American Gods – Una seconda stagione alla grande!

American Gods è una serie televisiva di Bryan Fuller e Michael Green

Anche nel mio antro fumoso è arrivata la buona stagione, portando con sé lunghe cavalcate e momenti di sano relax. Non poteva certo mancarmi una cascata di belle serie da gustarmi sorseggiando birra fresca davanti alla mia vecchia Tv, mentre riposo gli pneumatici in scalpitante attesa di nuove corse. Oggi, nella fattispecie, voglio parlarvi di una delle mie preferite: American Gods!

Con nuovi personaggi e situazioni intricate, che sconvolgono continuamente la percezione stessa della storia da parte dello spettatore, questa seconda stagione la riconferma come una delle migliori serie in circolazione in questo interessante periodo.

Discostandosi dal libro su cui si basa (come già successo nella prima stagione) approfondisce meravigliosamente lo studio delle personalità dei diversi protagonisti che accompagnano uno stralunato Shadow Moon (interpretato da un Ricky Wittle sempre più vicino all’espressione di un pesce lesso, passivamente trascinato nelle vicende narrate) invischiato suo malgrado nella guerra tra nuovi ed antichi dei che fa da motore alla serie.

La trama si dipana davanti agli occhi di chi guarda in maniera non lineare, sorprendendo in continuazione in modi che solo il geniale Neil Gaiman poteva architettare, con quella vivace immaginazione maturata nel mondo del fumetto, che dà ai suoi deliri la parvenza di avvenimenti del tutto credibili.

In un equilibrio precario tra l’epico ed il grottesco, sempre diverso da ciò che ci si aspetterebbe, American Gods diventa qualcosa più di una semplice messa in video del capolavoro del maestro di Portchester, piovoso sobborgo di Portsmouth in Inghilterra.

C’è di tutto in questa cavalcata folle attraverso gli States alla ricerca di nuovi e vecchi alleati, che vede Wednesday ed i suoi sodali fronteggiare un Mr. World decisamente più agguerrito che in passato, pronto a sacrifici anche importanti pur di prevalere nel confronto.

Il cast è validissimo, come in precedenza, con attori degni di accompagnare il mitico Ian Mac Shane in questa avventura. Particolarmente bravi Pablo Schreiber nei panni di Mad Sweeney il Leprecauno e Yetide Badaki, attrice che io, sinceramente, non conoscevo prima di vederla nei panni della dea africana Bilquis.

La storia è avvincente, niente da eccepire, ma la vera forza della serie resta l’ambientazione. L’occhio cinico e dissacrante di Gaiman scava nella provincia americana senza pietà, creando la sensazione che la solida realtà alla quale ci affidiamo tutti i giorni sia solo la punta di un iceberg, che nasconde miti vecchi e nuovi sotto la piatta superficie dell’ordinario.

Nelle otto puntate che compongono la stagione fanno capolino tutte le facce della tradizione, della leggenda, della mistica di un Paese popolato di genti completamente diverse tra loro. Sembrano affollare la storia del galeotto dallo sguardo triste, che viaggia su di una Cadillac Fleetwood Brougham del 1966 di nome Betty (che impersona il cavallo di Odino, Sleipnir) in compagnia del Padre degli Dei e dei suoi alleati. Al povero Moon ne capiteranno di tutti i colori, ma non voglio anticiparvi troppo.

Sappiate solo che se deciderete di imbarcarvi nella visione del poliedrico universo, bizzarro e dalle tinte oniriche, racchiuso in American Gods, vi ritroverete ad avere a che fare con treni prigione, nani posseduti dal giubbotto di Lou Reed, spiriti africani senza pace e persino con un genio mediorientale gay alla guida di un sidecar Ural 750 russo (che in realtà è l’incarnazione moderna di un cinghiale da battaglia).

Il pantheon delle divinità antiche si rivela impressionante per la diversità dei propri componenti . Il racconto delle vicende di Donar il Grande mi ha lasciato senza parole, almeno quanto l’evoluzione della storia di Laura, la moglie morta di Shadow Moon, interpretata dalla bravissima Emily Browning.

Nonostante le molte critiche che vedono la stampa accusare la serie di essersi persa in un turbine di avventure, ben presentate a livello di impatto visivo ma confusionarie sul piano della trama, a mio avviso questa seconda stagione prova invece che la storia può evolversi in direzioni non prevedibili.

Anche sul fronte dei Nuovi Dei le novità si sono rivelate interessanti, rendendo meno scontato l’esito della guerra in atto. La nuova Media (Kahyun Kim, arrivata a sostituire la Media interpretata nella prima stagione da Gillian Anderson) è insopportabile al punto di far apparire il Ragazzo Tecnologico molto meno fastidioso e Mr. Word si palesa come creatura davvero inquietante, in grado di sorprenderci più di ogni rosea aspettativa con la sua gelida mente, che nasconde un aspetto famelico sempre in agguato dietro la faccia imperturbabile di Crispin Glover.

Un ultimo plauso voglio spenderlo in favore della regia, come sempre curatissima e geniale. L’impatto visivo e visionario è parte integrante dello show e non mancano i momenti che portano chi guarda a restare a bocca aperta.