okkultist
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Reinventing The Hot Water With Okkultist!

Reinventing The Evil è il disco dei portoghesi Okkultist, uscito per Alma Mater Records, nel 2019.

Reinventing The Hot Water, verrebbe da pensare. Del resto gli Okkultist, con un nome così e la cantante Beatriz Mariano che nelle foto di scena posa demoniaca e incappucciata (neanche fosse una sorta di versione zombie di Jill Janus, pace all’anima sua)… dicevo gli Okkultist così come si presentano fanno pensare più a uno di quei gruppi dark vintage che mescolano NWOBHM, cinema gotico italiano, grunge (chissà perché se ne trovano sempre delle tracce) e libri di medicina alternativa e liturgia floreale.

Invece gli Okkultist sono un macigno sulla regione dentale, un pasticcio thrash, death e black in grado di trascinare anche l’ascoltatore più scettico (io) grazie a una scrittura varegata alle budella, almeno se guardiamo agli standard degli ultimi anni.

Nel senso che l’album non inizia con la solita valanga di riff, ritmiche forsennate e cazzate esoteriche strillate in growl. O meglio comincia così, però poi cambia. Alle parti più veloci (che personalmente tutto sto bisogno di correre di certo metal non l’ho mai capito) si alternano momenti in cui la batteria smette di rintronarci il cerebro e inizia a spaccare pareti con degli squadratissimi, basali e distruttivi cassa rullante e su di essi si slanciano dinosauri di note a sotterrarci tutto il palazzo.

E così si fa. Oltre a permettere all’uditorio di riprendere fiato, si può anche fare di sì con la testa in modo solenne e austero. Immagino che devasto dal vivo quando arrivano ‘ste parti cadenzate.

Non è che gli Okkultist inventino qualcosa: c’è un po’ di vecchi Entombed, Carcass, Exodus, Mayhem, ma tutto sommato Francisco Ribeiro, proprietario dell’etichetta Alma Mater e sponsor d’eccezione per il gruppo, ha ragione a dire che il metal portoghese bisogna come il pane di gente così.

A dire il vero tutto il metal, di qualsiasi posto del mondo ha bisogno di gruppi che sappiano dare ai metallari un motivo valido per continuare a sopportare quei fottuti capelli lunghi.

E gli Okkultist ci sanno fare. Il loro sound è bello spesso e ciccioso (come produttore c’è Pedro Paixão, storico membro e mastermind dei Moonspell) e l’attitudine sembra proprio quella giusta, anche se i titoli dei brani sono così banali che neanche un vecchio demo dei Grave Digger (c’è pure un pezzo che si chiama così).

C’è il pezzo strano, Sign Of The Ripper, e almeno un paio di ritornelli da rammentare mentre si tamburellano le dita in una sala d’attesa: quello della tikketetrakkete e Plasmodium.

I Am The Beast poi è davvero un capolavoro tritabambini!