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Amore è la risposta – se ci amiamo ci ameranno

Questo articolo parla non di Satana, di metal o di coprofilia ma di amore.

Buona domenica da venerdì. Bisogna portarsi avanti col lavoro se si vuole fare tutto in tempo. Quindi io questo post lo inizio venerdì sera, lo rifinisco sabato e lo stravolgo e riscrivo praticamente da capo la domenica mattina.

Sapete qual è il problema principale di tutti quanti noi? Quello che genera infelicità, dolore e tanta merda? La mancanza di una comunicazione con noi stessi. Ci sforziamo tanto di capire i nostri cani e gatti, i nostri figli, i nostri amici ma non ce ne frega un cazzo dei segnali, dei messaggi che mandiamo da noi a noi. Eppure se ci ascoltassimo, capiremmo cosa vogliamo davvero, faremmo di tutto per darcelo e alla fine smetteremmo di sentirci sempre così fuori dalle cose, stanchi, annoiati, irritati e scoglionati e soprattutto infelici.

Quanti di voi hanno avuto relazioni del cazzo?

Quanti si sono messi con persone che, a ripensarci a distanza viene giustamente da chiedersi: “ma come cazzo ho fatto?”

Praticamente tutti, no?

Ok, questo succede per due motivi: il primo è che noi cambiamo. Se io mi innamoro di Giulia (nome a caso) nel 2014, quattro anni dopo sono così diverso da non capire più che cosa ci potessi trovare di tanto speciale. Non è follia, semplicemente la prova che siamo acqua di fiume, come diceva coso lì, Eraclito. Scorriamo come tutto quanto, “non siamo mai bagnati dalla stessa acqua”, ecco, diceva così. Di conseguenza nel momento in cui diciamo a un amico “certo, verrò a cena da te” non saremo gli stessi che dopo una settimana esclameranno: “perché cazzo gli ho detto di sì!”.

Al di là del cambiamento a cui siamo tutti sottoposti e che ignoriamo con caparbietà, costruendo sull’acqua che scorre dei castelli (che inevitabilmente prima o poi vengono portati via dalla corrente chissà dove o magari crollano marciti nell’abisso) un altro motivo delle nostre assurde relazioni passate è la misura di quanto poco amavamo noi stessi quando le abbiamo avute.

Se c’è un modo di capire quanto ci amiamo, basta guardare con chi ci siamo messi. Non vorrei che faceste questo confronto con la persona attuale che vive con voi. Guardate alle passate. Se nella vostra vita si sono accumulati bugiardi, narcisisti, violenti, mitomani, pazzi e stronzi che esercitavano una scarsa igiene personale, questo non significa che siete ingenui, sfortunati, condannati alla solitudine. A parte il fenomeno del remarsi contro, di cui parlerò un altro giorno, in linea di massima, se i vostri partner del passato erano terribili e non sapete più come facevate a mandarveli bene, il motivo è molto semplice: non pensavate di meritare altro.

Più cresce l’amore per voi stessi e più crescerà la qualità di chi vi sta vicino, di chi vi ama, soprattutto.

Se voi pensate di essere delle merde, brutti, poco intelligenti, incapaci di gestire la vostra vita, privi di un qualsiasi talento che vi renda speciali, ovviamente un uomo/donna che vi “caga nel cuore” come direbbe Louis CK, è il solo tipo di persona che pensate di meritarvi. E ve lo terrete stretto perché non volete essere lasciati soli.

“Lui mi tratta con dolcezza un giorno al mese ma in fondo sta insieme a me, che sono una gigantesca merda vivente, quindi è pure troppo generoso”.

“Lei mi dimentica spesso per strada, ma ha ragione, anche mia madre una volta si dimenticò di me al supermercato. Papà non ricordava mai di passarmi a prendere a scuola. Ma era normale. Dopotutto io sono invisibile, lo sono sempre stato, insapore e inconsistente, è facile quindi non vedermi, sentirmi e ricordarmi. Se non ci riuscivano i miei genitori perché dovrebbe farlo chi non mi è niente? Lei almeno ogni tanto fa mente locale e mi recupera. E poi non è nemmeno uno scorfano e mi fa scopare”.

Ovviamente molta della merda che ingerite in un rapporto di coppia dipende da altri due fattori potenziali. Il primo è cosa vi hanno insegnato sull’amore papà e la mamma.

Papà e la mamma sono la prima (e spesso ultima) lezione sull’amore che riceverete nella vostra esistenza. Se litigavano spesso e qualche volta vostro padre dava un ceffone a vostra madre, questo per voi bambini, magari significava che ci si ama anche dopo un ceffone ogni tanto, o ci si ama nonostante le risse verbali un giorno sì e quello dopo anche. Difficilmente crescerete senza conservare un simile insegnamento.

“Il rispetto tra due che si vogliono bene è un optional perché mio papà e mia mamma si volevano bene: sono stati insieme tutta la vita. Quindi per stare insieme è lecito litigare, insultarsi, trattarsi male anche spesso e se capita, alzare le mani. L’amore lungo lungo è così”.

Questo è ovviamente un ragionamento inconscio. Magari siete i figli che nei momenti in cui papà menava vostra madre vi buttavate in mezzo per difendere lei e prendevate un cazzotto anche voi. Ma nel profondo vi è stato inciso questo fottuto programmino e lo rispetterete. Statene certi.

Perché il nostro grande problema, quello che ci impedisce di amare noi stessi è dover combattere con certe programmazioni del cazzo che ci sono state stampate a viva forza nel materiale tenero e malleabile di quando eravate piccini.

Prendete le impronte di un gatto nel cemento. Come può un animale tanto leggero segnare la cosa più dura che ci sia? Perché quel figlio di puttana ci passa sopra immancabilmente quando è ancora fresco.

Da bambini siamo cemento fresco. E i nostri genitori, la chiesa e le autorità ci disseminano di impronte leggere  l’anima (sono idee ignoranti e precetti apparentemente innocui e cancellabili) che nel momento in cui il cemento si asciuga, eccoci fregati a portar dietro quei segni il resto della vita. Diventano le tavole della legge. Il fottuto codice di Amurabi della nostra infelicità. Quelle regole pesano dentro di noi, sul cuore. Se ci ribelliamo finiamo per scontarle con attacchi di panico e fobie di ogni sorta.

Molti di noi si riempiono la bocca con gli insegnamenti buddisti (con o senza l’acca). Ebbene sentite questa: quando chiesero al Dalai Lama come si diventa buddisti (lo domandò un giornalista occidentale) lui rise e disse che era semplicemente impossibile!

Impossibile. Per un occidentale nato e cresciuto in occidente!

Un adulto che viene da un posto dove si impartisce un’educazione cattolica, basata su giudizio, senso di colpa e paura delle conseguenze (inferno) non può rimuovere tutto questo e sostituirlo con una nuova impalcatura orientale che è stata concepita da chi non sa nulla di pratica del giudizio e il senso di colpa.

Finirà per ritrovarsi il senso di colpa fin nel buco del culo e giudicherà gli altri e se stesso in modo ancora più severo e aspro, magari negandosi di farlo mai perché lui è buddista e non si incazza e non giudica il mondo, anche se per farlo deve ammazzarsi di canne e libri sull’autoaiuto.

Il senso di colpa, i giudizi severi che rivolgiamo a noi, la paura di una punizione, sono tre ingredienti fondamentali che ci spingono a non essere mai soddisfatti di ciò che siamo, a disprezzarci e a non volerci bene. Nessuno ci insegna ad amare noi stessi (i cattolici parlano solo di rischi dell’egoismo ma non dei benefici). E dobbiamo cercare, nei limiti del possibile, di aggiungere un cuore con sopra la nostra iniziale alla superficie di cemento  solidificato al massimo che è dentro di noi.

Mi rendo conto di quanto questo sia difficile. Io ancora non ci sono mica riuscito.

Eppure si può. Innanzitutto cercando di ascoltarci.

Dentro di noi c’è un bimbo che ci tira per la maglietta e dice cosa vorrebbe. Vi ricordate quando eravate stanchi e annoiati e vostro padre parlava con un amico, voi lo tiravate per la maglietta, facevate leva con tutto il vostro peso ma lui continuava a cianciare di cose che nemmeno capivate e vi ignorava? Se insistevate magari poteva voltarsi un momento e mentirvi spudoratamente per guadagnare qualche secondo: “andiamo subito, tesoro, piantala!”.

E voi ve ne rimanevate lì frustrati e annoiati e tristi.

A volte è sano non dar retta al bambino. Non è giusto che comandi lui. Se non vedo quell’amico da una vita, voglio potergli parlare un altro po’. Mio figlio deve imparare a pazientare e accettare che a volte non si può fare ciò che desidera lui.

Ma bisogna ascoltarlo quel piccolo rompicazzo, sempre, e poi magari dire sì o no o aspetta ancora un po’ che ora andiamo. Ma che sia vero che poi si va. Non siate i genitori stronzi che avete avuto verso il vostro bambino.

Non parlo del figlio vero, in carne e ossa che avete al collo. Io dico il primo bimbo, quello in assoluto, che è nato con voi. Sta ancora lì e vi assicuro che vuole delle cose. Non ignoratelo peggio di un pargolo nato da un vecchio matrimonio con una stronza. Siete voi quel discoletto.

Un altro sistema per iniziare ad amarci è cercare di proteggerci. Pensate a quando entrate in macchina e non mettete la cinta; oppure a quel momento in cui uscite di casa e fa un freddo di merda ma pensate sia inutile indossare il giubbotto. Ci si caga addosso dal freddo ma voi non perdete tempo a cercare un giubbotto del cazzo. Perché?

Tanto non vado lontano, rientro subito.

E quindi: POLMONITE!

Sono piccoli indizi di quanto ve ne frega di voi, di quanto vi prendete cura di voi stessi. Sperate che ci sia ancora una mamma a gridarvi dietro “tesoro, dove esci senza giacchetto, torna qui e mettilo subito o ti pigli un INFARTO!”.

Quanto ve ne importa di voi? Cosa fate per impedirvi di soffrire?

Ora vi dico una cosa: nel posto dove lavoro c’è un furgone senza clacson. Si è bruciato e costa troppo sostituirlo, quindi si usa ma non si ripara. Ho subìto personalmente due tamponamenti, seppur lievi, a causa dell’assenza di un clacson. Urlavo come un matto e battevo con forza il volante ma nulla ha impedito a quelle auto di attraccare sul muso del mio furgone.

Io e i miei colleghi abbiamo segnalato la cosa al titolare, ma lui dopo aver finto una schietta preoccupazione non ha fatto nulla. Quindi se ne frega. Lui non ci protegge, non gliene importa della nostra salute. E nemmeno di quella del furgone.

Gli altri colleghi hanno quindi continuato a prendere il furgone, quando capitava, rischiando la vita e maledicendo il titolare.

Io sono andato da un cinese, ho comprato una tromba da stadio e appena ho bisogno di avvertire qualcuno che esistiamo, io e il furgone che guido, nel suo raggio di manovra, afferro la trombetta, sempre sul sedile a portata di mano, abbasso il finestrino e la suono mentre lui mi tampona. Ci vuole parecchio e a volte una macchina in retromarcia va troppo svelta, ma ho evitato una botta tempo fa e comunque ho una possibilità di salvarmi se un Tir non mi vede.

Più o meno.

Sul perché non denunci il titolare per questa incuria e mancanza di rispetto per i dipendenti ci vorrebbe un discorso molto più lungo di questo.

Di fatto ho cercato di proteggermi da solo. I miei colleghi no.

Potrei anche dirvi che se vi amate troverete pure un lavoro migliore. Ma non sono sicuro che basti amarsi per riuscirci.

Quanti di voi, durante ogni giorno, fa qualcosa per proteggersi da pericoli e spiacevolezze che è quasi certo di dover subire o affrontare?

Ecco.

Un altro modo per iniziare ad amarsi di più è cercare di essere più indulgenti con la specie a cui apparteniamo. C’è tanto amore per gli animali. Per amarli così tanto si finisce per umanizzarli. Li vestono con i maglioncini, quando i cani e i gatti hanno delle pellicce naturali. Li mascherano, gli fanno il bidé. Lavano loro i denti e gli cucinano piatti prelibati. E riempiono la propria bacheca di facebook di frasi di amore per loro e di sprezzo per gli uomini. Fino a pochi anni fa tutto questo non c’era. Diciamo che è una specie di evoluzione. Prima i cani e i gatti si picchiavano, si uccidevano, si abbandonavano con più frequenza e facilità. Le persone inoltre non erano così numerose, tra quelli che li possedevano. Oggi siamo messi molto meglio. C’è una gran sensibilità che impedisce a tanta gente di mangiare carne animale. E se io faccio fuori il cane del vicino che mi impedisce di dormire, mi arrestano e mi sputtanano sui giornali.

Ecco, io vorrei una stagione di grande sensibilità e amore per gli uomini. Vorrei che su facebook ci fossero messaggi di umanità e sensibilità verso i propri simili. Quanti ne leggete?

Se vogliamo che la situazione cambi dobbiamo iniziare da noi stessi. Ad amare noi in quanto uomini, con tutti i nostri problemi, limiti e difficoltà.

Non è facile essere uomini. Abbiamo diritto a un po’ di clemenza.

Nessuno di noi è tagliato fuori dal proprio passato atavico. Non siamo così altri rispetto alle scimmie pelose che di notte si arrampicavano sugli alberi per tenersi al sicuro dalle bestie affamate. Sta tutto nel patrimonio genetico e spesso ci torna in circolo a livello sotto-cutaneo.

Ebbene immaginate un momento questo nostro antenato, un essere fragile, brutto e peloso (io non sono cambiato molto, in effetti) in un mondo pieno di insidie. Ogni rumore, ogni sommovimento di clima, ogni ombra era una minaccia che lo faceva scattare, correre a nascondersi o morire. Il poveretto doveva imparare che i tuoni non lo uccidevano e che invece il grosso essere con i denti lunghi e appuntiti che spuntava da dietro un cespuglio sì. L’uomo che eravamo aveva perennemente fame e paura. Viveva con queste due cose nello stomaco.

Fame e paura sono ancora due elementi fondamentali della nostra vita. Producono casi di obesità estrema, anoressia e tante eruioni cutanee.

E guardate cosa succede, inoltre: più cresce il nostro sistema di sicurezza, lo standard di conforto sociale e urbano, e più diventiamo dei ciccioni paurosi.

Non sto cercando di criticare la modernità. Dico solo che è dura essere uomini. Abbiamo sofferto parecchio per arrivare fino a qui. Ma se c’è una cosa che ci ha spinto a salvarci in mezzo a tante insidie è la capacità di salvaguardarci e di ascoltarci.

Quello che vi domando è quanto oggi tutti noi ci proteggiamo e ci ascoltiamo?

Poco o nulla. E quindi: quanto possiamo amare una creatura di cui ignoriamo la voce il più del tempo e che non pensiamo a coprirgli il culo quasi mai?

Ma quanto sono saggio, eh?