Jacob’s Ladder è un film di David M. Rosenthal del 2019. O meglio è un remake, prima di tutto il resto. Ed è soprattutto un film di Adrian Lyne, regista bistrattato che negli anni 80 con i suoi film determinava valanghe di articoli statistici sulle riviste femminili e secolari discussioni nei talk-show televisivi. Passereste 9 settimane e mezzo con uno sconosciuto e il suo frigorifero? Oppure: e se un giorno la vostra amante finisse per fare delle cose orribili a degli animali per dirvi qualcosa? Quanti soldi servirebbero per rendervi da mariti fedeli a papponi?
Adrian Lyne aveva fiuto per il genere di domande oziose che coinvolgevano il mondo degli anni 80. I suoi film spopolavano e la critica li snobbava, come era naturale, al tempo. Oggi andrebbe riscoperto e valorizzato. Anche perché ha una sua fottuta estetica, una cosa a metà tra uno spot pubblicitario del Martini e un porno di Gerard Damiano, però ce l’ha. E non possiamo dire lo stesso di David M. Rosenthal.
Ma un momento, torniamo ad Adrian Lyne. Dopo una serie di hits da botteghino che ridefinirono i canoni dell’erotismo griffato e della paranoia sentimentale, lui passò all’horror e ne fece uno con i controcazzi. Allucinazione perversa è il titolo con cui uscì in Italia. Era una storia geniale che mescolava reduci dal Vietnam, droghe e demoni. E anche se il pubblico non lo andò a vedere, relegandolo tra i più grandi cult movie degli anni 90, Jacob’s Ladder era perfetto per quel preciso momento storico.
Perché fare il remake di Jacob’s Ladder…
Quando si decide di fare il remake di un film si pensa a due cose. Al successo dell’originale, garanzia di successo del rifacimento. Oppure si pensa alla ragione nobile: l’originale diceva cose che vanno dette ancora, attualizzandole un po’. Basandomi su questi due assunti non capisco il motivo di rifare Jacob’s Ladder. Non fu un successo e non lo sarà neanche il remake. Spostare il Vietnam come una coperta cronologica sull’Afghanistan e tirare in ballo droghe sperimentali usate sui veterani non è attuale. Sa tanto di quelle cose anni 40-70 tipo CIA, Area 51, MK-Ultra. Allucinazione perversa in un certo senso frullava l’intera controcultura in un solo incubo e lo sbatteva sullo zerbino degli anni 90. Jacob’s Ladder di Rosenthal serve a un obeso annoiato una polpetta sciapa e bruttina.
Capisco che ci sono ancora le guerre, che ormai viviamo in una società social in cui non si è più certi di nulla e il cospirazionismo diventa cultura, ma quale urgenza c’era di tirar fuori ‘sta storia di un reduce che vede mostri e M.I.B. in giro per la città?
Il black man nell’horror
C’è un motivo plausibile, a parte il dannoso politically correct, che ha spinto gli sceneggiatori a convertire in black tutto il cast principale del film? Nell’originale c’era Tim Robbins. La sua compagna era una latina da urlo morta pochi anni fa, Elizabeth Maria Peña. I neri c’erano ma si trattava dei soliti innocui fratelli nereggianti. Facevano la loro parte di caratteristi e comprimari e saltavano per aria al momento giusto.
Non so ma ultimamente nell’horror sta aumentando il livello di pigmento. Nulla di male, per carità ma inizio a trovarlo un po’ strano. Insomma, nella storia del genere quanti neri vi ricordate, a parte quelli nei film di George Romero e Candyman? E invece ora non faccio che vedere dei neri in ruoli di primo piano nei film dell’orrore. Ma e Us, per dirne un paio.
E non sono poveri neri ma normalissimi borghesi intercambiabili con i bianchi. I protagonisti di US e di Ma potevano essere ispanici. Se il reddito è medio, l’aspetto sociale e razzista viene meno. Jordan Peele l’ha buttata sul razzismo in Get Out ma già ora ha smesso di menarcela con il cannibalismo delle classi abbienti sui poveri ragazzi di colore. Il suo primo film sembrava quasi una versione blackster di Society, ma senza i mostroni di Screaming Mad George.
Il vero problema di Jacob’s Ladder (il remake)
Comunque, il vero problema di Jacob’s Ladder è che si tratta di un film pulitino e senza coglioni. Ricordo che in Allucinazione perversa c’era un sacco di sporcizia e decadenza. Adrian Lyne usò stazioni chiuse da anni della metro e vecchi ospedali per girare le scene degli incubi. Qui invece siamo quasi sempre in posti normali dove tutto è verde o blu. L’uso della fotografia è un’altra cosa insopportabile. C’è una ragione plausibile che dovrebbe farci accettare di vedere rettiliani e puffi in stile Afro in un film horror?
Del resto la recitazione degli attori, Jesse Williams e Joseph Sikora in primis, è davvero prevedibile e spenta. Sapete, il grave torto dei remake è che cercano di prendere il posto di vecchi film nella memoria collettiva, e lo fanno per soldi. Ma i soldi sono la ragione numero uno dell’esistenza del cinema americano, a parte la propaganda culturale, quindi ok, sappiamo che palo ci investirà il culo ogni volta che ci siederemo su una poltrona e si spegneranno le luci in sala. Ma un peccato ancora più terribile è se i remake tentano di disinnescare i film del passato e sostituirli. Per dire, guardate cosa hanno fatto con Non aprite quella porta? Ecco quindi che vi imploro di recuperare Allucinazione perversa. Fatelo!
Nell’originale Adrian Lyne diceva cose pesanti sulla spregiudicata e folle politica americana nei confronti del proprio esercito. Riprendeva la piaga del Vietnam e ci spargeva sopra un sacco di sale, in un tempo in cui per la gente era ora di voltare pagina. Infatti non ricordo un altro film sulla sporca guerra successivo a Jacob’s Ladder di Lyne. Oggi ci sarebbe molto da dire sui neri in America e sulle sporche guerre che gli U.S.A. hanno fatto con la scusa di correre dietro il culo a Bin Laden. Ma cosa ti combinano questi signori? Prendono un capolavoro che infila un bel calcio nelle palle a Nixon usando lo scroto di George Bush Senior e provano a rigirarlo a Donald Trump e la mostruosa finanza assassina del nostro pianeta. Che senso ha? Questi potenti che ora dominano le nostre vite non hanno più uno scroto. Non c’è un’anatomia famigliare. I testicoli qui possono trovarsi sotto la lingua, per quanto ne sappiamo. Nascosti e al sicuro.
E poi rimanendo in ambito pop-corn, i demoni del film di Lyne cagano in testa alle vaghe deformità che si vedono nel remake.