Gods Without Name è un disco del progetto Aoratos, uscito per Debemur Morti Productions nel 2019.
Dietro Aoratos c’è un solo musicista. Si fa chiamare Naas Alcameth, è un pelato (negli anni 80 non ce n’era nemmeno uno nel mondo heavy, oggi sono la maggioranza: pelati con la barba). Il suo vero nome è Kyle Earl Spanswick, è americano e va per i 39 anni.
Oltre a cantare, suonare chitarre, synth e scrivere i testi e le musiche per gli Oaratos, Naas Alcameth fa capo a una serie di altri progetti: il più celebre è quello che si avvicina di più a una band: i Nightbringer in cui suona le chitarre e canta black metal a tema occultistico e filo pagano.
Poi ci sono gli Excommunion, con cui Naas fa atmopheric black metal a liriche fortemente anticristiane.
A seguire i Bestia Arcana, in cui firmandosi N.A. Naas Alcameth suona in pratica tutto lui a parte la batteria; il genere è black ma anche un cicinino death metal.
E non finisce qui: Naas è anche negli Akhlys, con i quali suona tutto tranne la batteria; si tratta di un progetto ben diverso dai precedenti: è dark ambient con temi occulti.
Nel tempo libero tra un gruppo e l’altro, Naas Alcameth realizza anche copertine e loghi per altri gruppi black metal e se ci scappa un momento, si presta come session per gli Acherontas, ennesimo gruppo ma stavolta incentrato sul black metal con temi occultistici.
Quindi ricapitoliamo: Naas Alcameth, a parte un lavoro di cui non conosciamo la specie che dovrebbe permettergli di vivere, è impegnato in quattro progetti ufficiali: uno black metal, uno black/death metal, uno atmospheric black metal e uno dark ambient black metal. Le liriche sono di tipo magico, esoterico e quando gli prude l’ano, scrive cose cattive sui cristiani.
La domanda è: perché Naas Alcameth non mette tutti i progetti insieme, visto che tanto sono quasi tutti composti da lui, e ne ricava un solo progetto buono, vario, sperimentalissimo, e si dedica a quello, mattina e sera e caga nei nostri database un disco, magari anche doppio, all’anno?
Non sarebbe meglio? Pensate, un gruppo dark ambient, black, atmospheric, death metal con temi occultistici e anticristiani? Dite che già ce ne sono a montagne? Beh, ma uno in più è sempre meglio di tutti questi progetti intercambiabili, no?
Non fraintendiamoci, Naas Alcameth è un musicista interessante… ma non è Frank Zappa; non è Prince. Si tratta solo di uno che ulula cose che non capiamo su un tappeto di blast-beat e tastiere impetuose.
Sempre.
Io non ho nulla contro il black metal, ma molto invece sullo spargimento compulsivo di progetti.
Gli artisti underground stanno diventando dei cazzo di multitasking. Immaginate Steve Harris che nel 1978 mette in piedi il suo progetto simil-Thin Lizzy, un altro progetto simil-Deep Purple e un altro prog alla Jethro Tull, poi un progetto hard rock anni 70 e uno metal metal. Cosa avremmo ? Di sicuro non gli Iron Maiden ma una visione creativa molto frammentata e dispersiva.
Sono discorsi oziosi ma spero che di farvi capire cosa intendo. Harris non avrebbe potuto, anche volendo, tirar su tutti quei gruppi. Sarebbe morto di stenti entro il 1980 e noi avremmo avuto una manciata di 45 giri semi-sconosciuti da accaparrarsi al mercatino dell’usato di Portobello Road.
Del resto siamo nel 2019 e se tutto è concatenato, vuol dire che Naas Alcameth è anche un po’ colpa di Steve Harris. Costui realizza dischi su pc. Li scrive da solo, con un programma apposito. Il tipo sa usare synth e tastiere, svisa chitarre meglio di due Quorthon messi insieme e ogni volta che scorreggia fuori un riff è black metal puro al cento per cento. Non fa in tempo a crearlo con le sovraincisioni di tutti gli strumenti che sa padroneggiare, che ha già un altro disco. Gli basta inviare i file a un amico. Lui ci suona sopra la batteria. I due si vedono in un bosco. Si scattano qualche foto in costume (gli Aoratos fanno il verso ai Portal e decine di altri gruppi incappucciati) e sotto con un altro progetto.
Non vorrei dire che una volta era così e così e ora non è più, ma cazzo, ho quarant’anni ed è più forte di me, quindi fatemi sfogare. Negli ultimi anni, la tecnologia ha permesso di realizzare un intero disco da soli. Questo ha praticamente rinchiuso in cameretta decine di misantropi di talento che vent’anni fa avrebbero dovuto uscire a cercare altri misantropi come loro e mettere su un gruppo.
Quei misantropi di un tempo avrebbero dovuto vivere un sacco di avventure per procurarsi un ingaggio in un locale di merda, noleggiare una sala prove, conquistarsi un contratto discografico e inventarsi modi spassosi e innovativi per fare i soldi, soldi, soldi che pagassero tutto quanto quel grande armeggiare intorno alla musica. Oltre a divorare incartate di cacca dal mondo, quei misantropi di talento avrebbero anche dovuto scrivere grandi pezzi e la cosa gli sarebbe venuta naturale perché era proprio il resto, il gran scazzo di cose da affrontare per condurre la musica al mondo, ad alimentare la loro creatività.
Inoltre i misantropi avrebbero dovuto bere tanti superalcolici e pippare coca a sacchi per trovare il coraggio di realizzare i propri sogni stando in mezzo alla gente e non scappare di nuovo in cameretta. Le droghe, oltre a dare il coraggio a questi ragazzi, li avrebbero portati a vivere a mille altre avventure da raccontare, un giorno, ridendo come matti. O magari piangendo sulla lapide di chi alla fine non ce l’avrebbe fatta mai. C’era per forza di cose un confronto tra creativi, certe idee si scartavano e certe altre si miglioravano mescolandole a quelle di qualcun altro.
E c’era un pubblico a cui sottoporre ogni visione più audace e subirne le conseguenze. Quello che penso, quando mi ritrovo davanti a un progetto black qualche cosa, è che sono davanti a qualcuno che non ha nessuna intenzione di confrontarsi, né di condividere e tanto meno trasmettere nulla di puro e duro. Si tratta solo di una riproduzione di una lettera d’odio ed emancipazione artistica al mondo, scritta più di venti anni fa da un pugno di adolescenti norvegesi in cerca di successo.
Oggi un uomo fatto, di quasi quarant’anni, continua a rovistare tra quelle zone sintattiche, tra quegli assalti verbosi e sgraziati, tra quelle parole di una lettera che il pubblico ha accolto con grande curiosità, una volta che ha scoperto con quale inchiostro fu scritta: il sangue di gente un tempo viva.
Il black metal dovrebbe scendere tra la gente, come la politica.