché sentire gli altri nove titoli mi richiederebbe un paio di settimane e non ho tutto questo tempo).

Allora, come ci è parso, Proxy?
Interessante.
O meglio, si tratta di un polpettame di scuola canterburyana (omaggiata soprattutto nella traccia The Melting Andalusian Skies, una strumentale sofistica e un po’ ampollosa, per la verità). Ben più ganze la title-track in apertura, lunga suite che mette in fila Lalo Schfrin (a tratti pare di sentire lo score di un poliziesco anni 70) e la solita cricca prog di Camel, (per le parti cantate) Gentle Giant e Jethro Tull.

Ancora meglio A Case of Misplaced Optimism, che rimanda al funky soul dei seventies (i Tangent addirittura nominano i Jamiroquai come riferimento per questo pezzo).
Epperò il meglio è nelle due tracce conclusive. La prima è una schizzatissima tirata che mette insieme Sting, i Prodigy e il jazz panico delle occult band più liturgiche.

La conclusiva Supper’s Off invece è una roba che pare uscita da Duke dei Genesis. Questo per rendervi conto che i Tangent possono permettersi di far tutto senza mai trasmettere il minimo affanno. Proxy non vi cambierà la vita ma se avete in programma di pianificare un colpo in banca o magari di pedinare qualcuno e poi partire all’inseguimento, ogni brano è funzionale alla grande. C’è una fluidità costante che inonderà d’olio la vostra vita intima.

Cool Music for the Great Old Ones.