Resist è un disco dei Within Temptation uscito nel 2019 e recensito da Francesco Padrecavallo Ceccamea.
Dovrei essere clemente con i ditintentescion (Within Temptation, lo scrivo anche correttamente per il SEO) perché è talmente facile e scontato spalare merda su questo disco (e noi appena possiamo dobbiamo liberare le stalle, cacchio). A cinque anni da Hydra (di cui avevo parlato così bene) ora mi ritrovo davanti una band fagocitata completamente dalla produzione. Già sul precedente album si avvertiva l’anabolisi da studio, ma le chitarre ancora c’erano e soprattutto le grandi canzoni facevano da controbilancia.
Invece qui mancano i pezzi decisivi e tutto quello che ci ritroviamo è un increscioso volo in un almanacco scaduto di ciò che poteva andar bene nel pop/rock due o tre anni fa. Se si chiudono gli occhi vengono in mente tizie come Katy Perry o Rihanna (Supernova, Holy Ground).
Voglio dire, c’è l’esasperazione emotiva del metal, ma è tutto così… pompato in sede di rielaborazione produttiva che si fatica a immaginare la band restituirlo su un palco che non sia provato da quintali di macchinari nascosti dietro i tendoni con la scritta MURO DI MARSHALL!
Il sound di Resist è da serie Kolossal HBO, quindi vai di orchestrazioni, synth, sovraincisioni e alterazioni da tutti i pinzi, però noi metallari siamo gente all’antica per certe cose e abbiamo bisogno di sentire la carne viva. Qui ci si domanda dove siano finiti i ditintentescion (Within Temptation), sepolti sotto una tonnellata di make-up digimortali da cui spunta solo la voce di Sharon Den Adel, che attorniata da una massa così mainstream di arrangi, si confonde in mezzo a una sfilza lunga tanto di cantantine da X Factor.
Proprio perché Resist (che sembra un’esortazione rivolta a noi pubblico) è un disco molto elaborato, ci sono momenti intriganti che solo un duro e accanito lavoro da studio poteva permettere. Prendiamo Firelight, con quel chorus iniziale da neri sudati con la palla al piede e il picchio in mano, che fa da tappeto alle svolazzanti sottane liriche di Sharon.
Oppure date un’assaggiata al synth-rock di Mad World prima di aggredire il vostro tapis-roulant. Sono sicuro che il brano vi farà nascere una voglia estrema di avere gambe bellissime e ci darete dentro per i canonici dieci minuti a settimana.
Però dai, vedrete che tempo qualche anno e i ditintentescion (Within Temptation), che non sono mai stati, un esempio di metallo inossidabile, si convinceranno di esserlo stati, e visto che di soldi non se ne sono fatti quanto si è provato a farne, si ravvederanno e sentiranno il bisogno di tornare a sudare, alla saletta, al basso, chitarra, batteria e voce, e allora faranno una ciofeca fuori-forma, perché nel mentre saranno passati anni e avranno molta più ciccia sulle dita.
In ogni caso, The Wild Wind Blows, come direbbe Stiversi.