desert

Desert – I Blind Guardian ebrei!

Fortune Favors The Brave è un album dei Desert, uscito per cazzi loro records nel 2019. Capisco che il titolo dell’articolo sia un po’ forte ma non ho nessuna intenzione di usare “ebrei” come discriminante offensiva. Il SEO mi fa compiere azioni riprovevoli, lo so. I Desert vengono infatti da Be’er Sheva, citta popolosa a sud di Israele e sono quasi tutti russi, per giunta. Tranne il batterista, Assaf Markowitz, effettivamente ebreo, gli altri vivono in trasferta. E infatti Fortune Favors The Brave, terzo album ufficiale, a sentirlo, fa pensare al metallo nordico. Quello dei Sabaton per le tematiche e l’approccio spericolato, ma soprattutto i Blind Guardian per la grande enfasi dei cantati. Il singer, Alexei Raymar

desert ha una leggera fissa per Joakim Brodén

sabaton

ma canta come Hansi Kursch laringiti e laringiti fa.

E non voglio togliere nulla ai Desert con questi paragoni. Sono solo influenze, e al di là di esse la band ha capacità indiscutibili. Perché oltre a un’innegabile potenza teutonica nei refrain,il gruppo spinge molto sui riffoni, con numerosi passaggi di gustoso scapoccio.

Il chitarrista Sergei Metalheart, viene infatti dalla scuola di Zakk Wylde e Dimebag Darrell. Si sente che gli piace far sburrare la chitarra e ci riesce benone. Magari è un po’ derivativo ma nel contesto dei Desert impedisce che la band assuma le fattezze di una qualsiasi power metal band da terzo mondo, senza mordente e con una puzza di casereccio che levati.

I Desert sono ragazzi in gamba

desert 2

Altro elemento di spicco è il tastierista. Si chiama Oleg Aryutkin e sa quando tacere e quando inserirsi. Il suo apporto all’interno di una matrice molto rocciosa ed epica offre ai Desert una marcia in più e permette di fantasticare su cosa sarebbero stati i Blind Guardian con Jens Johansson degli Stratovarius al posto di un secondo chitarrista.

E poi le canzoni. Oltre all’ospitata piacevole di Chris Boltendahl in Blood on the Sand, vorrei che assaggiaste Fix Bayonets! e Sons Of War, tanto per gradire. Sono sicuro che siano sufficienti a sbranarvi. E We Were Soldiers vi toccherà fin dentro le budella. Perché l’enfasi di questa corazzata trasuda grande umanità. Parlano di guerra ma esplorando molto l’aspetto emozionale di certe situazioni. A tratti, in alcuni immancabili passaggi al sapor d’orientale, ci ho sentito persino gli Amorphis. Insomma non lasciateveli scappare, i ragazzi qui sono in gamba.