Eterne stagioni è il numero 394 di Dylan Dog, scritto dalla Barbato e disegnato da un tipo che Big Ears definisce maestro. Marco Nizzoli.
Io non amo questo Dylan Dog del Big Ears. Non lo trovo nemmeno molto simpatico. E le ultime storie della serie mostrano un calo d’ispirazione preoccupante. In Eterne stagioni fa capolino il mefistofelico John Ghost. All’inizio c’è un tentativo di trasformare le ultime, innocue avventure dell’indagatore come tanti elementi di un puzzle unico, che troverà lo spiegone degli spiegoni nel numero 400. Se il numero della Meteora sarà affidato alla Barbato non oso immaginare che tirerà fuori. Sarà quella la Meteora. Lo spiegone definitivo della Barbato. Quello che spazzerà via il mondo dei lettori come lo conoscevano.
Scherzi a parte, Eterne stagioni è l’ennesima storiella di Dylan Dog, con la cometa sullo sfondo. Questa cometa fa pensare ai pescetti dei quadri di Mutandari. Ci si mette perché alla fine sta sempre bene, ma non c’entra praticamente niente. Guardate la copertina. La storia è una versione horror di Ladyhawk. E sullo sfondo la sgommata cosmica.
Gli sconvolgimenti climatici e la follia incalzante possono essere eventi collegati all’avvento della cometa. Sicuramente è così. Però nascono e muoiono in questo numero. Nel prossimo non ci saranno. Ci sarà un’altra tipoligia di sconvolgimento. Sarà magari una roba sui computer che impazziscono e trasmettono virus informatici direttamente nel cervello delle persone. Oppure sarà la rivolta dei kanniolini.
Eterne stagioni e il tentativo di raccontare la realtà
C’è di buono il tentativo… ma parliamo di tentativo, eh? di raccontare con Dylan Dog l’Italia e il mondo là fuori. Ma se la serie finisce al 400, beh, come dicono al mio paese: “mo’ so’ bone le fave!”
Perché non si divertono a distruggere tutto? Levategli la casa, per dire. Non solo in questo numero, anche nel prossimo. Fatelo litagare con Groucho e risolvete la questione tra tre numeri. Non dico che dobbiate fare chissà cosa, ma porcaputtana.Dal 401 si ripartirà da capo. Dylan Dog sarà Recchionissimo. Magari amerà i computer e vivrà col telefonino nelle mutande. Odierà il metal e si farà crescere una barba pomatata tipo hipster. Quindi che senso ha non mandare tutto a puttane da subito? Basta avventurette autoconclusive in una cornice scontata. Fate entrare la METEORA!
Ma figurati. Sembra di provare a convincere Steve Harris a fare un disco senza cavalcate.
Le cavalcate, già. C’è sempre questa esigenza di infilare la storia d’amore, le battute di Groucho e i battibecchi con Carpenter. Tutta questa paccottiglia ha stufato, è solo sopportata. Non offre sicurezza ai traumatizzabili lettori della Bonelli, occupa solo 40 pagine di ogni albo. Il resto, se è la Barbato a occuparsene, sono spiegoni e slanci narrativi esagerati. Così si passa da pagine fitte di chiacchiere a tavole mute dove l’azione arriva dal punto A al punto B passando da Z.
La lettera di Bonelli Boy
La lettera di Bonelli Junior che, da tradizione, si fa vivo solo quando deve chiedere altri soldi, è noiosa e banale. Sul serio pensiamo davvero che il calo dei lettori sia dipeso da internet? Io credo che gli editori di giornali, riviste e libri continuino a credere in un mercato inesistente e nascondano dietro l’internet una crisi più profonda. Personalmente trovo che una storia del cappero come Eterne stagioni o Casca il mondo, meritino un’emorragia di lettori.
Big Ears è uno che ha di sicuro qualità, sia come sceneggiatore che a livello imprenditoriale. Purtroppo manca di vero coraggio. Sclavi piazzava storie come Morgana o Golconda. Pensate un attimo all’anarchia di quelle sceneggiature e soprattutto a come tanta audacia non frenasse la crescita dei lettori.
Recchioni e i suoi prodi non hanno quell’audacia. Non hanno una vera visione e forse gli manca quella libertà che la Bonelli offrì a Sclavi. Suonano una canzone che non hanno partorito loro. Hanno preso una delle poche cose genuine e coraggiose di casa Bonelli e la custodiscono come diligenti educande della scuola Holden. E soprattutto non restituiscono a Dylan l’elemento paura. Per fare paura ci vogliono palle così. L’incubo serve solo a illudere che ci sia l’insolito. Se c’è una cosa che non sopporto è vedere eventi incredibili e poi bam, il protagonista si sveglia. Era tutto un sogno. Che palle!
Ma anche a livello emotivo il fumetto non vibra e non strugge. La retorica sociale e sentimentale, con bambini e veliarde sempre più presenti, aggiungono solo altra ferraglia.