Avere trent’anni, ma provarci ancora. Sono sopravvissuto al terzo Botellòn ed è inutile che faccio l’elenco di ciò che ho bevuto. L’unica serata dove arrivo con un’unica birra… ok due birre, però carico di buoni propositi, ed esco ogni volta distrutto appoggiato a un angolo ficcandomi le dita in gola, perché ho gli acidi dello stomaco che ballano la macarena.
Fa ridere sopratutto il giorno dopo, quando con la testa che ti urla dentro “ma perché sono venuto al mondo”, strisci fino al computer per vedere info sulla serata di ieri, che magari forse trovi pure una foto di te in pose oscene di cui hai dimenticato l’esistenza.
E invece…
Innanzitutto quelle le ho trovate sul mio cellulare, ma poi visto che va di moda scoparsi gli alberi, e scusatemi, i giovani non dovevano essere ambientalisti? E ogni volta nasce la polemica, perché siamo tutti buoni a urlare che il pianeta sta morendo, ma quando c’è di mezzo il Mojito, per me puoi farlo anche col sangue di Koala, basta che mi dimentico perché sono nato.
Il paradosso dell’ambientalismo, il paradosso del divertimento. E perché parlo di paradossi? Perché fa strano svegliarsi la mattina dopo, incapace anche di riconoscere il proprio volto, distrutto fisicamente, con un insano senso suicida, e tutto per un solo attimo di divertimento guadagnato a suon di bevute il giorno prima. Qual è il senso della festa se il giorno seguente mi aspetta l’ospedale? E vi prego, non dite che ho trent’anni e devo darmi una calmata. Non ho bevuto un cazzo… credo. Dopo la bottiglia di vodka e fanta non è che la mia memoria sia poi così chiara.
The Paradox
E qui ripeto, nasce il paradosso, perché da grande gioia segue un grande dolore, come da grandi propositi ambientali nascono grandi sporcizie. Qual è il senso di urlare save the planet se tanto il giorno dopo finiamo per lasciare bottiglie di vino rotte per le strade? Giuro che smetterò di sporcare il pianeta quando smetterò di bere. Speriamo allora la cirrosi faccia presto il suo lavoro.
Ma il Botellòn o come cazzo si pronuncia è un evento simpatico. Non aspettatevi grandi avventure, e se siete metallari convinti rischiate minimo la schiuma alla bocca. Ma per chi come me, cresciuto in un’era in cui Gigi D’agostino era considerato un musicista, tra le paste del ’90 e le anfetamine del ’00, è una scusa come un’altra per ingurgitare alcolici dimenticandosi che il giorno dopo si dovrà tornare nel mondo lavorativo. Io non ce l’ho fatta, però il mio lavoro è una merda quindi suca.
Avvenuto mercoledì due Ottobre, in quel di Bari in… e che sono google maps? Cercate su facebook l’evento. Insomma, cosa è accaduto? Tutto e nulla. Ragazzi più giovani di me, riuniti per festeggiare il dio bacco credo, la fine dell’estate, fare benedizioni random non so, mi sono beccato dei tizi vestiti da prete pure che mi hanno regalato una estrema unzione.
Ho scoperto che da ubriaco parlo l’inglese meglio che da sobrio, o forse la gente è troppo ubriaca per capire che parlo male l’inglese. Un altro paradosso da risolvere. Sono io che miglioro o è il mondo che peggiora? E se fossi io a peggiorare il mondo? In fondo un po’ tutti aiutiamo questo degrado chiamato vivere, uno schifo alla volta.
Non è un concerto dove narri chi suona, ma un’avventura dove ti siedi con gli amici in circolo, fumando il calumet della gioia. Perché tanto ‘sto fottuto pianeta sta morendo, e cercare di salvarlo ora mi pare essere come quei genitori che in punto di morte chiedono il perdono dei figli.
Fanculo, voglio morire come ho vissuto: pisciando su tutto ciò a cui potevo volere bene, ma ero troppo testardo per rimettermelo nei pantaloni!
Ci becchiamo al prossimo Botellòn, o anche no. Che ne so.