Týr
Týr

I Týr sono un’altra band che merita!

Hel è il nuovo disco dei Týr, uscito per  Metal Blade Records  nel 2019.

Anche se i pezzi erano pronti da un po’ ci sono voluti cinque anni per poter scaricare illegalmente questo disco. Ma dati alla mano, vi assicuro che nella classifica degli album più rubati dalla rete, è nelle prime quattro posizioni da almeno una decina di giorni.

A quanto pare i Týr se la sono presa comoda, sia perché gli ultimi lavori in studio, al principale compositore Heri Joensen, sono costati parecchio stress e sia per un cambio a livello manageriale e di line-up.

Esatto, Terji Skibenæs se n’è andato dopo 17 anni e la cosa non deve essere stata una bazzecola. Deh, un bel cazzo di divorzio, no?.

In ogni caso il gruppo ha avuto tutto il tempo di meditare sulla direzione stilistica. Scrivo queste cose prendendole pari pari dall’intervista di Raffaldini sul nuovo Rock Hard, sappiatelo. In pratica Heri ha ammesso che lui e gli altri, per quanto la distanza spesso gli impedisca di prendersi una birra insieme e parlare di musica, si sono confrontati, probabilmente in una chat wazzap con un vichingo rubicondo e ammiccante come immagine profilo, su ciò che negli anni il pubblico ha mostrato più di apprezzare nel lavoro compositivo dei Týr. Ne sono venuti fuori due elementi imprescindibili: brani con melodie epiche e folk e un minutaggio contenuto.

E da qui è nato Hel. In effetti ogni volta che vedevo la durata dei pezzi e scoprivo non andare oltre i cinque minuti e mezzo (tranne l’ultimo di sette) ero grato ai Týr, davvero. Inoltre bisogna ammettere che ogni canzone di questo album ha un ritornello vero e quasi sempre trascinante e memorabile. Sapete, no?, di quelli che si possono cantare davanti al fuoco, mentre vostra madre vi guarda come dei deficienti etilici.

I Týr vengono dalla fine degli anni 90 e si sente. Il loro stile, almeno stando su Hel, mescola i Blind Guardian degli anni migliori (che per me sono 1992-1999) le chitarre dei Children Of Bodom e i riffing alla Dark Tranquillity.

C’è anche altro: per esempio Far from the Worries of the World si ritrova a fare il verso involontario a una delle hit più note di Branduardi, a voi indovinare quale.

Paradossalmente il brano migliore, in una media creativa davvero alta e un suono ganzo e potente, è quella che sfora i sette minuti. Álvur kongur vi trascinerà nell’acqua che bagna le isole Faroe a prender l’epatite dalle sirene senza farvene rendere conto.

Mentre aspettate il bubbone con l’orchestra dei Blind Guardian, godetevi un po’ di epica rude e ficcante con il nuovo dei Týr.

Vi assicuro che è ficcante.