Gli Anacrusis e le ragioni di un meritato insuccesso!

Reason è un album degli Anacrusis, pubblicato nel 1990 da Active Records.

Occorre fare un piccolo sforzo e tornare a quegli anni (io c’ero, anche se avevo dodici anni, andavo in prima media e ancora non sapevo cosa fosse l’heavy metal) per capire come venivano percepiti gli Anacrusis. Oggi c’è chi ne scrive benissimo e inveisce contro il pubblico che nei primi anni 90, invece di supportarli e seguirli come oracoli del modern thrash, li snobbava per seguire i Megadeth, Testament, Slayer, Exodus e soprattutto METALLICA.

La critica in realtà coccolava gli Anacrusis, garantiva alla gente che erano freschi, audaci, complessi ma appaganti. Il pubblico invece nicchiava. Del resto la band di St. Louis, Missouri, non si limitava ad arricchire il basico formulario thrash di tecnicismi vistosi, ma lo contaminava con elementi incresciosi e imperdonabili per un headbanger: tipo Pink Floyd e Cure.

Suffering Hour, primo album del 1988 era tutto sommato un lavoro in linea con i crismi del genere thrasharolo. Reason di due anni più tardi invece andava già molto oltre. Gli Anacrusis erano una band in costante evoluzione.

KENN NARDI: Suffering era un miscuglio di pezzi scritti in un lungo lasso di tempo. Mentre li incidevamo già non ci rappresentavano più. Reason ci ha permesso di iniziare a definire la nostra identità.

L’inizio discografico di una band si resta impressionati dalla frenesia compositiva. In quattro o sei anni, magari escono lavori di grande livello a fuoco continuo; è un momento di crescita continua e gli album talvolta sono fotografie scattate quasi in differita sul reale evolversi dello stile.

Quando uscì Reason, buona parte dei pezzi in scaletta erano “avanti” rispetto al discorso di Suffering Hour, ma non al passo con le fervide menti di Kenn Nardi, Kevin Heidbreder e gli altri.

KENN NARDI: Stop Me e Afraid To Feel furono tra le ultime cose che scrivemmo prima di entrare in studio. Erano il nostro presente e anche il futuro di ciò che dovevamo fare a tutti i livelli: musica e testi.

Stop Me. Quella che secondo molti è a oggi una delle più riuscite canzoni dell’intera storia degli Anacrusis, al tempo sembrava quasi un impiccio. Di sicuro la band e il produttore (e ingegnere del suono) Sean McMahon sentivano che era un gran pezzo ma “rompeva troppo” rispetto alle tradizionali menate thrash. E quindi ci misero parecchio per decidere se e dove inserirla nell’album.

Di solito è questo che succede quando si realizza qualcosa di grandioso: c’è la netta sensazione di correre un grosso rischio, la paura di non essere capiti. A quel punto una band valida decide di andare fino in fondo, le altre mettono nel cassetto il bambino prodigio e si presentano con materiale più canonico. E poi magari si lamentano di morire nell’indifferenza.

KENN NARDI: Pensavamo di aprire l’album con Terrified. Poi io e Kevin ci domandammo se non fosse il caso di usarla come prima traccia, per quanto fosse davvero leggerina.

In fondo la prima impressione è quella che conta, e sebbene Reason sia un album molto particolare e ricco di brani dagli spunti notevoli, al sessanta per cento resta un lavoro di thrash tecnico. È per via di Stop Me, ritrovarsela subito dritta in faccia appena dopo il play, che si finisce per imprimersi in testa la sensazione di avere davanti un lavoro molto strano, particolare e per nulla semplice da assimilare. Afraid To Feel è l’altra casa madre rigeneratrice e il gruppo pensa bene di metterla in seconda posizione nel lato B dell’album.

KENN NARDI: Stop Me e Afraid To Feel sono i nostri capolavori di quel disco. Senza di esse Reason non so proprio come potesse diventare. Diedero un’atmosfera unica all’intero lavoro. Purtroppo le registrammo di merda. Intendo proprio per come le suonammo. A risentirle oggi non riesco a evitare di notare le tante imprecisioni. Inoltre il suono è mixato a cazzo, impastatissimo.

Per Suffering Hour gli Anacrusis avevano dovuto cavarsela con mille dollari circa e una settimana di tempo per incidere tutto. Due anni dopo le cose non furono meglio: dieci giorni di tempo e un budget leggermente superiore. La differenza la fece il gruppo, cresciuto tecnicamente e molto più affiatato.

KENN NARDI: Eravamo più bravi, certo, suonavamo cinque giorni su sette, ogni settimana. Però registrammo alla solita maniera di un qualsiasi demo: Io e Mike incidevamo la batteria e una chitarra ritmica che facesse da guida del brano, poi aggiungevamo separatamente il basso, le chitarre, gli assoli e infine le voci.  

A volte l’esperienza non aiuta a evitare gli errori. Non fa commettere i vecchi, che magari errori, in quella nuova circostanza non sarebbero più, e inoltre spinge verso strade alternative piene di nuove trappole fallimentari. Della serie: visto che da quella parte l’ho preso in culo, di là magari non succederà. A ogni modo stavolta mi porto dietro la vasellina.

KENN NARDI: Eravamo ancora scottati dal mixaggio povero e sbrigativo del primo album e così pensammo bene di cadere nell’eccesso opposto. Probabilmente avremmo dovuto lavorare di più sull’esecuzione e meno sull’equilibrio dei volumi. Pensavamo che una volta registrate le tracce, sfruttando il resto del tempo al mixer le cose sarebbero state migliori di Suffering Hour. Ma ci sbagliavamo. Con molta probabilità, insistendo sull’esecuzione, grazie al livello tecnico raggiunto, saremmo riusciti a esprimere in modo decente quello che avevamo da dire, e una volta al mixer magari sarebbe stato possibile esprimere al meglio l’impatto dei pezzi.

Per quanto Kenn non sia un uragano di allegria, specie se gli si domanda degli Anacrusis, Stop Me come Afraid To Feel o Wrong, Child Inside, restano tutti dei pezzi notevoli, registrati magari in modo scadente, ma si trattava di un secondo disco, nel 1990. Chi avrebbe preteso più di quello? Oggi è innegabile che Reason, per quanto imperfetto, abbia un fascino innegabile e dall’atmosfera oppressiva come pochi altri lavori di quegli anni.

KENN NARDI: Sia Stop Me che Afraid To Feel sono state scritte guardando ai Pink Floyd. Sono sempre stato un grande fan dei Pink Floyd (specialmente The Wall) e al tempo di Reason volevo provare a portare un po’ delle loro dinamiche in un contesto più heavy.

Se la band di Roger Waters era stata un punto di riferimento per la parte compositiva di Reason, i Cure di Disintegration lo furono per il missaggio.

KENN NARDI: Era uscito nel 1989 e ci andavo a ruota da un anno, al tempo. E quando mettemmo mano al mix di Reason tentai con tutte le forze di seguire la stessa direzione dell’album dei Cure. Sia Disintegration che Reason hanno lo stesso suono grosso e melmoso.

Ehm, certo, con le dovute differenze ricollegabili ai budget e gli artefici dei due missaggi. Con tutto il rispetto per il giovane e misconoscito ora come ieri Sean McMahon, Robert Smith aveva sul groppone dieci anni di esperienza nel music business, una vena creativa al massimo possibile, e si era avvalso di David M. Allen (Sisters Of Mercy, Mission, The Damned, Wire). Alle sue spalle c’era la Fiction (Universal) e quindi parecchie sterline in più delle poche migliaia di dollari investiti dalla Active Records per gli Anacrusis.

Il decimo album dei Cure ne decretò il successo definitivo, il secondo della band di Nardi e Heidbreder, Emery e Owen, la fine della prima storica formazione come l’avete appena letta.

KENN NARDI: Sai, al tempo di Suffering Hour avevamo da poco finito gli studi e non dovevamo preoccuparci di molto, a parte scrivere dei brani fichi e originali, suonarli alla grande e tenerci un lavoro di merda per pagarci l’affitto e le registrazioni dei demo. Già ai tempi di Reason però le cose erano cambiate e continuarono a peggiorare. Mi riferisco a quel genere di responsabilità pesanti che la vita ti porta a dover prendere, e che difficilmente riesci a far convivere con il tuo “hobby a tempo pieno”. Fu a quel punto che tutti noi iniziammo a pensare seriamente al nostro futuro. E Mike decise che non gli andava di passare gli anni andando in tour con un furgone scassato.

Quando uscì Suffering Hour, la Active Records non aveva ancora un contratto di distribuzione con la Metal Blade, quindi essendo una label inglese, ci mise circa un anno per far arrivare l’album su qualche scaffale americano. E non parliamo di eventuali tour. La band non si mosse da casa, tranne qualche piccola trasferta nei paraggi.

Dopo Reason invece il disco ebbe una distribuzione migliore, per quanto mai così convinta, né allora né con i più riusciti e potenziali album successivi. Però nel 1990 la band fece il suo primo tour con i D.R.I. e per quanto il pubblico non fosse quasi mai così pazzo e coinvolto dalla loro proposta, fu un’esperienza interessante.

Mike però tornò a casa molto scoglionato e decise di chiuderla lì. Si arruolò in marina, salutò tutti e partì.

KENN NARDI: Dopo il tour con i D.R.I., Mike ci lasciò. Si sarebbe pentito della sua decisione ma così andarono le cose. Poco tempo dopo infatti abbandonò la marina, tornò a casa e si rimise a suonare con qualche band locale. Noi l’avevamo sostituito con Chad Smith (solo un omonimo del tipo dei RHCP) e devo ammettere che la cosa ci permise di crescere parecchio.

Nonostante l’ambizione di voler fare a modo loro, andare contro le regole aprendo un album con pezzi “strani” e leggeri, farcire le strutture di intermezzi melodici e acustici, usare accordature molto basse che nessuno adottava in quegli anni, mettere cambi di tempo disorientanti, schiaffare nel cranio del pubblico le urla da aquila indignata di Kenn, nonostante questo e molto altro, gli Anacrusis non riuscivano a capacitarsi di quanto il pubblico se li filasse poco.

KENN NARDI: Già ai tempi di Reason stavamo provando a spingerci un po’ oltre il limite di ciò che era considerato metal. Da una parte volevamo essere differenti dalla massa, da un’altra non ci spiegavamo perché faticassimo così tanto ad attrarre il pubblico. Essere troppo fuori dagli schemi penso sia stata una mossa suicida da parte nostra: era quasi come se implorassimo il pubblico a detestarci.

La critica però dava ragione alla band, per quanto forse i buoni responsi sulle pagine delle riviste non facessero che aumentare il disappunto e la frustrazione verso i kids, così indifferenti e gelidi nei confronti degli Anacrusis.

KENN NARDI: All’epoca non ti dico quanto ci facessero soffrire quelle ottime recensioni. Erano piene di complimenti per noi. Sottolineavano tutte queste grandi cose sulla band, mentre l’etichetta faceva dei tentativi piuttosto tiepidi per supportarci e il pubblico girava alla larga.

Reason non è all’altezza della doppietta prodigiosa Manic Impressions (1991) e Screams And Whispers (1993) ma resta un lavoro coraggioso e sperimentale che meriterebbe il recupero. Il tentativo della band di provare a conquistare il pubblico nella diversità, facendo di tutto per distinguersi non pagò sul momento. La band infatti ci si era messa di proposito a evitare tutti quei cori, le rime, gli assoli che suonassero già sentiti o canonici, e optava sempre per una frammentarietà nelle strutture che negli anni Nardi ha individuato come causa principale dell’inascoltabilità di molti momenti di Reason.

KENN NARDI: Non ci curavamo di dare un senso agli abbinamenti. Se volevamo mettere insieme due parti apparentemente inconciliabili lo facevamo lo stesso. Questo però rendeva assai faticoso l’ascolto delle nostre canzoni.

Reason non avrà fatto guadagnare agli Anacrusis un seguito notevole al tempo del Black Album, che invece inaugurava la moda della semplificazione e linearità commerciale anche nel thrash, ma a oggi il secondo album della techno-thrash americana, di St. Lousi, Missouri, restituisce ai posteri in faccia una lezione impagabile sull’individualità artistica e la ricerca identitaria che tante band senza idee e personalità, le quali si nascondono dietro comodi principi truisti e oldschoolisti, dovrebbero imparare e applicare.