Moving Backwards è un disco dei Wheel, uscito nel 2018.
Questa band si definisce (o è definita) progressive metal, ma non immaginatevi una roba alla Dream Theater o magari qualcosa di più sinfonico e neoclassico tipo Royal Hunt. Gli Wheel, all’esordio con questo Moving Backwards, guardano molto ai Tool e a certo prog più sperimentale degli anni 90. A tratti sembra di sentire una versione intellettuale nu metal (Vultures) e certi momenti pare di essere in Tirtheenth Step degli A Perfect Circle (Tyrant) per non dire di quando la band prova ad attraversare il sottilissimo filo di rasoio su cui i Tool danzano a piedi scalzi da tanti anni (Where The Pieces Lie) è lì che le cose proprio non vanno. Insomma, puoi cimentarti con lo stream of consciousness, ma se non sei Joyce molto probabilmente non ti verrà perdonato e lo stesso vale con la roba di Maynard Keenan:lasciala perdere a lui, ti conviene.
Però bisogna tener presenti due cose: per i Wheel questo è il primo album, quindi è naturale che ancora non abbiano uno stile ben sviluppato e una personalità così definita da combinare le influenze in qualcosa di più genuino. Inoltre c’è da dire che non tutte le composizioni sono così derivate.
Il brano Wheel è davvero un bel biglietto da visita, con quel misto di tribalismo minaccioso e chitarre vaste, le linee vocali toccanti e la tensione che tiene alla grande per dieci minuti. Anche Skeletons funziona benone, è sempre tooliana ma riesce a trascinare nella gola asfissiante di una foresta pagana, dove occhi voraci osservano le nostre membra inerti trascinate su un letto di rami lungo sentieri e sentieri, fino alla bocca di un dio paziente.