Superstructure è un disco dei Fall Silent uscito nel 1999.
Circa vent’anni fa nasceva il metalcore, anzi mi correggo, nasceva il metalcore che i ragazzini di oggi chiamano metalcore, o forse no. Perché dopo vent’anni circa quegli album che agli albori del ’00 suonavano “metalcore” oggi qualcuno direbbe “no per me metalcore è…” e qui inserite un nome di merda che le radio spacciano per tale.
Tempo fa parlavo con un amico di come il metalcore per me sia uno dei generi più inutili, assieme al deathcore, la neomelodica e i Metallica, al ché lui mi risponde “ma che cazzo dici?”.
Gli feci sentire gli Asking Alexandria per convincerlo subito delle mie ragioni e lui però mi ha risposto: “ma che cazzo mi fai sentire sta merda? Mica è questo il metalcore”.
Diciamolo, i generi musicali sono solo un’etichetta inventata dalle case discografiche per rendere più facile l’inserimento d’un album in un negozio di dischi o nei propri store, in modo che l’ascoltatore neofita sia capace d’andare a cazzo dritto al bancone per dire al negoziante: “io sniffo coca sopra sto cd”, quando del resto, a lui, a me, a tutti frega cazzi di dove tu sniffi la tua merda.
Quello stesso giorno il mio amico mi passo Superstructure, secondo disco dei Fall Silent, uscito nel 1999.
In quel periodo esisteva già un concetto di metalcore, ma non era quella boiata che vostro nipote cerca di farvi ascoltare, mentre in tutta risposta gli rompete le gengive con un martello sparandogli addosso i Kreator.
All’inizio il metalcore era qualcosa più riferibile a un metallized hardcore. Agnostic Front ha detto qualcuno? Anche i Discharge allora possono esserlo, perché mescolavano sapientemente riff metal a pezzi puramente hardcore.
I Fall Silent, morti in sordina perché forse nessuno ha saputo credere abbastanza nel loro potenziale, con Super Structure regalarono alle masse dieci tracce (dodici nella versione della Revolutionary Power Tools) macina timpani, schegge velocissime, senza assoli e con uno dei bassi mixati meglio che io abbia sentito da molti anni a questa parte.
Pubblicato solo nel 1999 in cinque edizioni diverse, per poi essere recuperato nel 2017, resta uno dei lavori più sottostimati e incompresi della storia, secondo me.
Innanzitutto il metalcore dopo di loro è divenuto una cagata pazzesca, perché la gente invece di ascoltarlo lo usava per sniffare la coca.
Non ho voluto sentire altro della band, per paura di ritrovarmi deluso. Mi sono goduto a oltranza questo colpo di coda che non ti aspetti, l’album che sancisce la gloria prima della fine.
Da quel battibecco col mio amico a oggi, il disco è ancora fisso nel mio lettore mp3, capace di scatenarmi scapocciamenti involontari per le strade della mia città.
Ricordate che i dischi hanno due lati, uno da sniffare, uno da ascoltare. Ponetelo nel lettore cd, per chi lo usa ancora, dopo esservi asciugati il sangue che cola sul baffo da hipster.