Shehili è il quinto disco dei Myrath, prodotto dalla earMUSIC.
A volte mi chiedo se chi mi fornisce i dischi da recensire abbia una stupefacente capacità di lettura del pensiero. Un esempio: dopo ore che cerco di decidere di che tonalità dipingermi la carrozzeria in vista delle prossime vacanze in terre lontane, con un imbarazzante dubbio tra il nero opaco come la notte e il color sabbia, più adatto alle cavalcate nel deserto con gomme tassellate e griglie sui fari, mi ritrovo tra le mani un soffio di vento del Sahara formato musica come questo bel Shehili, ultimo album del gruppo tunisino Myrath.
Mentre già mi accingo a trafficare col colore del deserto, perché il destino ha parlato e non sia mai che non diamo retta ai segni del fato a Sdangher, metto su il disco e mi immergo nel miraggio di questi metallari dai suoni esotici (e dalla produzione migliore di molti album ascoltati ultimamente).
I Myrath si sono formati nel 2001, cominciando a suonare con il nome Xtazy, cambiato poi in Myrath nel 2006, quando da band prevalentemente dedita alle cover si trasformano in gruppo progressive metal dalle influenze marcatamente folk (e intendo che lavorano con parti in arabo, strumenti etnici, melodie dal gusto mediorientale).
Non sono dei novellini, questo si evince chiaramente dalla loro preparazione tecnica e dalla buona capacità di esibirsi sui palchi, che li ha portati ad accompagnare nel 2011 gli israeliani Orphaned Land (gruppo dalle sonorità decisamente più orientate verso un death metal sinfonico con influenze folk e doom, punta di diamante del panorama metal orientale) in tour.
La loro musica è bella e varia, pezzi come You’ve Lost Yourself si fanno ascoltare con piacere e dimostrano che il metal non ha davvero frontiere. I Myrath sono in grado di creare un mix di influenze unico, che riesce a fondere oriente ed occidente in melodie adatte ad un pubblico ampio, senza peraltro mai rinnegare la propria attitudine prog metal.
La chitarra di Malek Ben Arbia lavora benissimo costruendo assoli come quello alla fine di Dance, che si sposano alla perfezione con l’insieme. La voce di Zaher Zorgati è originale, ha un timbro che sa adattare alle più disparate situazioni.
La vera forza dei Myrath resta comunque la loro meticolosità; basta ascoltare un piccolo capolavoro come Mersal per rendersi conto che il materiale che questi ragazzi hanno realizzato è impagabile e certosino.
Questo Shelili è un gran bel prodotto, confezionato con una copertina evocativa, che sa di mille e una notte e venti caldi che spirano tutto intorno. Contiene una dozzina di brani piacevoli e ben suonati e si apre con un’intro suonata con strumenti a fiato e cantata in arabo, che ci mette subito nella giusta atmosfera esotica e ci dice fin d’ora che questo si tratta di un lavoro diverso da quelli ai quali siamo abituati.
I testi sono simpatici, anche qui riprendono la tradizione mitologica locale, tra geni, magie e prodi guerrieri. Tutto molto fantasy in salsa orientale, curatissimo e accattivante.
Ho reperito in rete anche un paio di video davvero carini, quello di Dance e quello di No Holding Back, strutturati come racconti fiabeschi, volutamente semplici e ingenui nella realizzazione, che ricordano i cari vecchi film avventurosi stile I viaggi di Sinbad, pieni di tappeti volanti e biscioni a tre teste.