Necrogenesis è un album dei Nordjevel prodotto dalla Osmose Productions
Mentre dall’Europa, in particolare dalla penisola iberica e spirituali affini, si sono già svegliati dallo stato purgatoriale di semi-vita, (mi riferisco ai massimi esponenti di associazioni a delinquere finalizzate alla propaganda di musica latina distruggi-timpani in occasione della bella stagione che sta per arrivare) in Norvegia i ghiacciai sembrano essere ancora impassibili all’ondata di caldo, fortunatamente per le nostre orecchie. È proprio dal cuore di codesti ghiacciai che i Nordjevel ci arrivano in soccorso per rinfrescare le nostre giornate primaverili, i nostri cuori e in definitiva le nostre orecchie.
I Nordjevel sono una band piuttosto giovane di Østfold (tranquilli, non so neanche io dove cavoli si trovi) hanno pubblicato il loro primo album nel 2016, uno dopo la loro formazione, e di seguito un ep e un single.
Necrogenesis è dunque il più fresco full-lenght, prodotto dalla label polacca Osmose Productions e uscito lo scorso 26 marzo, della band norvegese.
Che prima di questa release non mi erano noti non è un segreto e neanche una meraviglia, ma bisogna ammettere che la loro rivelazione appare piacevole quanto gradita in un periodo di sconforto e tanta mediocrità nella scena black.
Necrogenesis ha un nome figo, sputtanoso ma figo, e il sound del disco è fedele alla figaggine del nome che porta. Non sarà magari l’ascolto più epico dell’anno (o almeno lo spero) ma è un album che si lascia ascoltare più che fluidamente, fino all’ultima traccia, e che lo si può tranquillamente rilanciare anche dallo stereo dell’auto. Persino quando scarrozzate la nonna o la mamma cattolica, poiché Satana non viene evocato neanche una volta!
Il black dei Nordjevel, riconducibile maggiormente a quello di seconda ondata piuttosto che alla prima, è caratterizzato da riff che si alternano tra tremolo e mid-tempo, tipici della maggior parte del pezzi, e battute frenetiche ma non troppo, con varianti tra un più lento melodic e sconfinamenti black/death.
A tratti poi ci sono tracce che danno quasi sul doom; esempio lampante ne è il brano Nazarene Necrophilia dove chitarra e batteria ricordano quasi lo stile adottato dai Forgotten Tomb più recenti ma con una voce rauca alla Dagon degli Inquisition. Una bella combinazione del cavolo direte, ma sto pezzo è davvero grazioso.
I Nordjevel sembrano una band catapultata dal periodo dove il culto del black metal era ancora underground e poco modaiolo, dove non servivano leggins di pelle e cinture fatte di proiettili per dire al mondo “ehi guardami, io ascolto black metal”, dove la musica era fine a se stessa e non aveva bisogno di stupida propaganda per attrarre i soldi degli idioti. Anzi, no te lo ascoltavi e vaffanculo il prossimo. Magari allora, ogni tanto, ci scappava il rogo ammazza noia alla chiesetta del paese, ma era pur sempre un passatempo migliore che guardare Pomeriggio Cinque.
E continua ad esserlo, probabilmente.
Non lasciatevi ingannare dalla cover art in stile album metalcore: se guardate bene, ai lati, ci sono dei caratteri gotici illeggibili e ben quattro croci al contrario (le voglio come filtro delle stories su instagram).
Hail Satan e seiseisei para siempre.