Se vi è piaciuto American History X, Skin farà per voi. C’è tutto un sottofilone cinematografico che non possiamo definire Nazi-Movie perché ormai con quello intendiamo la roba prodotta in Italia negli anni 70. Sapete no, la progenie immonda dopo il successo di Ilsa, la belva delle SS. Eppure Nazi-Movie andrebbe molto meglio per i film sugli Skin-heads.
Ce ne sono una marea, dal nostro Teste rasate di Claudio Fragasso a Skinheads, quello con un giovane Russell Crowe. Tra i due titoli citati passa un solo anno di distanza, fra l’altro. E poi ancora The Believer, su un ebreo che diventa nazista, il recente Blackkklansman di Spike Lee, in cui un nero si infiltra nel Klu-Klux-Klan. Tutte storie vere, neh? Ma se non vi piace la “novelization” della realtà, beccatevi il documentario formativo Skinheads Attitude.
In quasi tutti questi film c’è sempre un sottile senso di condanna. Si ha paura di mantenere sospeso il giudizio. Lo Skinhead resta un tabù vivente. La nostra società teme il nazismo e lo maneggia come fosse una bomba inesplosa. Nel caso di Skin, è il classico caso in cui un uomo si ravvede. Passa dal picchiare i negri e bruciare gli immigrati nei loro alloggi, al diventare un attivista per le pari opportunità e grande amico degli uomini di colore. Anche qui, storia vera.
La Skin Trama
Bryon fa parte di un clan di Skinheads. Tra loro c’è un capo che si fa chiamare Pa’ e sua moglie che si fa chiamare Ma’. Lui, come altri giovani disadattati che vivono nel piccolo giro di potere del clan, sono trattati come figli. Bryon è tra i più promettenti guerrieri. Per vivere tatua gli altri nazisti e il resto del tempo fa le cose che i nazi fanno. Violenza, sesso alcolico, confuse invettive politiche e risse varie. Poi incontra una donna. Lei è mamma di tre belle bimbe. Bryon se ne innamora e finisce per aprire gli occhi. La sua vita con il clan non gli interessa più. Uscirne però non è semplice.
La cosa che mi piace di più di Skin non è la mutazione del bifolco xenofobo in angelo socialista e non mi conquista neanche tutta la retorica attorno alla pelle. Il regista ebreo Guy Nattiv, la reputa tanto emblematica da intitolare così due opere distinte ma di argomento simile. Del 2018 è anche il corto Skin, sempre con la MacDonald. Per me la faccenda dei tatuaggi e della pelle è una didascalia troppo ingombrante, però.
Skin And Flesh For Love
Personalmente trovo che sia splendido vedere Bryon che lascia tutto il suo buco di culo sicuro per una donna molto grassa, con tre ragazzine a carico, al limite della povertà. Lui nel film è una specie di fico-Asperger. L’attore Jamie Bell è un James Maynard Keenan con una lunga serie di interviste da rilasciare. (E pensare che era il piccolo Billy Eliot!) Anche la ragazza con cui sta all’inizio, la femminuccia interna al clan, è la classica fichetta da nazi-movie. Sapete, una specie di Bettie Page vs The Night Of The Living Dead.
Ma la donna che “salva” Bryon (Danielle MacDonald) è irrimediabilmente poco attraente e con tanto adipe. Questa è una cosa meravigliosa. Era facile metterci una bellona sofisticata per ridurre tutto a una gara di bellezza che porta il perduto verso la redenzione. Non so se avete visto Downloadign Nancy. In quel film una strepitosa Maria Bello conosce in chat un tipo molto affascinante (Jason Patric) e si fa uccidere da lui. Sapete, come estrema fantasia sessuale. Storia autentica ma se vedeste i veri protagonisti… lei era enorme e lui brutto in culo. Sarebbe stato più interessante mostrare attori di simile aspetto, no?
Su Skin avviene addirittura il contrario. Danielle MacDonald è ancora meno attraente della reale Julia Widner, con tutto il rispetto. Almeno per i miei gusti. E questo è fantastico, se ci pensate. A Bryon piacciono magari le ciccione ma non credo che il film voglia dirci questo. Lui è in cerca di altro in una donna, che un bel culo e un visino da cerbiatta.
A lui piace.
A lui piace questa qui. Adora anche le sue figlie. E loro impazziscono per il rottweiler di lui, che diventa una specie di Lessie/Terminator. Il modello da sit-com è perfetto per un Nazi in famiglia. E tutto sembra volto alla felicità.
Ma il mondo non ama vederci cambiare. Questo perché il nostro cambiamento genera anche il cambiamento di chi non desidera che cambi un cazzo. Quando pensiamo di non essere in grado di modificare chi abbiamo accanto, diamoci dentro a cambiar noi e vedrete che casino viene fuori. Bryon cambia se stesso e i suoi Pa’ e Ma’ si trasformano in ciò che in fondo sono sempre stati, degli aguzzini. Di conseguenza ecco le ritorsioni, le minacce e tutta la solita trafila di angosciosità del caso.
Bryon però è uno tosto e finalmente la propria feroce determinazione la mette al servizio dei giusti principi. E riesce ad avere la meglio sui suoi ex-famigliari. Questo anche grazie all’aiuto di un attivista-negro (Mike Colter) che prima odiava.
Love is All You Need.
Skin come film è un po’ uno stampo a metà tra il cine-festival e il film-dossier di Canale 5. Non entro nel merito se Bryon faccia bene e se sia giusto combattere certe idee politiche estreme. Credo che come esistono gli amanti di Star Wars debba esserci posto pure per quelli in fissa con il nazismo. La democrazia è così. Tutti hanno libertà di pensiero e parola. Chi censura e demonizza coloro che vorrebbero censurare e demonizzare, lui ha perso.
Anche gli Skin-heads fanno parte di una sotto-cultura, che non vi piace ma questo cosa significa? Io non sopporto i rastamanni e gli Juventini, ma li lascio liberi di fare ciò che amano. Anche perché chi coltiva odio si ritrova merda, quindi fanno male a se stessi, prima di tutto. Non ho mai conosciuto nazi-skins di 80 anni. Penso che a una certa età si ravvedano. La cultura Skin-heads è roba da giovani turbolenti.
Se commettono dei crimini vanno in galera, come chiunque. Non sto facendo l’apologia di un cazzo, ok? Solo non mi cago sotto a ballare su questo rasoio.
E poi, la violenza non è un requisito generato da certe ideologie. Semmai la giustificano e incoraggiano. Ma se tu non ami menare le mani, puoi diventare skin-head lo stesso. E ci sono ragazzi di sinistra che accoltellano chi fissa la loro ragazza in discoteca.
Adotta anche tu uno Skin – Head
Bryon ama picchiare il prossimo. Dentro di lui c’è solo una gran rabbia. La società non gli ha permesso di crescere con quello che qualsiasi ragazzo dovrebbe avere. Una casa, una scuola, dei parenti affettuosi. Li cerca dove può. E finisce nel clan. Ma se non avesse frequentato degli skin-heads si sarebbe preso a schiaffi con qualche cazzone fuori da un bar al sabato sera per uno sguardo storto. Magari si sarebbe dato a qualche gruppo Ultrà. Lui ha un dolore profondo che riesce a esprimere così. Non lo giustifico. Credo solo di descriverlo. A un certo punto capisce che la casa e l’affetto non sono lì ma da un’altra parte.
Skin parla di un uomo che diventa migliore perché sceglie di non dissociarsi ma unirsi all’umanità. Quello che ne ricava è amore. Siamo al teorema puro sul benessere sociale. E credo sia questo il solo messaggio utile del film. Uscite dall’odio ed entrate nell’amore. Starete meglio. Anche se i pochi che coltivano quell’odio con voi fanno capannello attorno al vostro culo e vi illudono di essere dentro un castello inespugnabile. Si tratta di un castello pieno di merda.
Disprezzare i nazisti e “convertirli” non è la via che dovrebbe prendere il cinema. Bryon trova calore lontano dal clan ma quel micro-mondo di intolleranza e piccola criminalità andrebbe salvato, non buttato via come fosse una sorta di tumore sociale irrecuperabile.