I Fingernails sono un gruppo metal storico della scena romana. Gli abbiamo dedicato uno specialone in cui parliamo del libro e il CD nuovo e intervistiamo fino a sfinirlo Maurizio “Angus” Bidoli.
Un libro sui Fingernails
Per cominciare voglio dirvi del libro Il successo di un insuccesso – Biografia ufficiale dei Fingernails scritta da Maurizio Angus Bidoli e pubblicata da MalEdizioni (da non confondere con la casa editrice del Porz).
Sono un estimatore della prosa di Bidoli. Mi lascio trasportare dentro senza badare alle svisate un po’ sghembe sulla sintassi o i refusi. Sento la voce di un uomo che si racconta col cuore. Di cose da dire ne ha tante, specie a un metallaro che per motivi anagrafici certi momenti non li ha potuti vivere e desidera comunque conoscerli. E questo da chi, pur con grosse difficoltà di memoria causate da alcol e droghe, in quei giorni mitici c’era e li ingollava fino in fondo.
La scrittura di Maurizio è come un brano speed-thrash vecchia scuola: catarcione, sporco, sanguigno e furente, va dritto al sodo senza pensare a niente che non sia spaccare tutto. Al punto che durante la lettura ho finito per esaltarmi e battere il ritmo con la testa.
E poi ci sono così tanti retroscena divertenti, pazzi e angoscianti che viene spontaneo pensare di farci un film. Sarebbe la risposta italiana a Lords Of Chaos passando per Una vita violenta di Pasolini e Amore Tossico di Caligari. Senza però tutta l’idiozia, il maledettismo spinto e la voglia di morire male che permea il film di Akerlund.
Il metal è vita
Il metal è vita e Bidoli questo non l’ha mai scordato. Lui, Bomber e Duracell non pensavano ad altro che divertirsi e creare la musica più genuina possibile. Si divertivano ma non erano mossi da ideologie nichiliste o merdate del genere. Guardavano ai loro miti e seguivano l’esempio.
Sognavano di seguirne le orme, anche se queste conducevano all’Inferno. Se le dipendenze, gli sbagli, le morti e gli errori ci sono stati non è certo dovuto a manie egocentriche di protagonismo. Ancora oggi i Fingernails sono il contrario di certe narcisistiche realtà. Suonano, se ne fregano, godono e guai a chi tenta di fermarli.
La loro biografia è imperdibile, anche se non ve ne frega un cazzo del gruppo. Si tratta di un documento prezioso che rievoca un mondo perduto. Lo sprofondo borchiato degli anni 80: quando essere metallari era un modo per dire IO e poi NOI. Una roba che la scena metal di oggi non sa nemmeno dove stia di casa, anzi di sito.
E adesso facciamo due chiacchiere con Maurizio.
L’intervista a Maurizio “Angus” Bidoli
1 – Dopo Con le borchie nel cervello e Catene e sangue, eccoci alla biografia ufficiale dei Fingernails. Possiamo parlare di trilogia?
Potremmo ma non è così. L’idea di mettermi a scrivere è stato puramente casuale. Ci sono voluti diversi anni per convincermi a farlo anche perché l’attitudine allo studio ha lasciato perplessi anche i miei insegnanti. Avevo talmente tanta fantasia che riuscire a esprimere i miei pensieri era quasi impossibile. Comunque la cosa è nata per via della totale assenza di ricordi giovanili a causa degli eccessi.
Scriverli è stato come accendere una luce in una stanza buia e ho così scoperto quanto mi fossi divertito (o avessi sofferto) in gioventù. Poi è ovvio che l’appetito vien mangiando e la cosa mi ha preso la mano. Ma è così che sono fatto, lo dico sempre, prendere o lasciare, non c’è alternativa alle mie azioni.
Borchie e Neil Young
2 – Sorprende quanto un metallaro della vecchia guardia, come Bidoli, al tempo, andasse a vedere di tutto, da Neil Young agli Stones. Oggi le cose sono molto diverse, vero?
Assolutamente no, sono un amante della musica rock in generale e tutto ciò che smuove il circo del rock’n’roll. Se andiamo ad analizzare, il metal fa parte della cultura rock che inizia dagli anni ’50 a oggi. Studiando la storia della musica anche l’ascoltatore più estremo troverà agganci con il passato. Ricordo i tempi quando si diceva che ascoltare Jimi Hendrix era da nostalgici e vecchi. Oppure che i Sex Pistols erano la merda da evitare.
Fingernails – La Roma metal che non c’è più
3 – Nel libro sono rimasto colpito dalla descrizione di alcuni locali della Capitale anni 80. Per esempio che mi dici del B-Bus?
Per un periodo (quando sono scappato di casa) ho abitato in un quartiere popolare dove girava tanta droga e delinquenza, pur essendo a un passo dal centro città. Dal mio appartamento in estate potevi udire della musica dal vivo. Scoprii che in zona era stato portato un vecchio bus in disuso di quelli stile londinese, cioè a due piani.
I ragazzi lo avevano sistemato in uno spazioso prato e adebito l’interno a pub. Nella parte esterna montarono un grosso palco per le esibizioni live dei gruppi rock e l’atmosfera sembrava tipicamente woodstockiana. Le birre erano buone e la varietà di alcolici pure. Ovviamente il problema nasceva dal fatto che non esisteva alcun permesso e così, dopo vari esposti, gli organizzatori hanno dovuto arrendersi al termine della stagione. Erano i periodi che anticipavano le occupazioni sociali dei tanti luoghi abbandonati. Tipo Forte Prenestino, che diverrà storico.
Adele Bomba H
4 – Adele è uno dei “personaggi” più suggestivi del libro. L’hai rivista più? Che fine ha fatto?
Adele è stata la cantante della band nel periodo 83/85. Aveva una voce stupenda, un misto tra Janis Joplin e Tina Turner, un vero animale da palcoscenico. Pensa che lei è stata un attrice negli anni ’70 sotto lo pseudonimo di Sara Sperati. Ha recitato a fianco di grandi attori come Giorgio Albertazzi, Martine Brochard, Claudio Cassinelli, Erika Blanc, Lee J Cobb, registi come Tonino Cervi, Tinto Brass…
Insomma, era lanciata verso la grande carriera ma il vizio dell’eroina l’ha distrutta. Per cui è stata allontanata dalle produzioni a causa dei suoi comportamenti poco professionali. Quando l’ho sentita cantare la prima volta mi ha fatto accapponare la pelle e immediatamente l’ho assunta per i Fingernails. Abbiamo avuto anche una relazione ma ci siamo fatti del male.
L’alcol e le droghe
L’alcol e le droghe non ci hanno certo aiutati. Sul palco ci siamo azzuffati, eravamo troppo sballati per capirci qualcosa. Una notte mi fece quasi prendere a fucilate da un portiere di albergo! Insomma, ho passato l’inferno e ci siamo lasciati malamente. Tempo fa venni a sapere che era deceduta per overdose da eroina e la cosa è durata per una quindicina di anni. Poi recentemente un mio vecchio amico mi ha fornito le prove che Adele è viva e vegeta. Sono venuto a conoscenza di una tragica storia, e che a causa di ciò lei ha dovuto inscenare la presunta morte. Lo so, sembra un film ma è tutta storia vera, se da una parte sono felice di saperla viva, dall’altra mi fa capire quanto fossimo stati folli.
Festival particolari
5 – Citi anche un Festival Del Non lavoro, che roba era?
Nel 1984 venne occupato il Forte Prenestino nella zona est della città. Durante quella stagione (il 1 maggio) organizzarono un festival la cui denominazione si sarebbe differenziata da quello che notoriamente conosciamo come Festa del lavoro e del sindacato a piazza S. Giovanni di Roma.
L’organizzazione ovviamente si rivolgeva a un tipo di pubblico di estrazione sociale proletaria e lanciò una moda che negli anni è stata imitata da altri ragazzi. All’esordio del Festival del non lavoro tra gli altri partecipammo come Fingernails, suonando di fronte a centinaia di punk e metallari. Sancimmo l’avvicinamento di queste due culture che si erano ostacolate sin dai primi anni 80.
Un’erezione fatale per i Fingernails
6 – La Fatal Erection aveva un nome piuttosto divertente. Fa pensare a un arrapamento di quelli che ti stroncano… Era comunque un’etichetta di tutto rispetto visto che aveva prodotto i Poison Idea. Peccato che con voi andò male… Una delle occasioni mancate. Ci ripensi mai a tutte le volte che il destino o chi per esso ti disse NO!?
Quello di mancare gli appuntamenti importanti è stata una nostra prerogativa. Vuoi per sfortuna o per mancanza di mezzi. Il contatto con la Fatal Erection ci era stato fornito dai fratelli Bianco durante il tour statunitense dei Raw Power. A Portland, il menager Malcolm Conover, ascoltò un nastro che i ragazzi avevano messo nello stereo durante una chiacchierata amichevole. Lo stesso Malcolm rimase colpito dalla voce di Adele (all’epoca nostra cantante). Chiese notizie su di noi. Era addirittura disposto a produrre un disco con i Fingernails malgrado avessimo nel frattempo avviato l’attività come trio, con un sound più vicino al metal hard-core dallo stile motorheadiano.
Eravamo nel 1985, entrammo in studio e registrammo quattro tracce. Le spedimmo all’indirizzo americano ma tempo dopo scoprimmo che il tizio era stato arrestato. Come al solito rimanemmo “nudi” discograficamente, e sai che all’epoca riuscire a produrre un vinile era quasi impossibile. Figurarsi un’etichetta statunitense che si affida a un gruppo italiano. Fatal Erection era un nome curioso, è vero, tant’è che all’inizio sembrava fosse una presa per il culo. Quando Malcolm ci spedì l’album dei Poison Idea cambiai idea, all’epoca non c’era l’informazione che abbiamo oggi con l’avvento di internet.
Fingernails – The Italian Metal Band 80
7 – Credo che per capire le logiche dietro una band non faccia molta differenza il livello di popolarità e di successi raggiunti: la storia dei Fingernails è emblematica. Quello che succedeva a voi, le dinamiche interne, le liti, le defezioni, gli scazzi e i sogni condivisi, sono quelli di tutte le rock band, no?
Credo di sì con le dovute differenze. Non avevamo le strutture adatte per poter emergere per cui venivamo considerati all’estero come la parte sub-proletaria del sub-proletario rock. L’underground italiano apparì credo proprio in quel periodo. Era facile imbattersi in formazioni che nascevano e morivano nel corso di una sola settimana di vita. Questo proprio a causa della mancata convinzione dei ragazzi ad avviare una qualsiasi attività musicale seria.
Noi eravamo dei grossi appassionati e il successo era la parte marginale della nostra carriera. Volevamo solo divertirci e sballare con le droghe, non ci chiedevamo se la cosa avrebbe funzionato o meno. Come tutte le band del mondo abbiamo avuto scazzi e defezioni ma erano più che altro causate dai nostri comportamenti. Quando non ti sopportavi più ti mandavi a fare in culo perché quello che ci teneva uniti era l’amicizia e non il lavoro. Non eravamo ancora preparati a quello.
Al tempo non era il tempo
8 – Nel libro dici che al tempo non si organizzavano tanti eventi metal per la difficoltà a farli partire, ma che la gente rispondeva alla grande. Oggi è il contrario?
All’epoca si organizzavano spettacoli senza permessi. Questo perchè era tutto difficile a causa delle lungaggini burocratiche o l’allergia da parte delle amministrazioni a tutto ciò che fosse rock. Era ovvio che le rare esibizioni live metal smuovessero la totale partecipazione degli appassionati. Potevi assistere a spettacoli con centinaia di presenze e in alcuni casi ti esibivi davanti 1500/2000 persone. Era veramente eccitante e davi il massimo in quelle occasioni. Oggi le cose sono totalmente cambiate a causa della tecnologia che ti porta ad assistere a spettacoli live seduti comodamente in poltrona.
Tutto sta diventando piatto e senza emozioni, così quando ti esibisci dal vivo noti spesso gente seduta al tavolo perennemente appiccicata allo schermo di un cellulare. Diventa noioso e moscio. Le serate volgono al disinteresse totale. Ci si perde tra una birra scadente e alcolici annacquati spendendo il massimo e tralasciando l’aspetto più importante, il divertimento. Forse sarò vecchio ma questa generazione mi dà l’idea di una gioventù senza spina dorsale. La massima ispirazione è acquistare l’ultimo modello tecnologico di qualcosa, anziché vivere la propria libertà. Non mi ci riconosco.
La storia dei Fingernails
9 – La storia dei Fingernails ha onorato la trinità sesso droga e rock and roll. Questo ti è costato caro. Proprio quegli eccessi non ti hanno permesso di essere pronto al momento clou. Avreste dovuto presenziare a un evento fondamentale per la vostra carriera ma saltò tutto. Parlavi dei ragazzi di oggi … Secondo te, avranno mai un momento decisivo come quelli che capitarono a voi, sebbene poi li mancaste? Nel senso, a cosa può ambire un gruppo metal, oggi? Voi sognavate i grandi palchi, magari l’Hammersmith. Adesso un pischello con le borchie nel cervello che cosa può sentirsi autorizzato a sperare di raggiungere?
Si dice che la tecnologia abbia reso possibile il raggiungimento del successo con più facilità ma ti assicuro che non è così. Ai nostri tempi si sognava alla grande, si sperava di raggiungere, come dici tu, l’Hammersmith Odeon anche se nel profondo del nostro pensiero sapevamo quanto fosse impossibile. Ci si provava ugualmente e chiedevamo sempre il massimo, avevamo una convinzione di ferro.
Oggi si sogna meno e ci si illude di più. Bisognerebbe spiegare ai ragazzi che se un giapponese o un abitante della foresta amazzonica ascolta il tuo gruppo, non è detto che lo apprezzi. Spesso si lanciano critiche feroci che tutto il pianeta potrà leggere immediatamente ed è uno sputtanamento che stronca futuri tentativi. Noi spedivamo il materiale all’estero. Sarebbe giunto sul posto dopo un mese. Per cui anche le critiche sarebbero rimaste nascoste ai più o al massimo giunte a destinazione con lo stesso tempo ahahahahahahahahah…
Il successo dei Fingernails
Non credo che il mancato raggiungimento di certi obiettivi sia stato a causa dei nostri eccessi ma i nostri amici Miss Daisy (band street rock del nostro periodo) pur raggiungendo quel sogno proibito con la partecipazione al tour europeo di Motorhead e Blue Oyster Cult, hanno visto smaterialezzare la loro carriera proprio a causa del rapporto troppo ravvicinato con le droghe.
10 – Nel libro parli della parte in cui ti dissero che se superavi le 48 ore significava che eri salvo. Altrimenti ciao Bidoli, è stato un piacere! Avevi l’Epatite e stavi morendo… Cosa ricordi di quelle 48 ore? Eri lucido o in uno stato di delirio? Facesti qualche solenne promessa a te stesso nel caso fossi sopravvissuto?
Ero in una fase delirante della mia vita. Non mi rendevo conto del pericolo che stavo attraversando e solo nella sofferenza della degenza ospedaliera ho capito che forse stavo scherzando troppo con la morte. Quando sei giovane pensi di affrontare anche le più alte montagne ed è quello che ha ucciso la maggior parte degli artisti del passato. Io ero impossibilitato addirittura a scendere dal letto per andare a pisciare. Ero convinto di non aprire più gli occhi al mattino.
Avevo giurato a me stesso di smettere con tutta quella zozzeria ma si sa che vivere a contatto col rock si diventa come i marinai con le promesse. Dopo un anno pulito come il bianco della lavanderia sono ricaduto nei vecchi vizi e stanne certo che lo sballo di un “ripulito” è ancora più pericoloso ed eccitante allo stesso tempo.
La strada degli eccessi conduce all’Hammersmith Odeon
11 – In una delle interviste in coda alla biografia, accenni anche a un’overdose che superasti ma non la racconti in dettaglio nel libro…
Per un bel periodo ti illudi di aver chiuso. Sei convinto di riuscire a vivere una vita “normale” pur frequentando certi ambienti. Invece…
Mi chiedo come faccia Bomber oggi a frequentare l’ambiente rock da ex alcolizzato e tossico bevendo acqua minerale. Credo che lui abbia visualizzato il terrore mentale provato durante i suoi anni giovanili nel pieno degli eccessi. Io sono ancora un cattivo ragazzo ma l’età spesso mi induce a non lasciarmi andare. Può capitare che nelle serate io non beva neppure l’acqua per paura di ricadere nei vizi estremi.
Dopo la morte
All’epoca ero riuscito a superare l’esame epatite e la morte mi evitò di striscio. Eravamo nel 1985. E qualche anno dopo ero ancora tornato a sballarmi pesantemente. Stavolta mi facevo di Lsd portato direttamente da Amsterdam e frequentavo una comunità di sballati persi come me.
Ricordo che eravamo appena tornati dalla presentazione live del nostro primo album ufficiale e che quel capodanno volevo trascorrerlo nel pieno del divertimento. Mi rifornii adeguatamente di tutto l’occorrente per lo sballo (lsd, cocaina, marjuana e alcolici) e ci ritirammo con alcuni amici nella sala prove ascoltando musica e parlando come pazzi nel delirio più assurdo. Fu in quel momento che ebbi un overdose.
Avvertii un dolore insopportabile allo sterno e la lingua mi andava in gola. Non riuscivo più a respirare. Fu davvero un bruttissimo momento in cui ho dialogato con lo spirito di mia nonna da poco deceduta. Lei respingeva le mie richieste di aiuto. In pratica ero in bilico nel baratro dell’aldilà e speravo lei mi aiutasse ad attraversare la linea, ero frastornato e dolorante. Penso mai come quel momento ho provato cosa volesse dire morire. Inutile dirti che anche in quell’occasione ho snobbato l’allarme e nel tempo sono ricaduto nei vizi.
Un uomo chiamato Duracell
12 – Mi parli di Duracell? Il nome si riferiva alla musica o al sesso? Inoltre vorrei che mi dicessi di lui come musicista. Che gusti aveva? A parte i Motorhead, cosa ascoltava?
Quando decidemmo di usare un nomignolo al posto dei nostri nomi reali, la scelta fu facile per me.
Io ero “Angus” già da diversi anni. “Bomber” lo divenne perché in sala era solito scaldarsi con il riff del brano dei Motorhead. Per Riccardo abbiamo dovuto variare quello per il quale al momento era conosciuto. Gli amici lo avevano soprannominato “er pagnottella” per il fatto che arrivava alle prove sempre di corsa, tra un morso a un panino e la giacchetta piumone che non si toglieva mai per non perdere tempo. Era ovvio che “pagnottella” fosse poco adatto per la band. Io optai per “Duracell” come le mitiche batterie che durano a lungo.
Una pagnottella di alle amfe
Cazzo, Ric era instancabile, non perdeva mai energie suonando, sembrava strafatto di anfetamine. Duracell era un ascoltatore incallito, comprava parecchi vinili e ci riforniva di materiale audio come fosse uno spacciatore. Le droghe non gli erano mai interessate a parte qualche piccola trasgressione che si concedeva a causa di amici che lo volevano far sballare a tutti i costi. In fondo perl era un bravo ragazzo che viveva di lavoro. I suoi gusti passavano dal metal al jazz rock e fusion di cui era appassionato. Come musicista picchiava davvero forte, era velocissimo e frullava le bacchette da pazzoide. Era una specie di Keith Moon dal tocco heavy.
La tredicesima domanda
13 – La tredicesima domanda è la più scomoda. Voglio sapere qualche tuo Guilty Pleasure. Intendo quei gruppi o artisti che ti piacciono ma hai difficoltà a confessarlo. Per dire: Renato Zero? I Pooh? I Matia Bazar?
Ahahahahahahahahahah no no, niente di tutto ciò! La musica italiana mi ha interessato davvero poco, sono e rimarrò un esterofilo. Col tempo ho apprezzato il rock italiano soprattutto del mio periodo, gli anni ’70. Mi piaceva Finardi, Area, Bennato, Ivan Graziani, Napoli Centrale, i Garibaldy di Bambi Fossati, il Banco, la PFM , De Andrè… Insomma, tutta roba che di italiano aveva solo il nome. Se proprio devo confessare dico Mia Martini per la voce e poi le canzoni di Rino Gaetano. Ma sempre nel campo degli anni ’70 .
Pensa che durante una vacanza andai a vedere dei concerti in piazza e mi sono goduto Adriano Pappalardo (e che mi ha sorpreso per la grinta vocale e musicale). Vidi pure la Rettore che però odio. E per non farmi mancare nulla mi feci anche uno show di Michele, un artista degli anni ’60 che imitava Elvis Presley. Devo dirti che sono curioso e qualche volta applico la formula dell’ascoltatore per hobby ma certamente non è roba che mi interessi.
Spettacoli alternativi
14 – Hai mai pensato di realizzare una sorta di spettacolo mix? Una cosa fatta di letture dei tuoi scritti, svisate blues, duetti con tua moglie, una specie di One Man Band Show?
Anni fa scrissi un’opera rock che ho tentato di far rappresentare in teatro. Io sono un grande appassionato di cinema e soprattutto di cinema rock e musical. Jesus Christ Superstar e Tommy mi hanno insegnato molto su come approcciarsi al cinema cantato. Il mio progetto dura da oltre 20 anni e ho registrato vari demo ma non sono mai riuscito a trovare qualcuno interessato alla produzione.
Il fatto di creare un happening musicale mi ha sempre ingolosito. Cose tipo Jim Morrison che recita sotto le musiche dei Doors… Ecco, era quella l’idea ma ti ricordo che viviamo in un paese come l’Italia e che certi progetti poco commerciali devono essere supportati da impresari interessati all’arte vera. E quella gente nel mio ambiente è sempre mancata.
15 – Molti pensano a te come un metallaro vecchio stampo che non ha mai smesso di credere al verbo di Lemmy. Leggendo la storia della band però si scoprono le tue tante fasi di musicista alternativo, psichedelico, hendrixiano, persino un po’ grunge all’inizio degli anni 90…
Anche Lemmy è passato dal garage alla psichedelia prima di arrivare al metal. In fondo si parla sempre di rock’n’roll, da qualsiasi lato tu voglia vederlo. Io ho suonato tanta roba, vuoi per i miei trascorsi che partono dagli anni ’60, vuoi perché i miei idoli sono parte del passato (Jimi Hendrix, Clapton, Free, Doors, Janis Joplin…). Io quando sono arrivato alla decisione di suonare certe cose era dovuto allo stato mentale che stavo attraversando.
Fingernails – La recensione di Motel 666
Ringrazio Angus per le risposte e concludo lo speciale con una recensione dell’ultimo disco dei Fingernails. Si intitola Motel 666 e se ne è occupato Ruggiero Cavallo Goloso Musciagna. Come noterete, non è un fan della band. Quando Maurizio e gli altri pistavano nelle latrine metallare romane lui doveva ancora scendere nella sacca scrotale di suo padre.
Ho preferito che si occupasse Ruggiero dei Fingernails per vedere l’effetto che la vecchia scuola di Angus produce su una mente molto lontana a livello generazionale e di gusti. Non è vero. Non mi va di recensire dischi, in questo perioro e nonostante le proteste, è toccato a Ruggiero. Lui è venuto su a you porn e avantguard post-black metal, quindi figuratevi… Ma un momento, potreste sorprendervi. Signore ed equini, lascio a lui l’onere del vostro cordoglio.
Quando il Padre Cavallo depose tra i miei zoccoli Motel 666 dei Fingernails, si premunì d’avvisarmi che probabilmente avrei odiato, poi amato e infine chissà cosa questa band. All’inizio pensai:
“ma chi cazzo si farebbe mai chiamare Fingernails?”
per poi passare a:
“ma io questi già li conosco mi sa”
e concludere con:
“no davvero, ma questi chi cazzo sono?”.
Perdonate l’ignoranza, ma non è che conosca tutto della storia del metal nostrano, sopratutto se si tratta di thrash o heavy classico. Su Encyclopedia metallum mi dicono che i Fingernails fanno thrash/speed. Io quasi quasi oggi toglierei il thrash e metterei più “roba alla Motorhead”.
Mr. Bianco
Apro il booklet, cosa che non faccio da anni perché questo è il primo disco fisico che recensisco da… ora che ci penso non ho mai recensito un disco fisico! Ehi, non so se lamentarmi dell’assenza delle lyrics, a parte quella di Devil Inside, o ridere della faccia di Mister Bianco. No davvero, ogni volta che la vedo rido.
Cosa conosco della scena romana? Un cazzo. E dei Fingernails? Ancora meno. E come oso recensirli? Infatti non lo faccio, chi lo ha mai detto che sto scrivendo una recensione?
Dopo un primo ascolto sono rimasto tipo… scocciato. Tipo, ma questa band non fa proprio per me. Poi ho preso forza e l’ho risentito e risentito almeno altre quattro volte? E wow, il disco d’improvviso ha iniziato a piacermi.
Il segreto? Non partire prevenuto, pensare alla birra, versare una lacrima ricordando Lemmy, fissare il viso di Mister Bianco…
chiedersi quale sia il pezzo più punk del lotto, bere una birra, poi un’altra e pogare contro il muro fino a perdere un dente.
I Fingernails hanno guadagnato un nuovo fan? Se suonano in zona mi porto dietro tutti gli amici, perché sì, in fondo Motel 666 è stata una piacevole scoperta.