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Misery Index – Ritual De Lo Abitual

Rituals Of Power è il nuovo album dei Misery Index, uscito per Season Of Mist nel 2019.

I Misery Index mi sono simpatici e anche Lord Erik Rutan, che gli ha prodotto questo Rituals Of Power. L’album non è nemmeno niente male, tenendo presente quello che passa il convento. Ciò vuol dire che non è una cosa esaltante ma dignitosa. Il tiro è innegabile, una certa passione genuina per il genere death-grind pure, ma non riesco proprio a immaginare, come dice un tipo su Metalitalia, che la tikketetrackete, nella seconda parte così insolitamente melodica (anche se è giusto una rimasticazione di Orion dei Metallica) faccia esplodere il cuore ai metalheads!!!! BUUUUM! Metalheads in terra con pezzi di cuore appiccicati alla lingua penzolandia.

Ma come si può scrivere una cosa del genere? Se Rituals Of Power fa venire un coccolone, Trapped In A Corner dei Death cosa potrebbe causare? Una sclerosi multipla fulminante?

Si tratta di un pezzo discreto, l’unico in cui succeda qualcosa un tantino diversa rispetto agli altri che sono tutti burubububum e bambabababbabbababaabam e ddgiun dgiun e sgraaaaanch, ma è una roba piccina. Non c’è nulla di sconvolgente. Sorprende solo il fatto che è un momento melodico, un raggio di sole tra le lame della mietitrebbia mentre i vostri occhi sbulbati si spengono per sempre.

Rispetto al precedente (e molto più interessante) The Killing Gods, Rituals Of Power recupera un certo gusto per la devastazione tout court e la corsa forsennata tra le macerie, ma non lascia granché su cui rimuginare. Va sul sicuro, dritto nella bocca buona dell’odience più tradizionalista.

Diciamo che è davvero lo stato dell’arte per quanto riguarda il metal estremo di oggi, quello che mantiene un legame onesto con il passato e maneggia i vecchi costumi e gli attrezzi di scena mostrando una buona padronanza e un briciolo di autentica personalità, ma si tratta in ogni caso di un gruppo che se prova a infilare il naso fuori dal recinto del death, finisce che muore di agorafobia.

Sia chiaro: Rituals Of Power è un lavoro discreto e qualche pisello corto di quindici anni lo annovererà tra i titoli della vita, ma parlarne in modo entusiastico dopo i 30 (io ne ho 40 di anni fottuti) significherebbe farsi andare in culo un periodo in cui il metal estremo produce una inverosimile quantità di album modesti, trascurabili e capaci di reggere l’ambiente esterno per non più di due mesi. Forse potremmo votare i dischi non più con dei numeri ma delle date. Sapete, no? Tipo i prodotti alimentari del discount. Se dovessi farlo per Rituals dei Misery Index direi: da consumarsi entro il 14 aprile.

C’è una gran boria e una innegabile potenza ormonale in Rituals Of Power. Questi quattro deathster bitorzoluti sanno pestare il grugno al genere ma è tutto muscolo, capite? Potrei citarvi New Salem o Decline And Fall, Hammering The Nails o The Choir Invisible, o qualche altra canzunciella di cui non ricordo il titolo e non vi cambierei un minuto di vita.

Per darvi un’idea, in giro si leggono commenti di questo genere: ehi, questa è una traccia diversa rispetto al solito perché rallenta al minuto 3 e 45 e ricomincia a pestare solo al minuto 4 e 38. Capite? Basta che rallenti di mezza tacca per un minuto e siamo davanti alla SPERIMENTAZIONE CIECA!

Insomma, l’album è un denso e omogeneo esercizio di forza, come un toro che scalcia nel box, potente, minaccioso ma intrappolato in una scatola di pochi metri. Può anche farsi venire una sciatica a furia di scalciare e magari morire di scorbuto, ma l’Inferno avviene in quello spazio ridicolo, mentre fuori il mondo, da qualche parte, continua a vivere come nulla fosse. I Misery Index avrebbero dovuto liberare il toro e condurlo alla più vicina festa di compleanno. E invece eccoli lì, che fanno i cattivoni nel box.

Bella copertina. Morte, declino, siamo tutti fottuti. Cose così.

C’è chi l’ha definito il lavoro più compiuto e maturo dei Misery Index. Fossi in loro non la prenderei bene.