Hexed è il nuovo album dei Children Of Bodom, uscito nel 2019.
Ah, i Children Of Bodom… Forse l’ultima band ad avermi realmente stupito in positivo grazie a quel Something Wild (1997) e quell’Hatebreeder (1999) con cui esordirono.
I cinque terribili finlandesi, guidati dal funambolico chitarrista / vocalist Alexi Laiho, non hanno mai inventato nulla ma riuscivano a far convivere generi apparentemente incompatibili come musica sinfonica, black metal, power e thrash: erano la quadratura del cerchio, come mi piaceva definirli. Pian piano il mondo ha iniziato a notarli e se con l’eccellente Follow The Reaper (2000) aggiustavano il tiro grazie a brani più melodici ma sempre di grande impatto, è nel successivo Hate Crew Deathroll (2003) che sono comparsi elementi più moderni e distanti dallo stile originale.
Con l’arrivo di Roope Latvala a sostituire il chitarrista originale, Alexander Kuoppala, la virata verso il groove è stata completata e Are You Dead, Yet? (2005) è il primo album ad aver sonoramente deluso i fans delle origini.
Da lì in poi è stato un susseguirsi di album fra il mediocre e il decente-ma-niente-di-paragonabile-ai-primi, che comunque hanno contribuito a far guadagnare alla band un seguito internazionale costante.
Arriviamo ad oggi e a questo Hexed, decimo lavoro in studio dei nostri e il primo con l’ex Norther Daniel Freyberg a sostituire Latvala.
Ve lo dico subito, non è affatto un brutto disco ma non sperate di ritrovarci i fasti dei primi tre. Si prosegue col discorso degli album precedenti: brani tirati e rabbiosi, sprazzi melodici qua e là e un paio di episodi più “mainstream”.
Niente di veramente nuovo ma anche niente veramente da buttare.
Forse manca il brano killer, LA canzone che ti fa davvero venire voglia di riascoltare il disco. Insomma, manca una Downfall, anche se bisogna dire che una traccia di Hexed in particolare ci va abbastanza vicino.
Se This Road e Under Grass And Clover scorrono senza infamia e senza lode sugli stessi binari degli ultimi 15 anni, è con il blocco centrale che troviamo qualcosa di positivo, specialmente il terzo brano: in Glass Houses ci sono echi della grandezza di Follow The Reaper, un riff finalmente esaltante, una ritmica dinamica e quelle schegge di melodia prese di peso dalla musica classica, tutti particolari che avevano reso unici i Children Of Bodom degli esordi.
Magari non è assolutamente memorabile ma è decisamente il pezzo migliore.
Interessante, poi, l’andamento cadenzato e sinistro di Hecate’s Nightmare, che vedrei bene come colonna sonora di un film horror grazie a Janne Wirman e le tastiere con cui tesse un riff semplice ma efficace.
Kick In The Spleen è definibile come thrash, viaggia veloce, aggressiva e convince con il suo impatto frontale.
La title track segue più o meno le stesse coordinate e non è niente male: bello soprattutto il finale lasciato alle tastiere e al gran lavoro di basso di Henkka Seppälä.
Relapse è heavy metal classico che più classico non si può, come se i Judas Priest avessero deciso di fare una jam coi Celtic Frost. Comunque funziona, è un bel pezzo e si lascia ascoltare con piacere.
Per il resto è un po’ tutto già sentito nei precedenti cinque dischi.
Ripeto, niente di realmente brutto, Hexed è ben suonato, ben prodotto e scorre senza troppi problemi. Il fatto è che non ci sono nemmeno tanti picchi di eccellenza, si tratta di un album per metà bello e per metà “compitino”, quasi mai davvero grande.
È in ogni caso un piccolo passo in avanti rispetto al recente passato, anche se i veri capolavori sono ancora lontani.
Chi lo sa, magari fra qualche anno ci ritroveremo con un nuovo grandioso disco ma oggi, nel 2019, i Children Of Bodom sono questi: prendere o lasciare!