Protogoni Mavri Magiki Dynasteia è il nuovo disco dei Mystifier, band brasileira uscita per Season Of Mist, nel 2019.
Confesso di non aver mai sentito parlare dei Mystifier. Sono brasiliani e fanno parte della scena black estrema dai tempi in cui ancora Euronymous era vivo e paccava dischi dei Sarcofago a Fenriz. Ovviamente del trio originale è rimasto solo il chitarrista Beelzebubth (vero nome Armando da Silva Conceição, 49 anni). Gli altri due nuovi innesti sono Diego DoUrden (dal 2013), basso, voce e tastiere, più Eduardo “Warmoger” Amorim (dal 2016) alla batteria.
A dire il vero, dalle nostre parti non si è sentito parlare dei Mystifier prima del 2014, quando calarono per ben cinque date sul nostro grasso terramorfo dopo una serie di esibizioni terrorizzanti a Londra e in Norvegia: cuore del metallo più sozzone.
Dopo una serie di ristampe dei vecchi e gloriosi primi album (yamme e yamme 2) la Season Of Mist li ha messi sotto contratto per qualcosa di originale. E loro hanno prodotto gli inediti, praticamente dopo 18 anni dal trascurabile Profanus.
Protogoni Mavri Magiki Dynasteia, nonostante un titolo che puzza di nerdismo borchio lontano quaranta miglia, è un lavoro interessante. Burino sì, vecchia scuola pure, ma con dei momenti atmosferici di innegabile seduttività.
Il sound è tipo chiuso in un fustino e l’andazzo è un po’ quello di chi è stato tagliato fuori per troppo tempo dalle moderne indolenzitudini truiste. Questo significa però che i Mystifier sono piuttosto candidi e ti spiattellano lì riffazzi doom e thrashate caprone quando gli pare, e usano pure le tastiere in modo estroso, cercando di incanalare la rabbia di chi ascolta sì, ma anche di procurare qualche brivido lungo la schiena del pubblico più sensibile.
Si sente che il repertorio è un mischiasù di tutto quello che a questi tre amareggiati brasiliani passa per il cuore e la testa. E sarà che hanno appreso a fare metal quando le parole come “commistione” e “sperimentazione” non erano viste tipo complimenti spinti in un convento, ma i Mystifier buttano lì parentesi poco classificabili e più perigliose. Liberano la fantasia e si assicurano soltanto che volga al nero. Così dovrebbero fare tutti, cazzo.
Il mio pezzo preferito è Witching Lycantrophy Moon, dove dai rumori di una putrida palude si erge la voce di una specie di rospo sacerdotale. Segue non è la solita tirata black metal che vomita fiele in rima ma una ruspante cavalcata nel bosco nero, con DoUrden che sembra rappare di carotide su un arpeggio in quattro quarti stile Satyricon.
E tranne quei soliti momenti in cui i Mystifier timbrano il cartellino del retro-metal con raspi in doppia cassa e growl mefitico (stile tipo Cannibal e Morbid Angel) o magari blastano l’uretra di chi ascolta con le prevedibili menate alla Mayhem, in genere, l’album Protogoni Mavri Magiki Dynasteia randella bene il petto e ditalina la parte sinistra del cerebro, scatenando bivacchi di fantasie debosce e persino qualche dinoccolìo melanconico in memoria della vecia Albione di Lostiana memoria.