Durante gli Anni Settanta si notava presso il pilastro di un cavalcavia della tangenziale di Torino la scritta “Dio è Vita”, dipinta magari da qualche fricchettone di quando Feltrinelli faceva saltare per aria i tralicci elettrici. Nel decennio successivo la scritta fu modificata in “Ronnie James Dio è Vita”, forse chissà da un oscuro biker di passaggio. Indubbiamente il “piccolo grande uomo” R.J. Dio (rip) fu uno dei più bravi singer del rock pesante, dai primordiali Elf, ai Rainbow poi i Sabbath, fino alla sua insigne carriera solista.
Di cantanti buoni nel Rock ne esistono davvero un nugolo da sempre. Per esempio negli Anni Sessanta forse Colin Blunstone degli Zombies stava un tantino sopra le righe rispetto alla media ma nel decennio successivo ne rinveniamo una fiumana di eccellenti: da Robert Plant al celebrato Freddy Mercury, per cui sarebbe difficile stilare una classifica sia oggettiva che obiettiva.
Non ho mai amato smodatamente i Queen però News Of the World, uscito in concomitanza all’esplosione del punk britannico, è ancora oggi davvero tanta roba…
E concordo pienamente con King Diamond, persona intelligente, quando sostiene che il top singer di allora fu David Byron degli Uriah Heep, forse anche perché fu tra i primi ad adoperare il falsetto in taluni brani.
Un autentico fuoriclasse in quanto a doti canore, peccato bevesse roba alcolica tipo un diplodoco, vizio che lo portò prima all’epilessia causata dal “delirium tremens” quindi alla morte per probabile cirrosi epatica a meno di 40 anni avvenuta nel 1985. Indubbiamente tra i più grandi di tutti i tempi il baffetto avvinazzato “easy livin’”.
Ricordo che il timbro vocale è personale e variabile da individuo a individuo esattamente come le impronte digitali, cioè 3 o 4 note uguali solfeggiate da Bocelli e da Young Signorino son sempre le stesse ma con una timbrica totalmente differente, quindi i Black Sabbath di un ipotetico universo parallelo, magari con Paul Rodgers alla voce, non sarebbero stati gli stessi del successo con Ozzy Osbourne, e di conseguenza, probabilmente dimenticati così come altre buone bands di quel periodo.
Qui sta il grande paradosso dei cantanti rock in generale, tipo Bon Scott & Brian Johnson, simili ma differenti come lo furono a suo tempo Peter Gabriel & Phil Collins nei Genesis, mentre un Axl Rose possiede una timbrica unica (anche se c’è chi lo riconduce a “Dan” McCafferty dei Nazareth, ndp) talora stucchevole ma perlopiù piacevole considerato il successo planetario della sua band.
Ian Gillan, un intoccabile della voce, comunque nei Deep Purple Mark III-IV a David Coverdale ho da sempre preferito Glenn Hughes che raggiunge il suo apice canoro nei Tony Iommi’s Black Sabbath di Seventh Star, …sarà stata la cocaina con probabilità.
Nell’Heavy Metal prolifera una selva di ottimi vocalist, dal “Metal God” Rob Halford, a Bruce Dickinson, agli stessi Dio & Ozzy, ma Paul Di Anno, per esempio, è ancora oggi amato per quello che fece nei primi Maiden della NWOBHM, laddove ricordo le lagne lamentose di Kevin Heybourne, che non ha mai amato cantare preferendo suonare la chitarra (però lo deve fare per forza, per dover di pubblico, nei suoi leggendari e seminali Angel Witch, di cui presto uscirà il sospirato nuovo album).
Non a caso i primi Metallica, dove pure James Hetfield avrebbe voluto dedicarsi solo alla chitarra, durante la loro stagione di crescita, furono per un bel po’ alla ricerca di un cantante fintanto che James si trasformò alfine in un ottimo singer, almeno dal Black Album in poi mentre, all’opposto, cioè nei Megadeth, Mustaine dovette cantare per forza con quell’iniziale attitudine rabbiosa mutuata un po’ dal punk, ricordando allora una cornacchia incazzata, per poi passare ai gemiti amorosi di un gatto randagio in calore, malgrado le innumerevoli lezioni di canto prese durante gli anni di escalation della sua band.
Occorre ribadire che senza quelli alla voce, non avremmo né Metallica né Megadeth e ne sa ancora qualcosa Lee Ving dei Fear, in quel progetto dimenticato e sepolto noto come MD.45!
E non a caso i Metallica, ai tempi del disco di esordio, avevano in mente, così come gli stessi Anthrax un paio di nomi: John Bush degli Armored Saint e Guy Speranza dei newyorkesi Riot. Il primo, tranne che nella sua band specie con l’album Delirious Nomad, non ebbe mai un grande riscontro tra il pubblico, anche quando tardivamente si unì alla band di Scott Ian, mentre il secondo risulta ed è considerato a detta di molti, forse il più grande cantante heavy di tutta la storia.
Italoamericano somigliante fisicamente all’immortale Lucio Battisti, cantò nei primi tra album dei Riot di NY, capitanati da Mark Reale (rip), fantastico chitarrista. Fire Down Under è una delle pietre miliari del primo HM ottantiano, tuttavia il precedente Narita non è da meno.
Abile pure nello scrivere i testi intrisi di western culture alla Tex Willer: la song 49er, per esempio, sui primi pionieri americani, rimane un capolavoro d’eccezione, poesia allo stato puro che pare tratta da un romanzo di Larry McMurtry!
Molto devoto alla Religione Cristiana si ritirò dalla scena prematuramente, declinando ogni offerta dal gruppi nominati sopra, per sposarsi e condurre una ditta di disinfestazione blatte & ratti in Florida.
Morì di cancro nel 2003 poco oltre la quarantina. Il suo posto fu rilevato nei Riot da Rhett Forrester nel 1982, (foto sotto) buon cantante pure lui, di stile Coverdale, il quale fu ucciso a colpi di pistola ad Atlanta in un parcheggio per un probabile regolamento di conti mafioso.
Nel 1985 Mark Reale, trapassato qualche anno fa causa tumore, assoldò tale Steve Cooper, allora considerato l’ugola d’oro, il RJ.Dio di Sant’Antonio Texas, e pure lui schiattato in seguito per insufficienza renale. Oserei scrivere che i Riot di sfiga ne hanno avuta davvero da vendere specie con i cantanti e non solo.
Una nutrita lista, una pletora addirittura, di cantanti metal sono legati a Yngvie Malmsteen, il quale, di scuola musica classica, ha sempre considerato la voce alla stregua di uno strumento musicale, quindi con la pretesa delle ottave ec. ec.
Si parte da Jeff Scott Soto, Goran Edman, a Mats Levén, Doogie White, Tim “Ripper” Owens, con le comparse di Jorn Lande e Michael Storck (solo dal vivo) fino a lui stesso (…il peggiore in assoluto come timbro vocale e per giunta stonato!).
Una notevole manciata di ottimi HM singers tra cui Malmsteen parrebbe aver sempre prediletto Mark Boals (foto sotto) probabilmente per le sue aggiuntive doti di tenore operistico, salvo poi litigarci e sputtanarlo.
Malmsteen coinvolse anche Joe Lynn Turner, cantante legato a Ritchie Blackmore, il suo idolo da sempre, e qualche cometa tipo Mark Weitz, promessa alla voce prontamente svanito sul finire nei primi Anni ‘90; comparve in qualche rehearsals prima di Turner con Odissey.
Un po’ di tutto, tra l’A.O.R con Goran Edman al Dio con gli steroidi ovvero quel Michael Vescera (foto sotto), che si dice gli avesse trombato la moglie (troia) di allora, al poliedrico doomeggiante Mats Levén fino al primo, Jeff Scott Soto, altro fuoriclasse assoluto, cantante, a parer mio, tra i migliori di sempre.
Se i Judas Priest fecero la cosa giusta durante il periodo di separazione da Rob Halford assoldando l’ottimo allora sconosciuto Tim Owens (già nominato sopra) credo che gli Iron Maiden, avrebbero dovuto davvero puntare su Soto, malgrado fosse americano e non inglese, invece di quel Bayley che piacque davvero a pochissimi, tranne che ai soliti talebani della vergine ferrosa, prima del ritorno del solito Bruce Bruce.
Ma sono solo ipotesi alternative e di pura fantasia. Per esempio, la buonanima di Scott Weiland (foto sotto), oltre che a drogarsi, sapeva davvero cantare con uno stile molto alla Bowie ma più acerbo, più “grunge” appunto, e quei Velvet Revolver con Slash non erano neppur malaccio. Dopo di lui (morto causa la solita overdose) ci avrei visto bene John Garcia (Kyuss – Unida) piuttosto che il melenso e mediocre Corey Taylor, ma il suo habitat desertico-polveroso, tra ossa disseccate al sole è ben lontano da quello lasvegasiano scintillante di $$$ relativo a Slash.
La scena punk in generale, fino al figliastro grunge, vanta qualche caposaldo tra i numerosi cantanti: Joey Ramone su tutti ed il rognoso Glenn Danzig tra alti e bassi, a partire dai gloriosi Misfits, mentre Dave Vanian, il “Bela Lugosi” degli inglesi The Damned, risulta indubbiamente uno tra i top singers di sempre.
Ian Curtis dei Joy Division sapeva cantare malgrado la depressione, così come quel vecchio fascio di Ian Stuart Donaldson, la voce skinhead degli Skrewdriver (quelli di “White Power”) mentre Carl McCoy dei Fields of the Nephilim vien di fatto considerato uno dei capostipiti assoluti del cantato “gotico”.
Intanto Richard Butler dei Psychedelic Furs vanta(va) una voce piuttosto simile a quella di Kurt Cobain che, con Chris Cornell entrambi suicidi, hanno fatto la storia del genere grunge.
Eddie Vedder invece è poco più di un banale clone del borioso pallone gonfiato Springsteen sia vocale che nel “politicamente corretto”.
Lemmy è Lemmy e non si tocca e/o si discute così come The King, tuttavia ho lasciato perdere in codesto contesto thrash / death / black metal poiché non sono contestualizzabili né i barriti di Cronos né gli ululati di Tom Warrior, i latrati trogloditi di Cannibal Corpse, i bramiti di Quorthon e neppure i sussurri oltretombali di Dead.
Niente “growling” e “pig squeal”. I soli Holy Terror vantarono probabilmente uno dei migliori cantanti thrash con Keith Deen deceduto nel 2012, mentre Attila Csihar, considerato un po’ da tutti la punta di diamante del genere deathblack, avrebbe le potenzialità di cantare ‘normalmente’ come fece nei Plasma Pool, ancor prima dei MayheM del De Mysteriis, con riferimento al suo idolo ispiratore Nivek Ogre degli Skinny Puppy… e chissà mai, potrebbe ancora sorprendere magari qualcuno.