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Speciale Sdangher – Motociclette heavy metal!

Il binomio tra il rock e le motociclette affonda le sue radici molto in profondità nella storia del nostro genere musicale preferito, portando molti di noi a vivere entrambe le passioni con trasporto e dedizione.
Nel corso degli anni, dall’avvento del videoclip a oggi, molte sono le moto che hanno fatto capolino nelle pieghe del metallo suonato dai nostri beniamini.
Come per i fumetti ed il cinema, nei quali la motocicletta è presente al fianco dei protagonisti più vari, quasi fosse una variante del cavallo nel far west ottocentesco, anche nella musica abbiamo visto bolidi a due ruote di ogni genere e tipo a supportare i nostri momenti di evasione ad alto numero di giri.

La moto, come simbolo stesso della ribellione e della voglia di andare veloci, in modo spesso considerato pericoloso dalla massa benpensante, regala libertà a piene mani. O almeno ci dà per un po’ l’illusione di essere liberi, volando a un metro da terra.

Permette usi diversi, dalla cavalcata potente alla corsa a perdifiato, alla piega rasoterra. Ci mette sulla strada senza nasconderci dietro alla certezza di non farci male, anzi, il sapere che il rischio c’è, è fondamentale per il vero motociclista: scatena adrenalina, fa sentire vivi, rende ogni viaggio unico.

Tanto per rendere l’idea, è proprio con il cinema che il concetto di moto & avventura & ribellione diventa un unico treno.

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Provate a immaginare…

Provate a immaginare un Arnold Schwarzenegger che in Terminator 2, invece di stare a cavallo della Harley Davidson Fat Boy 1340 che si porta in giro per mezzo film, facesse le stesse cose a bordo di una Panda 1000 Fire.

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Non fila, n’est pas? E perché, Easy Rider girato a bordo di una macchina elettrica?

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E pensate se al posto del chopper di Zed, in Pulp Fiction, ci fosse stata la Cinquecento di Zed!

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Non ci sarebbe lo stesso impatto scenico perché non esiste altro mezzo, come la motocicletta, che riporti alla nostra mente pianure sconfinate, azione adrenalinica e gusto del proibito.

Possiamo cantarcela quanto ci pare ma il rock nasce negli Stati Uniti e ne è figlio, come il cinema hollywoodiano, i fumetti fighi e la Budweiser. E non c’è posto migliore dell’America per rendere concreta l’idea paesaggistica e attitudinale suggerita dalle motociclette.

Tutto questo pistolotto introduttivo per rispondere a una domanda molto semplice di un amico, che ha portato la mia mente, annebbiata da idrocarburi di ogni sorta, a meditare per un po’ (e che sta alla base dell’idea da cui questo articolo scaturisce).

“Qual il genere di moto più metal secondo te?” mi ha chiesto.

Io ho cercato di immergermi per un po’ nei panni di chi ama altri tipi di motocicletta, ma la risposta rombava forte e si mostrava da subito chiarissima ai miei occhi, abituati al vento delle statali deserte.
Nulla come una custom dalle cromature luccicanti rende l’idea, parlando di musica robusta.

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Custom!

Non mi credete? Provate ad immaginare il caro vecchio Arnold, nella stessa pellicola di cui sopra, a cavallo di una super carenata da trecento all’ora e centoventi chili di peso (sembra un elefante su un triciclo? Si, lo sembra).
La cultura custom è sorella gemella del rock, ne ha condiviso i successi e gli eccessi negli States dagli anni sessanta e si è evoluta di pari passo.

Prendete ad esempio le copertine dei dischi. Da Bo Didley

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a Elvis

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dai Cheap Trick

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a Meat Loaf

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sino ad arrivare ai Judas Priest di Painkiller

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tutti i grandi del rock hanno messo in copertina grosse e potenti motociclette!

E gli spettacoli live? Quanti dei gruppi fondamentali del metal hanno portato le moto sul palco a fare da parte integrante dello show? I Judas Priest, tanto per fare un esempio, o i Manowar, ma sono tanti quelli che hanno integrato la prorompente carica immaginifica e visiva del “custom & chopper” con la loro musica dal vivo!

Per non parlare dei videoclip musicali, dove il discorso si amplia a dismisura. Nei video di quasi tutti i grandi gruppi americani (e non) si vedono moto che fanno capolino qua e là, non solo nel metal ma in tutto ciò che è rock.

Vi ricorderete di sicuro il video di Girl, Girls,Girls dei Motley Crue spero. Beh se non lo ricordate filate a guardarlo che merita! Senza le loro Harley, il pezzo avrebbe avuto la metà del successo, nonostante tutta la serie di ballerine e lap dancer presenti ad allietare lo sguardo.

Una visione della motocicletta sempre al limite della legalità, ovviamente, per un mondo in cui le cose “di serie” sono superflue e poco allettanti. Telai allungati, ribassati, forcelle fuorilegge e serbatoi colorati o aerografati ad arte, per il rocker che non deve chiedere, mai.

In questo mondo poliedrico dalle tinte al neon, che ha il retrogusto di club dei quartieri malfamati e di facili conquiste, le due ruote diventano davvero un ingrediente quasi necessario, che, alla voglia di non sottostare subendo passivamente leggi e leggine, aggiunge un tocco più “macho”, generando l’invidia negli uomini ed il desiderio concupiscente nelle donzelle.

Una sorta di catalizzatore per il rockettaro che alle medie pigliava calci in culo dai compagni ma un giorno ha scoperto che darle è meglio che prenderle, riscattando sé stesso agli occhi del mondo che per lui conta davvero, quello dai suoni ruvidi e distorti, ribelle e fuori di testa quanto basta.

Una sorta di icona anarchica, nel senso più ampio del termine, che trascende le regole imposte dalla società e dal buon costume.
Ci sono i limiti? Fanculo.
I ragazzini per bene comprano moto omologate e tutte uguali?
Vedi come sopra.

Il prototipo di metallaro ideale va oltre gli schemi, a volte come un kamikaze, se ne frega del giudizio altrui e quindi sogna moto al di sopra degli standard, sempre più potenti ed esagerate.

Belle le saltafossi da cross, per carità. Anche i transatlantici stile Goldwing con optionals dei quali io non riesco nemmeno a immaginare l’esistenza; o le BMW moderne col computer di bordo che decide quali ammortizzatori ti servono quando guidi (e potrebbero fare la Parigi-Dakkar che non farai mai) o le stradali con mille mila cavalli che fanno i trecento all’ora.

Tutte moto splendide ai miei occhi, dotate di alta tecnologia e frutto di studi approfonditi. Sì, sì…

Ma se io penso a una moto rock, davvero rock, allora vedo motociclette con due cilindri a V (di solito, a volte quattro ma sempre messi in modo da sembrar due e a V) tanto ferro cromato addosso e marmitte che non limitano la vociona potente.

Ovviamente non parlo solo di Harley, il custom è un mondo aperto che abbraccia marche e modelli diversi, a volte più tendenti al turismo di lungo raggio (Moto Guzzi, tanto per fare un esempio), altre a scenari stradali o naked (penso a modelli come la V-Max della Yamaha e simili) ma tutte con una impronta tipicamente “custom”, pronte ad essere personalizzate dai proprietari.

Il custom e le sue dirette derivazioni (dalle rat-bike a tutto ciò che gravita nel mondo chopper & similari) sono l’impersonificazione meccanica della musica hard rock e metal su due ruote, senza dubbio.

So già che alcuni di voi stanno mugugnando sul rapporto metal/custom, che è un clichè fin troppo banale ma, con gran gusto, accelero e mi godo il ruggito delle mie “loud pipes” (marmitte vuote) alla faccia di chi mi vuole male.

Con ruggente passione e fumi di benza combusta vi saluto e vi lascio alla mia personale top 5 delle moto del metal, ovviamente aspetto di conoscere le vostre classifiche!

1)La moto metal per eccellenza credo sia quella della copertina del succitato Painkiller. Non ha marca o modello, è un simbolo.

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2)La moto volante di Lobo, fumetto Dc Comics indimenticabile. Punto.

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3)Se vi dico Ghost Rider vi ricorda qualcosa? Si, la cazzo di Harley Infernale del primo film!

4)La triumph di Lemmy (R.I.P.). Come perché? Perché lui era Lemmy e questo basta ed avanza!

5)La Harley tutta fatta su misura per Danny Trejo (perché Machete è Machete…)