In un’epoca come quella d’internet, specie negli ultimi anni, avere un opinione diversa equivale a correre in un campo minato con gli occhi bendati, cercando di non vedere dove poggiamo i nostri piedi, come avessimo in questo modo più possibilità di sopravvivere lungo il percorso. Avere un’opinione è già come lanciare una bomba, anzi significa essere la mina scagliata sulla testa di qualche altro povero sfigato bendato. Non la pensi come me, quindi stai mentendo!
Cerco d’evitare di parlare di politica o fake news su Sdangher! per la semplice ragione che questo è un sito casereccio, con mura di biada usata come mattoni e sterco equino per cemento. Sono povero di argomenti, anche se leggo continuamente siti e libri nel tentativo di accrescere le mie conoscenze. Specie sul Comunismo, un girone politico in cui mi oriento fin dalla tenera età. Non scherzo quando dico che mi considero un sodale delle armate rosse da che ho memoria.
Cosa è una notizia? Un fatto accaduto. Un qualcosa di riportato sui giornali, radio, tv, o dalla bocca del nostro vicino. Riceviamo l’informazione e la comprendiamo (in teoria). Cosa succede però se questa notizia non ci piace? Probabilmente correremo su internet a esporre il nostro dissenso sui social media, sperando nella gloria dei like e commenti di chi come noi pensa allo stesso modo, aspettando anche “quello falzo che non la penza come me”, solo per iniziare una gogna mediatica del “se non la pensi come me sei…”, e qui buttateci un insulto a caso.
La fake news quindi cosa è? Stavo giusto vedendo un video consigliato da youtube, in cui questo youtuber spiega l’ultimo dialogo (quindici minuti circa) di Metal Gear Solid 2.
Lo so che ho appena citato un videogioco, ma riascoltare diciotto anni dopo, con la maturità richiesta, un discorso, anzi il “Manifesto” di un autore che considero un genio assoluto, Hideo Kojima, capace d’anticipare l’internet di oggi è…
Ma non divaghiamo. Per la continuità della specie noi Homo Sapiens, come ogni essere di questo pianeta, ci riproduciamo in modo da salvare il nostro parto genetico, ma sopratutto mescolarlo con i simili in modo da rimuovere i geni più scarsi in favore di quelli migliori.
La genetica è amorale. Non gliene frega dei nostri sentimenti, se vorremo bene ai nostri figli o li stupreremo nel sonno. Non gliene frega che nel futuro avremo cervelli grandi come cocomeri, un corpo esile e ci muoveremo, che so, su sedie a rotelle volanti con motore a sterco. Se i nostri geni pensano che il futuro dell’uomo debba essere questo, fanculo.
Ora invece i meme, non si trasmettono solo attraverso la genetica. Mio figlio erediterà forse i miei occhi, l’invecchiamento lento della mia pelle, il mio naso, forse anche qualche malattia a me sconosciuta, ma i miei ideali? I miei ricordi? Quelli si tramandano di generazione in generazione attraverso: prima la parola, poi la scrittura, ora i vocali su whatsapp, le playlist spotify e i selfie su instagram.
Mio nonno, se vivesse oggi, rimarrebbe stupito dei grandi passi fatti dalla tecnologia, lui che era l’unico a possedere un televisore in bianco e nero in tutto il quartiere negli anni ’70, mentre oggi un bambino sa già come caricare il suo nuovo video su youtube per il proprio canale, perché ha ereditato queste nuove conoscenze in parte dai geni trasmessigli dai genitori, parte grazie all’emulazione dei suoi simili.
Non nasciamo totalmente ignoranti, dobbiamo solo imparare a fare come le scimmie di 2001 odissea nello spazio, ma meglio. Emulazione è la risposta.
Le società cambiano e così il modo di trasmettere l’informazione culturale e sociale, aka i meme. Cosa voglio dire? In un’epoca in cui siamo saturi d’informazione, in cui chiunque può accedere dal palmo della mano alla news che più soddisfa i propri desideri, mi chiedo quale futuro ci aspetti?
Viviamo in un degrado cognitivo in cui tutti tendono a credere di possedere la ragione, perché se nell’illuminismo ci avevano insegnato che tutti siamo ignoranti, poiché non sappiamo ancora ed è quindi nostro dovere scoprire, oggi invece la gente è convinta di possedere la “vera conoscenza”, perché non c’importa che il giornalista del quotidaino si chiami cetriolopuzzonexxx69cm. Abbiamo bisogno dell’informazione che aggrada la nostra mente (o la coscienza), perseguendo, attraverso i meme, quello che la genetica fa né meglio, né peggio: il cazzo che gli pare, senza morale.
I meme ci insegnano per esempio una morale, non LA morale. Ci insegnano per dire: che il fascismo è sbagliato.
Fin da piccoli ci viene inculcato nella mente che il fascismo è errato, ma al nostro compagno di banco qualcosa è andato storto e invece i genitori gli insegnano a fare il saluto fascista al busto di Mussolini all’ingresso, ogni giorno prima di andare a scuola. Noi siamo convinti nella salvezza attraverso Cristo, lui invece è un sciovinista che crede solo nel culto della nazione. Ovvio, siamo indignati da ciò, ma il meme ha fatto il suo percorso, come il gene del resto, poi sta alla morale d’ognuno decidere se questo gesto sia sbagliato o meno. La società in cui viviamo decide per noi cosa amare e cosa odiare.
Abbiamo dovuto perdere una guerra per decidere che era sbagliata. Delle nazioni in conflitto hanno deciso per noi che il fascimo è sbagliato. Io non l’ho mai scelto. Mi hanno insegnato che era sbagliato, quindi sono convinto che è sbagliato. Mi hanno insegnato a non denigrare mai il prossimo, e di trattare chiunque al mio pari. Per contraddizione però: se i miei voti non erano i migliori io sarei stato un pessimo bambino. Allora dov’è la verità? Solo in chi sa dimostrarla.
Diciamo ai nostri figli che vincere non è importante, ma devono essere i migliori della classe. Di rispettare i neri, ma la sera evitare i loro quartieri. Che le donne vanno rispettate, “ma la sera ritirati presto e non mettere la minigonna“.
E le fake news allora cosa c’entrano? Sono l’ennesimo tassello che completa la contraddittoria informazione che viviamo oggi. Su facebook, per dire, ho gli amici più disparati, e ognuno del resto condivide la notizia che più si adatta a quello che pensa.
La fake news di solito ce la condiscono come “negro ruba famiglia di anziani italiani pensionati” o “zingaro chiede l’elemosina, ruba una cinque euro per comprarsi la coca, ma non sapeva con chi aveva a che fare”, ed è subito click bait.
Ma funziona anche al contrario. “Poliziotto minaccia senegalese, ma questi si difende così” o “popolo di città x dice no all’esplosione di razzismo – leggi cos’è accaduto!”.
Su dieci notizie, almeno otto sono false, costruite ad hoc per un tipo di pubblico, noi tutti. E non ci frega d’approfondire l’informazione, perché la nostra cultura, il nostro meme funziona come la genetica: deve essere sparso a quante più persone possibili, così che possa sopravvivere.
Lo facciamo con la religione, con la politica, con gli insulti, con la xenofobia.
A volte credo che la censura serva. Non dico tipo la Cina o l’USSR che fu e la Corea del Nord di oggi in cui il presidente dice ai telegiornali di cosa parlare: notizie sul Meteo e due servizi su quanto ce l’ha grosso il presidente. Ma è vero che la facilità d’informazione ha permesso a gente blanda di salire in politica, capace d’animare gli animi del suo popolo con affermazioni povere di spirito politico, e solo finto nazionalismo, mentre all’opposizione non resta altro che raccogliere le briciole rispondendo l’esatto contrario per ottenere esattamente il pubblico opposto. È la politica stessa a diffondere il meme dell’odio? Con buon aiuto del popolo.
Alla gente oggi non importa del contenuto, ma solo del titolo. Lui ha fatto delle cose, ma non sa risponderti quali cose. Però qui il titolo dice che ha fatto le cose e se clicco posso scoprire quali, ma a me basta drogarmi col titolo; il contenuto appunto non importa.
“I poliziotti sono tutti porci”, diceva una persona su Instagram e quando un tipo entra nel tuo giardino e inizia a distruggerti la macchina con una mazza da baseball, non chiamarli. No, esci fuori e parlaci per scoprire cosa gli è accaduto.
“Follie anarchiche” annuncerà qualcuno, ed è accaduto infatti. Ho subito preparato i popcorn per riscaldarli sopra al fuoco dei commenti, ma s’è concluso subito con un “sei un fascista, perché non la pensi come me”.
Ma la mia domanda finale è: quando noi affrontiamo il nemico con le sue stesse armi, che siano commenti poveri, bastoni, o fake news, cos’è che ci rende veramente differenti da loro?
A ogni problema comunque troveremo una soluzione, solo dovremo essere preparati a risolvere i nuovi problemi creati dalle soluzioni.