1 – PADRE PERDONAMI MA HO MOLTO PECCATO! (leggi anche la prima parte)
Dopo tre anni da chitarrista di Ozzy Osbourne, Jake E. Lee può ritenersi soddisfatto di se stesso. Ha scritto un disco di successo; è riuscito a rispondere colpo su colpo ai detrattori; e la sua reputazione è schizzata in alto in tutto il mondo. Quando però arriva il momento di iniziare a metter mano al successore di Bark At The Moon cominciano a venire a galla problemi ben più seri: si tratta di quella che Lee e Bob definiscono come “la faccenda dei diritti”.
Sapete perché in “The Ultimate Sin” mi hanno riconosciuto i diritti sulle canzoni? – dice Jake. – Perché mi avevano fregato sul disco precedente. Ma era facile ingannarmi allora. Mi avevano promesso che avrei avuto i diritti sui pezzi ma ero giovane, non avevo un manager o un avvocato, ero solo io. Fin dall’inizio a un musicista viene detto che ogni cosa che scrive e pubblica diventa automaticamente sua. Io stavo scrivendo le canzoni per Ozzy, sarebbero state pubblicate, quindi era tutto ok. Quando capii che non avrei ottenuto i diritti delle cose che avevo scritto ne rimasi sconvolto. Ma pensai: ok, cosa posso fare? Se me ne vado, per Ozzy non c’è problema, trova un altro chitarrista e va in tour. Voglio essere ricordato come quel tizio che suonò nel disco di Ozzy e poi, siccome ebbe un problema con lui, non andò in tour e sparì dalla circolazione? No. Dovevo andare in tour.
E siamo d’accordo che sia giusto così, Jake. Per quanto sia dura tu vai fino in fondo a tutto e pace. Poi attendi il gran momento e fatti valere. Un giorno mi dissero: “Ehi, bello, facciamo un altro disco” e io allora risposi, “OK, ma questa volta, sapete una cosa? Voglio firmare il contratto prima di iniziare a registrare. Non voglio rompere le palle a nessuno ma nemmeno essere fottuto di nuovo.
Il lavoro sul disco comincia senza Ozzy. Lui è a disintossicarsi da alcol e droghe presso il Betty Ford Clinic. Il cantante non ci va di sua spontanea volontà, però. Sono stato ingannato – dice – Sharon mi convinse dicendomi che era un club in cui mi avrebbero insegnato a bere come un gentiluomo. Sono arrivato e ho chiesto a Betty dove fosse il bar.
Con il singer ricoverato e Jake che fa ostruzione sulla firma del contratto, la situazione è a un impasse e ci vuole un po’ per sbrogliarla. Alla fine il chitarrista ottiene ciò che vuole e risolti i problemi con lui, ne cominciano altri con Bob, il quale decide di essere stufo e che è ora di piantare tutto.
Ozzy era via e Bob ci aveva mollato così su due piedi – dice Jake – io però iniziai a darmi da fare per conto mio. Mi procurai una drum machine e registrai una serie di idee. Non scrissi melodie o testi sopra quei riff perché Ozzy li avrebbe poi cambiati, ho scritto solo la musica, qualche coro, un bridge. Alla fine ne ricavai circa 12 tracce e quando lui uscì dalla clinica Betty Ford glieli feci sentire. Metà finirono sul disco.
Ma perché Bob se ne è andato così all’improvviso? Da morir dal ridere – dice lui – Un giorno sono caduto e mi sono fatto male a una gamba. E loro mi hanno licenziato perché non ero in grado di esibirmi. Ozzy stava in clinica e chissà quando ne sarebbe uscito ma se lo avesse fatto immediatamente e il giorno dopo fosse cominciato il tour, io non sarei stato in grado di salire sul palco con lui. Quindi arrivederci. Sei fuori, Bob! Al mio posto assunsero un certo Paul Soussan. Peccato che dopo poche settimane fui richiamato per lavorare ancora ai testi; ma lo feci senza lo spirito di chi è parte di una band. Fu tipo un normale lavoro retribuito, professionale. Ecco i testi, dammi i soldi e arrivederci. Sono contento di non essere parte di “The Ultimate Sin”. È l’unico che non mi piace dei dischi di Ozzy.
Quanto a Paul Soussan, il suo ruolo finisce per essere decisivo. Inglese d’origine ma trapiantato in America, il bassista si fa conoscere con i Wildlife, band in cui alla batteria suona Simon Kirke (batterista inglese ex Free e Bad Company). – Io e i Wildlife registrammo quello che sarebbe stato l’ultimo album della Swan Song Records e fu in quell’occasione che incontrai Jimmy Page – dice Paul. – Gli sono piaciuto al punto di chiedermi se volessi suonare nella sua band. Facemmo un po’ di prove ma nessuna esibizione dal vivo. Durante quel periodo suonavo anche con un tizio di nome Robin George. Con lui andai in TV e Ozzy mi vide.
Jimmy Page è reduce da una lunga pausa iniziata l’indomani della morte di John Bonham. Non ha programmi precisi, solo rimettersi a far musica con alcuni comprimari fidati e Paul Rodgers alla voce. Paul Soussan potrebbe essere parte della line-up dei Firm, ma gli Osbourne lo rilevano poco prima che questo possa accadere. – Mi chiesero di fare un provino con Ozzy ma esitai. Parlai prima con Jimmy e lui mi disse di andare, non era certo di quanto ancora ci sarebbe voluto con i Firm. Così io e Page ci lasciammo da amici.
Paul Soussan non è semplicemente un turnista capace, ma un compositore decisivo per The Ultimate Sin.
Ozzy stava provando vicino a Brighton, in Inghilterra, e lo raggiunsi lì. Dopo qualche jam insieme a lui e la band mi disse che il lavoro era mio. Mi ero fatto strada tra alcuni dei migliori bassisti di tutto il mondo, quindi niente male. E così mi precipitai a Londra per finire un impegno discografico con Robin George e poi lasciai tutto quanto per Ozzy.
Paul Soussan ha un pezzo speciale per le mani e decide di proporlo a Ozzy, come dono di buon auspicio per una lunga e fruttuosa collaborazione. Il brano diventa l’hit di maggior successo dell’intero disco: Shot In The Dark. La canzone in origine è pensata in stile AOR per il gruppo Wildlife di Soussan e Kirke, ma filtrata attraverso il sound tipico di Ozzy, diventa una bomba heavy molto commerciale.
Il pezzo è una sorta di metafora sul desiderio di cambiamento – dice Soussan – parla di qualcuno che vuole finire ciò che è stato e poi voltare pagina! Letteralmente, è uno che gira le spalle a quella che è stata la sua vita! Ho presentato la versione originale del testo e della musica a Ozzy e lui se ne è innamorato. Ha apportato alcune modifiche alla struttura, aggiunto un po’ di melodia e ha inventato la parte appena prima dell’assolo. Poi mi ha chiesto di fare qualche cambiamento nelle parole, solo un poco, giusto per renderlo un tantino più oscuro, sai, vicino al suo stile di principe delle tenebre e tutto il resto.
La canzone all’inizio era in MI – dice Jake – il giorno prima di andare in studio però, quasi per caso, venni a sapere che era stata abbassata in RE. E perché mai, domandai. Ron Nevison, il produttore mi rispose: “Sì, abbiamo tutto di un tono in modo che la voce di Ozzy funzioni meglio”. Bel cazzo di lavoro! Quando pensavano di informarmi? Beh, ho avuto una sola notte per capire come accordare tutto e suonarla in RE. E credimi, non è stato così semplice come può sembrare. Riguardo la qualità devo dire che ne ho scritti di pezzi così, sono brani votati alla pura commercialità. A dire il vero non ero tanto convinto che fosse adatta per Ozzy ma Ron ne era entusiasta, quindi, figurati!
Ron Nevison, il produttore. Nel suo curriculum prima di Ozzy, c’è Nightlife dei Thin Lizzy, l’esordio dei Survivor, tre album storici degli UFO e l’omonimo delle Heart. Tra Jake E. Lee e Ron per The Ultimate Sin non è un idillio e le cose continuano a rimanere tali anche dopo più di vent’anni dalle registrazioni di quel disco.
Beh, se devo essere sincero era difficile lavorare con lui – dice Jake. Non ha una mente molto aperta; sente le cose a modo suo e pensa che sia il modo in cui dovrebbero essere fatte. E io però sentivo le cose in un altro modo e pensavo che fosse quello giusto per farle. Ma con lui non c’era compromesso. Quindi la questione era semplice: chi sosteneva più a lungo la propria idea, chi non mollava, vinceva e si faceva come diceva lui.
Interpellato a proposito di Jake e quei giorni, Ron Nevison non può fare a meno di ridersela di cuore – La verità – dice – è che Lee avrebbe voluto essere il produttore dell’album, purtroppo però ero io a occuparmene. Mi dispiaceva per lui ma così stavano le cose. E poi aveva certe pretese che non vi dico. Tipo che voleva lavorare da mezzanotte alle otto e non era mica tanto facile, no? C’è più di una persona in uno studio d’incisione. Che dire di tutti quelli alla reception … e dei secondi ingegneri e addetti alla manutenzione? Io gli dissi, scordatelo! Ma a proposito di compromessi ti assicuro che ne facemmo uno proprio in questo caso. Finimmo per accordarci alle sei di pomeriggio, come orario per cominciare. Comunque sai, Jake era un ragazzo un po’ strano. Era… era uno che non si drogava. E in quel giro è quantomeno stravagante, non ti pare? Lui era in fissa con lo Zen, le arti marziali… Non so in cosa fosse coinvolto. Ma era un chitarrista fantastico. Non ho mai avuto un vero problema con lui. Se ha avuto un problema lui con me, non me l’ha mai detto. E la cosa non mi sorprende.
“The Ultimate Sin” – ricorda Jake – ha suscitato più di qualche polemica per via delle tastiere (a cura di Mike Moran, ex Heart e Gilln) – i vecchi fan non ne furono entusiasti. Io però credo che sia un ottimo lavoro e di sicuro contiene il brano migliore che abbia mai scritto per Ozzy: “Killer Of Giants”.
Il disco all’inizio dovrebbe intitolarsi proprio così, Killer Of Giants, un pezzo che parla del problema nucleare, ma dopo averci pensato a lungo, Ozzy mette in secondo piano l’impegno sociale e opta per The Ultimate Sin, così da continuare sulla sicura e redditizia strada del sacrilego e l’immondo.
Grazie al successo del singolo Shot In The Dark, mandato fino alla nausea su MTV, e un tour in cui la nuova formazione suscita entusiasmo ovunque, The Ultimate Sin diventa un grande successo. Ozzy offre al proprio pubblico spettacoli sempre più appariscenti e imponenti. Durante il tour – dice Oz – il mio numero fisso era di farmi calare dall’alto rannicchiato in grembo a un’enorme Buddha d’oro. Ed era ok così, perché per come la vedo io, un concerto deve essere sempre qualcosa di speciale e indimenticabile, una specie di rissa controllata e un evento quasi liturgico.
Dopo i Crue, nel tour precedente, stavolta sono i Metallica di Master Of Puppets a supportare Ozzy, che lascia il segno con un look basato su massicce dosi di lacca e un lavoro interminabile col phone. La pettinatura glam gli vale il soprannome di “casalinga isterica” da parte dei fan.
Il 1986 è anche l’anno del grande processo contro Ozzy accusato di istigazione al suicidio con il brano Suicide Solution. La cosa buffa è che l’album trovato sul piatto del ragazzo che l’avrebbe fatta finita perché influenzato dai messaggi persuasivi e occulti incisi al contrario da Osbourne è Speak Of The Devil, che in scaletta non presenta il pezzo incriminato. Ne viene fuori una farsa e una gran pubblicità per i dischi di Oz e tutto il metal.

Lo stesso anno esce Trick Or Treat, film horror diretto dall’attore Charles Martin Smith (noto per l’interpretazione di Oscar Wallace in Gli Intoccabili di De Palma) che prende in giro tutta la faccenda. Da noi è uscito col titolo Morte a 33 giri e Ozzy vi compare nel ruolo improponibile ma azzeccato di un predicatore televisivo determinato a mettere al bando i “dischi di Satana”. C’è anche Gene Simmons nella parte di un saggio d.j. rock and roll.
Nonostante le polemiche e le accuse, il 1986 inaugura la fase “stavolta rigo dritto” di Ozzy. Le sue prime dichiarazioni a riguardo sembrano piuttosto promettenti anche perché abbastanza realistiche e confermate dall’aspetto un po’ più in salute, se confrontato alle ultime apparizioni pubbliche. – Ho cominciato a fare un sacco di jogging – dice – una roba come tre miglia al giorno. Ho conosciuto un tipo che mi ha raddrizzato le ossa, un chiropratico. Si chiama così. Faccio anche idroterapia. Mi succhiano via la merda dal corpo. Mi ripuliscono alla grande. Quanto al bere non ho smesso ma mi regolo. Non bevo più in modo estremo come una volta. Solo un po’ di vino e di birra. Tutto qui. So che dovrei smettere del tutto ma non ci riesco.
E con grande fervore si inizia a pensare al disco nuovo. I problemi però sono subito chiari intorno alla figura di Jake E. Lee. Secondo Phil Soussan, già durante il tour, il chitarrista inizia a isolarsi sempre di più, invece di partecipare ai festeggiamenti scatenati dopo le esibizioni. Quando poi la band si mette al lavoro sulle nuove canzoni, Jake si presenta sempre in ritardo alle prove, finché la sua condotta diviene così irrispettosa e intollerabile da giustificarne allontanamento. – Stavamo scrivendo il terzo disco – dice Jake – e io iniziavo a sentirmi un po’ costretto in quei soliti parametri. Perché fondamentalmente un album di Ozzy doveva essere metal e io mi stavo annoiando davvero di brutto a suonare quel genere di cose.
Leggenda vuole che Jake sia licenziato da Sharon Osbourne con un telegramma, senza una vera motivazione. – No. No e no! – assicura Lee, – Posso onestamente dire che non ho mai ricevuto un telegramma in vita mia da Sharon o qualcun altro degli Osbourne. Non so nemmeno come funzioni un telegramma. In realtà, ho scoperto che me ne stavo andando senza neanche sospettarlo… Sharon Osborne mi chiese solo di andare a cena con lei perché voleva parlarmi di qualcosa. Così uscimmo insieme e fu una cena meravigliosa. Sai, era tutto sul suo conto, una cena bella e costosa. E chiacchierammo parecchio. Poi lei disse: “OK Jake, torniamo in hotel, ho ancora bisogno di parlarti”. E io: “Va bene, Shar, andiamo”. E in albergo conversammo ancora un po’ ma non venne fuori nulla di importante, solo un po’ di pettegolezzi. Poi uscii dalla sua stanza e tornai al mio alloggio. Il mio compagno di camera, che era il mio tecnico delle chitarre, mi vide arrivare e mi chiese subito con aria contrita: “Allora amico, come va?” E io gli risposi: “sto bene, perché?” E lui: “ho appena incontrato Phil e lui mi ha dato la brutta notizia”. E io: “quale brutta notizia?” E lui: “Mi ha detto che stasera saresti stato licenziato”. “E io: “Cosa ?! No, un momento, ma io ho appena parlato con Sharon per delle ore, sono appena uscito a cena con lei, se sono licenziato, lo saprei, non credi?”. E lui disse: “Beh, non è quello che dicono gli altri”. Allora ho pensato, va bene, voglio chiarire questa cosa. Ho telefonato a Sharon e lei mi ha confermato che era così. “Oh … Bene, ok …”
Ozzy chiama Jake il giorno successivo. Vuole augurargli buona fortuna. Gli dice che per lui è arrivato il momento di allargare i suoi orizzonti, spiegare le ali e insomma, fare la cacca in testa alla gente e tutte le cose che combinano gli uccelli. Poi ha riattaccato. – E questo è tutto ciò che ha detto – dice Lee ancora incredulo. – Non ha detto altro, mi ha augurato il meglio e quella è stata l’ultima volta che ho parlato con lui. Non pensavo che ci fosse del rancore tra di noi. Ma in tutte le interviste che ha rilasciato dopo mi ha letteralmente fatto il culo. Ha detto che non poteva lavorare con me, che ero egoista e arrogante. Ha detto cose di ogni genere su di me. Non so da dove venisse tutto questo risentimento, ma alla fine credo di averlo capito. Penso che abbia avuto un sacco di problemi dalla casa discografica per avermi licenziato. Non necessariamente dagli altri musicisti, ma forse dall’etichetta. Sai, insomma, tu hai un grande album come “The Ultimate Sin” e non vogliono sentirsi dire che hai appena licenziato il chitarrista e compositore principale. Penso che la cosa si sia ritorta contro di lui, dopotutto. Mandarmi via non deve essere stato bello e così ha dovuto farmi sembrare una persona orribile con cui lavorare. Ci ho sofferto per un po’ ma non ho mai detto niente perché non avevo rancore verso Oz, e non volevo entrare in guerra con gli Osbourne. Sapevo che non ci sarebbe stato modo di vincerla“
Secondo Jake il motivo della sua fine dei rapporti con Ozzy è ancora sconosciuto ma su chi l’abbia favorito ha le idee piuttosto chiare: – io e Soussan non avevamo un buon rapporto – dice. – L’ultima volta che ci parlai, Randy Castillo mi disse che Phil voleva essere il principale autore di canzoni perché “Shot In The Dark” l’aveva scritta lui ed era stato il grande successo di “The Ultimate Sin”. Paul quindi stava sussurrando all’orecchio di Ozzy: “ehi, non abbiamo bisogno di Jake. Scriveremo noi da soli un mucchio di successi”. Insomma, so per certo che ha parzialmente contribuito al mio licenziamento.
Phil Soussan però non dura molto nella band, dopo l’uscita di Jake. – L’ho detto e lo ripeto senza problemi – dice il bassista – ho avuto delle divergenze sui diritti editoriali con Sharon Osbourne e questo mi ha fatto capire che era ora di lasciare il nido e andare avanti per i fatti miei; dopotutto, ciò che facevamo (e avremmo fatto) in quella band era lucidare la corona di Ozzy, e prima o poi arriva per tutti il momento di inseguire i propri sogni.
Paul durò poco nella band – dice Jake – perché le stesse persone che avevano liquidato me senza troppe difficoltà finirono per comportarsi male anche con lui. E pensare che io gli avevo pure salvato il culo due volte in tour a causa delle sue buffonate sul palco. Ozzy voleva licenziarlo e io lo feci ragionare. Quindi il fatto che Phil abbia incoraggiato il mio licenziamento e poi sia durato solo un paio di mesi dopo che mi mandarono via, vuol dire solo una cosa: Karma, Karma Motherfucker!
Continua…