Wake The Sleeping Dragon è il nuovo disco dei Sick Of It All, recensito da Alessandro Viti!
Tra i mammasantisssima del New York Hardcore i Sick Of It All sono quelli che hanno sempre lasciato intravedere una latente vena ironica, come converrà chi ancora si ricorda del video di Step Down, anno di gloria 1994. Con Wake The Sleeping Dragon si presenta l’occasione per notare un’accentuazione di questo aspetto già dai sorrisi sfoggiati nelle foto promozionali e dalla copertina cinematografica che si sposerebbe più con un disco di Meat Loaf che con roba Neeeew Yooourrk Hardfuckin’cooooore tutta integrity, faith, brotherhood, panzoni da birra e canotte NBA.
Ma dicevamo che i Sick Of It All sanno essere più imprevedibili e attitudinalmente leggeri dei loro tetragoni compagni di scena, come dimostra il pezzo più gustoso del disco, il futuro live set staple (figo averlo scritto, eh?) Bull’s Anthem.
Trattasi di esercizio di stile Oi! Early-eighties, con presa catchy alla Dropkick Murphys
e tema lirico che rimanda a Fiesta! di Hemingway oppure dei Pogues, è uguale, ma fieramente dalla parte del toro: “We don’t like the matadors/We just wanna see them fall/We will cheer the bull’s success/Nothing more, nothing less”. Mi piacciono abbastanza i testi di questo disco, perché variano tra le solite menate sulla fratellanza Accacì (Always With Us), qualche tirata antitrumpiana (Bad Hombres) che ben si riallaccia alla tradizione anti-Reagan, anti-Bush ecc. del genere musicale in questione, fino ad arrivare a roba più sofisticata come l’attacco al celebre urbanista newyorkese Robert Moses (Robert Moses Was A Racist). Insomma, i fratelli Koller sono persone intelligenti, più della media del loro ambiente.
Che gli vuoi dire ai Sick Of It All? Un gruppo che già più di dieci anni fa è stato onorato di un tributo cui ha partecipato gente del livello di Napalm Death e Sepultura. L’essere arrivati con qualche anno di ritardo rispetto ai nomi fondanti del genere non gli ha impedito di diventare a loro volta un punto di riferimento. Rispettati da tutti, forse più rispettati che ascoltati. Ma se ti chiedono cosa ascolti e rispondi i Sick Of It All vedrai sempre un lampo di stima negli occhi dell’interlocutore.
Questo disco poi è bello, soprattutto nella prima parte con pezzi come 2+2 o To The Wolves che spaccano il giusto. Non so fare un confronto con i dischi immediatamente precedenti perché non li conosco, però l’impressione è quella di un gruppo ancora vivo, all’altezza dei propri tempi migliori. Ed è rassicurante sapere che là fuori ci sono ancora i Sick Of It All, sapere che loro vanno avanti anche se te gli ascolti un disco su tre, perché sai che quello che ascolti non ti deluderà.