Le parole più cercate su google 2019 è un articolo di Francesco Padrecavallo Ceccamea per Sdangher.com
Forse molti di voi che leggono i miei domenicali non se ne sono accorti perché so che c’è una fetta di pubblico che è interessato solo a questo tipo di articolo libero, biografico spinto, all’insegna del maso-outing o dello sclero, ma ho cambiato un po’ il mio approccio riguardo i pezzi in cui mi occupo di musica e di cinema.
Dopo una sfilza di editoriali in cui dicevo addio alla recensione, negli anni scorsi, senza mai smettere effettivamente di recensire, ora ho pensato di evitare un nuovo proclama e darmi da fare sul serio a cercare una forma di articolo alternativo in cui possa approfondire, dar sfogo alla passione su una band, un album o un film, senza che il nocciolo di tutto sia il mio rispettabile ma superfluo gusto.
Scrivere senza recensire è stata una sfida stimolante ma ho dovuto sforzarmi parecchio e ho avuto bisogno di molto più tempo per realizzare qualcosa di coerente e presentabile. Un conto è spararsi un disco e far parlare la pancia (non ho nulla in contrario se gli altri lo fanno, badate) e un conto è tentare approcci diversi, magari narrativi, comparativi e indagativi senza scivolare nel “secondo me è una merda” o “scaricatevelo di corsa”.
Per tagliar corto: è un sacco di lavoro. Quindi la media delle pubblicazioni è un po’ diminuita. Ma le visite sono praticamente le stesse.
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Ecco il punto. Non volevo parlarvi di cosa scrivo io, ma delle cazzo di visite.
Premesso che visita non significa lettura e tantomeno apprezzamento, però tutti noi che scriviamo su internet, tendiamo a parlare di visite per definire un riscontro che equivale o meno al gradimento e al successo. Il mio pezzo ha ottenuto 4000 visite in un’ora è come dire: ho fatto goal. Se poi si domanda di cosa parlava il pezzo, magari il goal diventa un autogoal per il mio amor proprio, ma questo è un altro discorso. Non voglio giudicare nessuno. Tutti qui scriviamo per essere letti e vorremmo riuscirci sempre, anche a costo di occuparci delle cose che sappiamo possano interessare il maggior numero di gente.
Ecco, cosa interessa alla gente?
Ultimamente ho notato, girando su facebook (il grosso delle visite a Sdangher casca da lì) che sono diminuiti tra i miei contatti i post con la condivisione di contenuti. Certo, tutto è contenuto, ma io intendo articoli, approfondimenti, pezzi presi da siti e blog che qualcuno legge, si ritrova stimolato e finisce per condividere con altri amici di facebook allo scopo di diffondere lo stimolo, quale esso sia, e magarai provocare un flame di commenti sotto.
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Nessuno lo fa quasi più. Ciò che il mio mondo (quasi 4500 contatti) fa su facebook è condividere memes, Salvini (roba a favore e roba contro), fake news, cazzate, cazzatine, tette, addominalil, notizie sul mal tempo, selfie e frasi più o meno profonde su sfondo verde o rosa. Non voglio dire male di chi fa queste cose. Anche la mia bacheca è piena di meme assurdi e nessun articolo preso dal Washington Post.
Però qualche anno fa pure io condividevo editoriali e pezzi approfonditi su un gran numero di cose, utili per un dibattito. Ma ho smesso. E anche la maggior parte di voi. Non so perché abbiate scelto di evitare un’attività simile, ma presumo sia perché l’abbiate giudicata infruttuosa e frustrante. Non so cosa ne possiate pensare ma so cosa ne penso io. Quindi approfitto e mi interrogo, cercando di rispondermi con la massima sincerità.
Padrecavallo, perché hai smesso?
Ho smesso perché nessuno leggeva ciò che condividevo.
Ho smesso perché molti commentavano solo dopo aver letto il titolo, che era quasi sempre fuorviante e provocatorio.
Ho smesso perché a un certo punto la smania di condividere mi spingeva a farlo senza perdere tempo a leggere ciò che condividevo. E nessuno leggeva prima di commentarlo. Quindi finivamo per parlare di tutt’altro.
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Grazie, Padrecavallo.
Non ho finito. Ho smesso perché nessuno a un certo punto commentava più. Anche senza aver letto. E alla fine pure io ho evitato le discussioni. Prego, ora ho finito.
Non so voi ma io nel corso degli ultimi anni mi sono ritrovato a scrivere, diverse volte, commenti sotto un post di altri e poi non ho premuto invia. Dopo varie esperienze frustranti e dannose ho capito nel profondo, che discutere su facebook è un po’ come sbattere il pene contro una lastra di ghiaccio: sgradevole e inutile.
Però guardatemi: non condivido articoli e non leggo praticamente più nulla per il semplice gusto di leggere e informarmi, ma produco contenuti ricchi, sempre più ricchi, ricchissimi. E poi mi dispiace perché nessuno li legge o per lo meno li condivida a cazzo.
Probabilmente il motivo per cui la gente non legge in massa le cose che scrivo è perché:
la maggior parte di loro non è interessata.
La maggior parte di loro non ha tempo da perdere a leggere dal cellulare un mio pezzo di otto cartelle su un album semisconosciuto del 1991 di una band dimenticata, per quanto accurato e intrigante possa essere.
La maggior parte di loro non esiste.
Io non esisto.
Va beh, le ultime due mi portano su un piano metafisico che non è questa la sede di approfondire.
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Io sono convinto di fare bene così. Mi diverto a scrivere un lungo pezzo sul Brian Yuzna minore o magari i Kiss anni 80, e lo faccio per lo stesso motivo che spingeva Ted Bundy a fare le sue cose: perché mi piace. Se qualcuno apprezza tanto meglio. Ammesso che il pubblico sia ancora interessato a degli articoli, dovrei, immagino fare l’esatto contrario: scrivere di ciò che interessa loro, farlo con meno parole possibili (1200 battute al massimo) e non divertirmi.
Ecco le parole più cercate su google nel 2018
1) Mondiali
2) Sergio Marchionne
3) Cristiano Ronaldo
4) Fabrizio Frizzi
5) Grande Fratello
6) Governo
7) Elezioni 4 marzo
8) Sanremo
9) Avicii
10) Davide Astori
I Mondiali? Ma ci sono stati i Mondiali nel 2018?
Marchionne lo conosco, ok. Ronaldo, pure. Frizzi anche. Due morti su tre, segno che la principale cosa che interessi gli utenti è la gente che muore. Su questo posso anche cimentarmi.
Grande Fratello? Oh, ma questo è un Evergreen. Anni fa mi pare di aver letto che stesse andando male con gli ascolti e che il pubblico preferiva ormai i talent show. Il talent show in un certo senso ha messo a tacere la gran quantità di critiche sulla totale mancanza di talenti dei concorrenti del Grande Fratello. Stavano lì perché dovevano star lì. Venivano guardati perché stavano lì e diventavano famosi perché restavano lì. In TV. Oggi non so come gli vada, ma continua a essere una chiave di ricerca molto opzionata, quindi Grande fratello rula ancora.
Governo. Elezioni 4 Marzo. Va bene, la politica è sempre la politica, d’accordo.
E anche San Remo è sempre San Remo. Possiamo andare sulla luna ma continueremo a parlarne.
Ma che cazzo è Avicii.
E chi sarebbe Davide Astori? Un altro morto?
Questo elenco dice una cosa fondamentale. Io e la massa viviamo vite troppo distanti. Sdangher vive troppo distante da qualsiasi cosa interessi la massa. Pensavamo che il porno ci avrebbe avvicinati a loro, ma ci sbagliavamo. Il porno ci è costato un bannaggio epocale che ha finito quasi per disintegrare tutti i nostri contenuti faticosamente accumulati in quattro anni. Oggi ne abbiamo sette, mi pare.
Le mie chiavi di ricerca personali sono state queste nel 2018, più o meno.
1) Free porn
2) Metal Tracker
3) Horse
4) Rarbg
5) Charles Manson
6) Francesco Ceccamea
7) Opensubtitles
8) Imdb
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Cazzo, fatico ad arrivare a dieci. Oltre a notare la grande disparità al confronto del resto degli italiani, quello che mi salta all’occhio è che non c’è un sito di lettura, un blog… nulla che io bazzichi ancora. Quelli che frequentavo sono ancora in piedi ma non ci vado più.
Di buono c’è che non abbocco più nemmeno a quei pezzi dai titoli forti e provocatori e tantomeno mi lascio abbindolare dalle notizie fasulle. Sono cresciuto.
Tanto si parla ancora del SEO ma vi assicuro che nonostante il gran lavoro di indicizzazione fatto sia con il nostro webmaster nella pagina restauratrice di gennaio che su ogni singolo articolo scritto prima e dopo, non ci sono stati miglioramenti nella media visite.
Ormai, come dice Chiara Pani, c’è chi si è inventato una professione grazie al SEO. Purtroppo questa indicizzazione nei motori non è così utile se nessuno cerca più su google. Io non cerco quasi più. Voi non cercate quasi più, immagino. Certo, se vi serve un albergo economico vicino a dove andrete in vacanza immagino che possiate scrivere Albergo Arezzo Economico. Ma pure qui avrete un sito da cui cercare… o una cacchio di applicazione. Non me ne intendo molto ma sono quasi sicuro che su google ci andiate davvero poco rispetto a prima. Quindi non è il SEO che ci salverà.
Guardando le statistiche di Sdangher, io e gli altri cavalli abbiamo scoperto che i visitatori entrano a prescindere. Scrivono Sdangher e basta. Non sono gli argomenti ma il nome. Vogliono vedere cosa c’è di nuovo, la maggioranza di loro. Non arrivano giapponesi in cerca di clisteri ai polipi o pugliesi che mettono insieme porno e cavalli.
La maggior parte del tempo usiamo i social per aggiornarci su tutto. Saltiamo dentro e vediamo cosa ci capita davanti. E i social sono imbuti in cui ci lasciamo risucchiare e stiamo lì a condividere cose già condivise da altri.
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E non sto dicendo che prima era meglio. Non è mai stato meglio. Ora è semplicemente più uno svacco. Nessuno se la tira più tanto su facebook. Adesso vanno a tirarsela su Instagram.
Internet è senza dubbio stata una gran cosa. Non ci ha ridotti così. Ha solo messo a nudo quanto eravamo ridotti male, secondo me. Grazie a internet abbiamo scoperto gli analfabetismi affettivi, cognitivi, relazionali. Prima avvenivano dentro i bar, nelle cabine telefoniche o intorno alla TV. Oggi tutto si è spostato in rete.
Anzi, con la rete la gente ha ricominciato a scrivere e a leggere.
Direi che è una gran cosa mostrare a noi stessi quanto siamo messi male. Di sicuro non ha rappresentato uno strumento per migliorarci. Semmai ci vizia in queste incapacità. Molti morti di fica mandano foto di peni e aspettano fiduciosi che lei cada ai loro piedi. Molti altri leggono a cazzo e scrivono usando una sintassi degenerativa e tanti si vogliono bene da morire e si bannano in un mese senza mai essersi incontrati.
Tutto questo è la realtà. Virtuale. C’è ancora chi sostiene che il mondo sia fuori ma sappiamo che non è così. Non da quando internet è entrata nei cellulari ed è stato possibile portarla ovunque. Prima si stava chiusi in casa e aveva senzo dire: esci!
Oggi esci e trovi tutti con la mente puntata sul telefonino. Ho visto gente perdere il treno perché si stava facendo un cazzo di selfie.
Qualcuno dirà che Internet è uno strumento. Siamo noi che ne determiniamo l’uso. Ma l’uso che facciamo di qualcosa, la maggioranza di noi, è del cazzo. E questo perché statisticamente la massa è davvero scema.
Come disse Marilyn Manson quando ancora dominava le classifiche e i pensieri dei cristiani praticanti, io non credo nella massa, la folla. Io credo nell’individuo. E come lui sostengo che due persone insieme valgono meno di un individuo e tre ancora meno e un branco di persone è magicamente un branco di cazzoni. Non so cosa succeda a tutti noi se ci uniamo agli altri. Più siamo e meno capiamo. Riduciamo le nostre facoltà mentali per relazionarci. Non ci sforziamo di arrivare dove sta quello più in alto. Lui, poveretto, deve scendere al nostro livello, altrimenti non lo capiamo. E per far questo, un uomo intelligente diventa meno intelligente e noialtri siamo sempre i soliti coglioni.
Sto generalizzando, lo so. Vado a pulire il culo a mia figlia e torno.
Rieccomi. Sì, ho lavato anche le mie mani, dopo.
Ma non stiamo andando sempre peggio. Il mondo è sempre stato così e pur dando la colpa ai media per la nostra degenerazione, secondo me i media hanno sempre smascherato la nostra degenerazione.
Vi dico una cosa. Nel 1938 Orson Welles lesse via radio alcuni passaggi del romanzo di H.G. Wells La Guerra dei Mondi. Gli americani in ascolto presero le sue parole come notizie vere di un imminente sbarco alieno sulla terra e fecero cose inenarrabili. Si parla ancora oggi della fiducia della gente tradita dai media per colpa di quell’episodio (ma benedetto, cazzo!). A quel tempo erano tutti convinti che la radio dicesse sempre la verità, così come i giornali. Il punto non è l’innocenza perduta. Sapete qual era il principale programma di successo in radio in America nel 1938? Il numero di un ventriloquo. In radio.
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L’umanità è sempre stata stupida. La folla, la massa, l’utenza disparata non è mai stata intelligente. Ha fatto cose crudeli, stupide e buone a seconda del cazzone carismatico che si metteva davanti a tutti: Cristo, Hitler, Ghandi, Gene Simmons. Quindi non ha senso deprimersi se i numeri grandi parlano di un’utenza interessata a: Grande Fratello, Salvini merda e San Remo. Come non ha senso arrendersi soltanto perché il mondo là fuori non è interessato a cose molto più stimolanti come Ted Bundy, i Kiss o Norbert Elias.
Io non penso di essere parte della piccola percentuale buona dell’umanità. Non sono convinto di essere l’intelligenza, l’onestà, la sincerità e l’umiltà. Se con questo mio articolo ho dato l’impressione di tirarmela ma con ironia, me ne rammarico e chiedo scusa. Io sono solo uno che si crede un cavallo e scrive di scemenze che lo interessano. E se le parole più cercate su google 2019 fossero:
1) Ted Bundy
2) Veronica Moser
3) Leggins Fuck
4) Ozzy Osbourne
5) Charles Manson
6) Piero Ciampi
7) Horsehead
8) Anton LaVey
9) Dick Dastardly
10) Sdangher
Dopo un’ora di risate isteriche evaderei da questo mondo.
Però questo non accadrà e per quanto io scriva e mi impegni affinché le mie povere cifre di gradimento raggiungano livelli da record (per me) non aspiro a tanto. Ma è giusto che resista alla pressione di Salvini e di San Remo.
Insomma, io non sono nemmeno parte di quell’umanità intelligente, sincera, onesta e umile che decide di diventare idiota, presuntuosa, aggressiva e bugiarda, solo perché là fuori ormai è pieno di zombi famelici che avanzano.
I film di zombie sono sempre stati una meravigliosa metafora culturale. Oggi se ne fanno troppi e la cosa ha finito per svuotarli di contenuto. Negli anni passati avevamo in mente il consumismo romeriano quando guardavamo un morto che andava in giro in un centro commerciale o si dirigeva all’emporio. Oggi si continua a cavalcare quello stereotipo senza badare a un particolare, insomma dovremmo farci una domanda: da zombi del 2019 cosa ne faremmo dei nostri cellulari? E dei Tablet?
Se è vero che da morti cannibali facciamo ciò che ritenevamo importante in vita, ovvero scaricare le figlie ovunque pur di non stare con loro (corsi di danza, ludoteche, scuole, piscina) ordinare su Amazon una confezione mega di integratori alimentari o l’ultimo modello di vibratore Anais Nin, probabilmente continueremmo a cliccare e fare su e giù col pollice insanguinato e purulento su uno schermo di telefono e ignorare i nostri figli.
La mia mi chiama di nuovo. Mi conviene andare.
Avete letto Le parole più cercate su google 2019 anche se non l’avete letto.