Un Holocaust durato quasi quarant’anni!

Elder Gods è l’ultimo disco degli Holocaust, uscito per la Sleaszy Rider Records.

Guarda cosa mi è capitato tra le mani! Un disco degli Holocaust! Ma che meraviglia, nuovo nuovo!

Torniamo per un attimo indietro col tempo, ma molto indietro, diciamo a quando il centauro che ora conoscete come barbuto e pelato aveva ancora fluenti chiome e linea da far invidia a un atleta. Quando cominciai a nutrirmi di metal (e birra, vabbè!) e scoprire fino in fondo il mondo del rock duro occupava almeno metà del mio tempo, gli Holocaust già erano una realtà radicata nel passato. E gente figa faceva le cover dei loro pezzi.

Band sicuramente meno fortunata di altre della NWOBHM, gli Holocaust cominciarono a tirare fuori dischi (ottimi dischi) nel lontano 1981 col bellissimo The Nightcomers, che arrivava sulla scia di un paio di vecchi Ep dell’anno prima (uno dei quali conteneva la fantastica Heavy Metal Mania, che dava anche il titolo all’EP, in seguito ripresa nel 1996 dai teutonici Gamma Ray nel loro Alive ’95).

Ma non furono solo i loro a utilizzare covers degli scozzesi (ormai trapiantati da anni negli USA), anzi, la canzone sicuramente più conosciuta del gruppo è The Small Hours, ripresa dai Metallica nel loro EP The $ 5.95 EP, Garage Days re revisited del 1987 e in seguito inclusa nel loro album Garage Inc. del ’98.

Da sempre innovativi rispetto al metal classico della prima ora , gli Holocaust fanno un genere interessante. Ruvido in certi momenti, spazia però fino a includere suoni particolari, sperimentazioni, contaminazioni elettroniche occasionali e altre soluzioni originali.

Intitolato Elder Gods, con tanto di caprone che fa la magggiaaa in copertina e basato su testi legati alle antiche divinità (che stanno diventando una costante nella mia vita, ho finito da poco di scrivere un pezzo sulla serie American Gods!) a me è piaciuto, sia nelle canzoni più decise (Elder Gods, la title track, è il momento più movimentato dell’album) che nei momenti più pacati, nei quali si respira davvero l’atmosfera adeguata a tracce intitolate Ishtar o Astaroth.

Un disco da ascoltare con calma e con attenzione (in Eon Of Horus, per esempio, ci sono momenti in cui pare di sentire un gruppo sperimentale alla Arcturus!) in grado di far pensare e di dare sensazioni piacevoli e complesse. Si nota la mano di un compositore di classe sopraffina quale John Mortimer (unico membro superstite delle vecchie formazioni) che suona anche la chitarra in tutti i pezzi oltre a cantare con una voce che in certi momenti ricorda un po’ Tom G. Warrior dei Celtic Frost!

Questo Elder Gods si presenta come uno di quei lavori che potrebbe far discutere a lungo: ha un suono strano, raffinato, difficile da assimilare a primo impatto. A me è piaciuto molto, mi ha stupito e lasciato perplesso come raramente mi succede. Pezzi come Solaris o Benedictus, esulano da qualsiasi classificazione eppure hanno un fascino difficile da descrivere a parole.

Almeno un ascolto è assolutamente consigliato!