Piercing è il secondo film di Nicolas Pesce, autore che aveva già fatto parlare di sé in asfittici forum e qualche centro culturale votato al cinema estremo, con l’esordio The Eyes Of My Mother. L’esordio austero, dimesso e bigissimo, in bianco e nero disperato e ora il secondo film così colorato e aggressivo, che guarda al cinema thriller italiano degli anni 70. La storia è sempre di quelle che non spiegano molto, quindi bisogna unire i puntini e far lavorare il cervellino, ma nell’insieme risulta accessibile e seducente.
Piercing è soprattutto un film sexy e intrigante. Questo grazie a Mia Wasikowska, che dopo le fighette buone e molto vittoriane di Crimson Peak e l’Alice di Burton, torna alle disturbate e sadiche isole adolescenziali di Stoker. Ed è una bella sorpresa, come del resto lo è Piercing, film potente ma piccolissimo, con giusto due personaggi principali.
La trama di Piercing e le considerazioni di un cavallo
Trama. Un uomo ha pianificato di uccidere una prostituta. Il suo progetto è preciso nei minimi dettagli. Purtroppo la vittima sacrificale non sarà così prevedibile e mansueta.
Nicolas Pesce omaggia il cinema di Argento e Dallamano, sia visivamente che usando una colonna sonora saccheggiata dai cult italiani degli anni 70. Tarantino l’ha fatto già in Kill Bill e lui segue l’esempio. Purtroppo le cose non filano proprio lisce in questo senso. Sul piano visivo, per quanto ci siano delle suggestioni estetiche d’altri tempi, si nota una visione fresca e personale, non una certosina riproduzione vintage virtuosistica ma vacua.
Il sonoro invece a volte è un autogol. Non puoi utilizzare il tema principale di Profondo Rosso in un altro film. Quelle musiche appartengono in modo inestricabile a certe immagini. Metterle sulle tue visioni è la cosa più inutile che tu possa fare.
La colonna sonora che visse tre volte
Non è sempre così, però. Molte delle scelte sono prese da film minori, che in pochi ricordano e che non sono così compromesse. Del resto uno dei tempi principali, il bellissimo To Risky A Day For A Regatta, di Stelvio Cipriani, è un tema usato sia in Tentacoli di Assonitis che in La polizia chiede aiuto di Roberto Infascelli. Due contesti narrativi molto diversi che finiscono per liberare il motivo da qualsiasi compromissione visiva. Del resto le immagini di Infascelli e Assonitis non sono iconiche e definitive quanto quelle del capolavoro di Argento, quindi l’impatto è più morbido.
E pensare che nel 1980, Bruno Mattei usava le musiche dei Goblin di Zombi per il suo Virus, e quindi anni dopo, quando iniziò la rivalutazione del cinema trash italiano, tutti lo prendevano in giro per una simile furbata da due lire. Oggi Tarantino e Pesce fanno la stessa cosa ma ricavano applausi sperticati. D’accordo, il primo voleva solo riciclare qualcosa per risparmiare soldi e fregare il pubblico distratto e ignorante, ma Tarantino fa lo stesso con la gran marmaglia di cazzoni che vanno a vederlo senza sospettare minimamente che i suoi film siano saccheggi programmati di un vecchio cinema fatto in casa da noi Italiani.
Nicolas Pesce si conferma autore interessante e promettente. Purtroppo appena questi nuovi fiori del male mettono il gambo fuori dal vaso, ecco una casa di produzione americana che li recide e li lascia marcire nella serra del mercato remake. Per il 2020 si prevede il suo ritorno con l’ennesimo e inutile rifacimento occidentale di The Grudge. Che due palle!