Spun è un film di Jonas Åkerlund, uscito nel 2002.
Jonas Åkerlund è il regista di Lords Of Chaos, esatto. Se c’è una cosa che mi ha sorpreso in positivo di quel film è la frase di lancio: Tratto da verità e bugie. Perfetto per definire il libro di Moynihan e Soderlind, un faldone di cronaca vera, vaneggiamenti artistici, dicerie e inesattezze che per anni è stato la base di ogni discussione sul black metal norvegese fuori da Oslo. Curioso che il regista, molti anni fa, nel 2002, abbia usato lo stesso slogan (based on truth and lies) per un filmetto abbastanza bistrattato di cui oggi si ricordano in pochi: Spun.
Omaggio a John Waters e il suo Pink Flamingos, questo piccolo esperimento, poteva essere il Trainspotting a stelle e strisce se non si fosse trattato solo, in definitiva, di una innocua e scanzonata festa tra amici. Jonas Åkerlund, approfittando della sua grande reputazione in ambito di videoclip rock e il metal, ha potuto godersi un cast notevole, una colonna sonora da sballo e persino qualche cameo dal prestigio metallico; ma questa imponente mise di elementi finisce per sotterrare una sceneggiatura davvero innocua.
Spun anticipa Breakin’ Bad per il tema della Meth, droga che qui in Italia non ha avuto un così grande exploit ma che in U.S.A. è la piaga numero uno della tossicheria da strada. Il film del resto doveva intitolarsi The Cook, anche se poi si è ripiegato sullo strambo e più musicale Spun.
Il problema di Spun è che non ha una trama. Ci sono personaggi divertenti, un buon ritmo e persino alcune sequenze cult, ma non succede praticamente nulla. Il vero protagonista della storia è questa droga fenomenale che però non conduce a improvvise mutazioni, epidemie (sapete, tipo una cosa alla Blue Sunshine di Jeff Leiberman) o a siparietti esistenziali di grande presa drammatica (come in Magnolia di Paul Thomas Anderson). Resta solo una droga fenomenale che porta i personaggi a compiere cose assurde, grandi scopate, visioni cartoonesche in chiave erotica o splatter e a situazioni di esilarante pasticceria da film comico puro. Purtroppo la spericolata cattiveria di John Waters delle origini è impossibile da riprodurre e non basta lasciar correre la cinepresa in una giungla sintetica white trash.
Bisogna ammettere comunque che, guardato senza aspettative di nessun tipo, Spun potrebbe anche essere divertente; un film della malora da spararsi a tarda ora. In fondo di scene sfiziose ce ne sono: John Leguizamo che si fa una pippa usando un calzino mentre Debby Harry se lo scopa dall’altra parte del telefono; Mena Suvari che fa la cacca; Rob Halford gestore di un sexy shop che ci prova con Mickey Rourke; una versione acustica indecente di The Number Of The Beast nei titoli di testa; e la meravigliosa Brittany Murphy a pochi mesi dal successo di 8 Miles e sette anni dalla polmonite che se la porterà via.
La cosa che mi piace di Spun è che passa dalla grottesca pantomima da fumetto indipendentista, a una specie di deriva un po’ Lynchana in cui da ridere non c’è niente. Forse nella pochezza della narrazione è il senso di una storia sulla Meth. Cosa vuoi raccontare? Gente che vive così, in un mondo alterato, dentro e fuori dalla realtà, pensando solo a farsi e a come procurarsi dei soldi per farsi ancora.
E tutti questi personaggi che balzano sulla scena come trottole, lamentandosi di non dormire da giorni e vedendo minacce ovunque, non sarebbero in grado di reggere un intreccio creativo più articolato di una barzelletta da scuole elementari: poliziotti corrotti, commesse di negozi squallidi, puttane e puttanieri non fanno che sprofondare nell’immondizia dei loro miseri appartamenti, si aggirano dentro macchine scassate, tra un pornoshop, un locale di spogliarelli e un parcheggio di periferia, sniffano e blaterano di nulla, in cerca di un altro po’ di roba, mentre la vita vera, fatta di ex che non ne vogliono più sapere e di bambini requisiti dalle autorità e mai più rivisti, affiora ogni tanto, prima di essere resettata da un incendio doloso o una castrazione a suon di pallottole.