Rignir è il decimo album della storica band pagan black norvegese Helheim prodotto dalla Dark Essence Records.
In scena dal lontano 1993, gli Helheim nascono a Bergen, città nota non sicuramente per le sue spiagge soleggiate bensì per un clima di merda dove anche nelle stagioni più “calde” la temperatura più alta avvertita riuscirebbe probabilmente a refrigerare i Polaretti della Dolfin senza ausilio elettrico.
Una agghiacciante atmosfera, dunque, che sicuramente potrebbe essere apprezzata dai sadici o dai misantropi più sfegatati, ma che probabilmente è stata di ispirazione, sin dagli arbori della discografia, per la band dal pagan più scuro e serio in circolazione.
Gli Helheim sono tra le poche storiche band con un culo alla Jennifer Lopez per non portarsi dietro tragiche storie di membri deceduti, assassinati, morti assiderati per la loro troppa trve paganosità danese o semplicemente vittime di calamità norrene perché, ancora una volta, la Norvegia ha un clima del cazzo (ricordiamo Valfar dei Windir e brindiamo ancora in suo onore).
La formazione resta fortunatamente immutata con i tre founder V’gandr alla voce e basso, Hrymr alla batteria, H’grimnir come chitarra ritmica e seconda voce e infine Reichborn alla chitarra dal 2008, ovvero da quando il vecchio chitarrista Thorbjørn lasciò la band per darsi al prog rock. Contento lui.
La discografia degli Helheim la si può dunque paragonare a una succulenta milf che migliora col tempo e che ha sempre qualche nuovo fetish nell’armadio da sfoderare al momento del bisogno. Rignir è per l’appunto un nuovo appetitoso gioco erotico capace di regalare alle nostre orecchie ben 54 minuti di estasi con annessi diversi orgasmi multipli.
È un album apparentemente lineare e poco complesso ma che fa della sua semplicità un punto di forza. Si lascia ascoltare pacatamente anche se per cogliere la sua più pura e fredda essenza bisogna ripetere l’ascolto alcune volte.
Cosa che non risulterebbe per nulla faticosa grazie alla presenza di riff genuini e l’utilizzo geniale e non forzato della voce pulita del frontman che fa quasi da narratore a questo sogno desto ma tormentato dal nome Rignir.
È esattamente ciò che ci si aspetta quando si parla nell’immaginario di pagan metal. No scudi, elmi cornuti, asce e tette di shieldmaiden ma un’esplorazione onirica nella mitologia scandinava più spirituale che guerrafondaia.
L’alternata copiosità di riff diretti e più elaborati poi rende l’ascolto di Rignir un coinvolgente momento mistico capace di isolare mente e corpo dalla sedia esattamente come avviene durante ascolto delll’ultimo pezzo dell’album, Vetrarmegin, ammaliante sin dai primi pizzicati (il quale nome ricorda vagamente quello di pomate a uso vaginale).
Non per nulla gli Heleim si trovano dal lato buono del pagan metal, pagan black in questo caso, con di fronte schiere infinite di band simil “amonamarthiane” che sotto la cotta di maglia hanno i muscoli di Christian Bale in The Machinist, riuscendo, buon per loro, quasi a evitare il fandom bieberiano (aspé, ma si usa ancora perculare Bieber?) fatto di rune e altre tamarre vichingosaggini che circondano ogni malcapitata band che osi inserire la parola Asgard più di una volta nei propri testi. O magari solo anche una.
Con Rignir gli Helheim ancora una volta ci confermano di essere belle bestie del pagan dalla tecnicità, professionalità e serietà tipiche dei musicisti di stampo scandinavo, donandoci una produzione matura e sonoricamente perfetta.