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Dust Bolt – I Replicanti alla riscossa!

Trapped In Chaos è un album dei Dust Bolt via Napalm Records (2019) a cura di Simon Broglio.

Vorrei spiegare in modo chiaro cosa penso di questo Trapped in Chaos dei Dust Bolt senza addolcire la pillola in nessun modo, non se ne abbiano a male i fans della band.

Io sono una macchina potente ma necessito di carburante raffinato, quindi se mi si presenta qualcosa che non sa di biada, benza o ottima musica, storco il naso e dico la mia.

Prendiamo una base di Slayer dei tempi d’oro, mettiamoci uno spruzzo di Kreator e mescoliamo il tutto con salsa Bay Area. Una bella agitata ed il cocktail è pronto, i Dust Bolt sono serviti e pronti al consumo.

Voi potreste credere che il thrasher dall’anima cromata che scrive questo articolo sia qui tutto soddisfatto, a crogiolarsi nel risultato di questo esperimento sgommando in giro nel suo box… Beh, se così fosse vi sbagliereste di gran lunga, lasciatemelo dire.

Partiamo ad esempio da Dead Inside, il secondo pezzo dell’album. Pare davvero preso di peso dalla produzione di Araya & Co. e si sente chiaramente! Non cerchiamo scuse di sorta: essere influenzati è una cosa, un bieco copia incolla come questo un’altra.

Giusto per capirci, come si fa ad intitolare una canzone Bloody Rain quando sei un clone degli Slayer? Ci vuole un certo coraggio a mio avviso (aspetta, ho detto clone? Potevo?).

Undici tracce, nelle quali la formula dei dischi storici dei maestri fa capolino in continuazione, in maniera davvero sfrontata. Questo oscura l’ottimo lavoro dei Dust Bolt che potrebbero essere una band di tutto rispetto se solo avessero un pizzico di originalità in più.

Una menzione per la preparazione tecnica la merita certo la sezione ritmica composta da Bene Munzel al basso e Nico Remann alla batteria; in Rhythm to My Madness non perdono un colpo e danno al pezzo una scorrevolezza che lascia ben sperare in un roseo futuro per la band.

Anche Killing Time risulta una canzone interessante, ha un bel tiro e si fa ascoltare, rivelando un buon lavoro di suoni e un cura del particolare quasi maniacale.

Anche il cantato generalmente “pulito” di Lenny Breuss mi piace, ha un suono che potrebbe diventare un marchio per la band se usato bene.

In Another Day In Hell, il pezzo che chiude l’album (e a mio modesto parere il momento migliore di tutto il lavoro) sia lui che Flo Dehn, il bravo chitarrista solista della band, sono proprio un bel sentire. Ci dimostrano senza difficoltà che anche una simil ballad come questa può essere un pezzaccio deciso, se arricchito di un assolo ben fatto e sul cantato si lavora con cura.

Purtroppo non bastano un paio di pezzi azzeccati a farmi rivalutare un album come questo Trapped in Chaos che non raggiunge la sufficienza in fase di composizione. Ha il sapore di un motore ben carburato ma troppo piccolo di cilindrata, arranca ma non corre.

Paragonare i Dust Bolt ai loro maestri indiscussi è come mettere sullo stesso piano la fidanzatina del liceo e Sasha Grey. Può esser brava, fare cose simili e metterci impegno, ma sul prodotto finale, e soprattutto sulla soddisfazione dei fruitori, siamo molto lontani dall’originale.

Peccato per l’occasione mancata, spero vivamente che i prossimi lavori portino i tedeschi a sperimentare qualcosa di davvero loro, personale e innovativo. In caso contrario potrebbe essere una buona idea pensare a una onesta cover band, in cui riversare tutto il loro incontenibile amore musicale con coerenza e libertà.

Ah, mi raccomando, occhio alla copertina (e non dico altro)!

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