Bury The Pain è un album degli Xentrix, uscito nel 2019 per Listenable Records.
Eccomi a voi, cari equini motorizzati e non con un compito difficile. Quando nel mio allegro antro che profuma di olio per motori e vernici nuove e brillanti arriva un disco del quale parlare io sono il centauro più felice della regione. Quando poi si tratta di un gruppo che credevo perduto nel flusso del tempo, lungo le tortuose strade dell’esistenza, aggiungiamoci la gradita sorpresa. Ma a volte tutto questo buonumore non basta a parlar bene di un album che non vuol proprio saperne di incendiare il carburante dell’entusiasmo.
Ennesima band tornata in attività dopo lunghissimo silenzio (et voilà, les revenants). Artefici negli anni novanta di un paio di album di mediocre successo (soprattutto Shattered Existence era un bel lavoro. Peccato al tempo uscissero almeno due o tre ottimi dischi di thrash al mese. Dopo questi gli Xentrix ne fecero un altro paio, passati sotto silenzio o quasi.
Insomma, questi Xentrix furono una di quelle (tante) band alle quali la fortuna non sorrise, nonostante loro la buona musica ce la mettessero tutta. Rifondati nel 2013, contano ormai solo due membri della band originale in formazione. Dennis Gasser alla batteria e Stan Havard alla chitarra. Il resto della cricca è oggi composto da Chris Shires al basso e Jay Walsh (ex Blaze Bayley, qualche anno fa) alla voce e chitarra ritmica, al posto del carismatico ex cantante Chris Astley.
Bury The Pain delude
Questo Bury The Pain nulla aggiunge e nulla toglie al repertorio della band. Gli Xentrix sono sempre improntati a onesto e lineare, con tutti i suoi bei cambi di tempo e parti veloci alternati a ritmi più lenti. Roba potente ma non particolarmente rivolta a soluzioni innovative.
Inutile parlare di influenze per un gruppo e tanto meno fare paragoni con i grandi dell’epoca d’oro del genere. Ci si trovano certe sonorità dei primissimi Metallica, vedi le ritmiche del pezzo di apertura Bury The Pain o in certi passaggi di The Truth Lies Buried. In parte questa è una traccia anche molto ispirata ai Testament.
Bury The Pain non un brutto album in fin dei conti, ma c’è una certa svogliatezza di fondo, come se questo fosse un lavoro da fare e non un evento lieto e divertente, propedeutico ad un grande ritorno sulle scene (avvenuto in sordina nel 2013 in verità).
Non bastano un paio di bei pezzi azzeccati. Mi riferisco a Let The World Burn, che è una piccola chicca, e la violentissima World of Mouth. L’artwork è senza infamia e senza lode, adatto al tipo di musica proposta. Speriamo che gli Xentrix possano ritrovare la vena che li rese grandi con i primi lavori, per un adeguato ritorno in grande stile!