Robb Flynn è l’anima dei Machine Head. I Machine Head sono una delle poche realtà valide e longeve uscite fuori dopo il repulisti grunge, in ambito metal. Hanno avuto la possibilità di raccogliere il testimone lasciato vacante dai Metallica ma dopo averlo afferrato se lo sono gettati alle spalle (per non dire di peggio) prendendo direzioni stilistiche sospette e riguadagnando poi terreno, ma quando ormai era tardi, verso un’ortodossia altrettanto sospetta. I Machine Head sono ambigui. Da sempre. Ciò non toglie che abbiano realizzato spesso dei dischi enormi. Anche il primo Burn My Eyes era poco schietto. Eppure straordinario. Alcuni lo considerano come l’età dell’oro dei Machine Head, l’album della purezza iniziale, ma trascurano un particolare abbastanza evidente. Flynn veniva dai Vio-lence e un thrash ben più canonico. Se fossero stati gli Overkill a fare Burn My Eyes, non so quanti metallari li avrebbero esaltati. Siccome i Machine Head nascevano con quel disco, oggi si considera il titolo più classico e coerente che abbiano mai realizzato.
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E invece Flynn non era per niente coerente. Gli disse bene, però. Il caso di Burn My Eyes fu inatteso e molti metallari lo resero celebre col passaparola. Al tempo di The More Things Change però la band iniziò a deludere il pubblico con un evidente calo d’ispirazione e soprattutto una serie di cambiamenti che presto trasformarono i Machine Head, non più nella nuova speranza del thrash evoluto (!) ma nell’ennesima posse di venduti. L’apertura al nu-metal, con le pettinature colorate e in stile punk di Robb furono una trollata iper-prodotta, ma anche lì, The Burning Red fu un grande lavoro; poteva far schifo per l’incoerenza ma nel suo genere era ancora una roba dannatamente notevole.
Poi ci fu il ritorno alla vecchia scuola, mai bazzicata dai Machine Head (ma da Flynn sì). Per dieci anni la band ha infilato una serie di titoli ipertecnici, maestosi, epici e impensabili al tempo di Supercharger (disco peggiore. I Machine Head entrarono di peso nel revival del thrash classico, spostandolo alle moderne sonorità (cosa, guarda caso, tentata dagli Overkill qualche anno prima con Necroshine).
E anche qui, tanti a storcere il naso e non credere a Robb, però sì, ad ammettere che pure The Blackening, Unto Locust erano disconi. Nonostante Flynn e le sue cazzate.
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Perché il problema non erano i Machine Head ma lui. Se non avesse nei decenni (Metal Injection insiste a ricordare al pubblico 30 anni di lavoro a livelli professionali nel music biz di Robb) sparato cazzate. Probabilmente altre teste calde come lui, tipo Gene Simmons, Ted Nugent, si sarebbero rovinate la vita e la carriera se ai tempi loro ci fosse già stato internet e i social. Per fortuna non c’erano e possono ora rovinare un po’ di reputazione, ma tanto non hanno più nulla da temere. Cambia nulla al patrimonio di Nugent leggere le sue tirate spudoratamente razziste? E a Gene cambia nulla se oggi lo si giudica un cinico figlio di puttana che pensa solo a far soldi? Dice cose che fanno pensare a questo, ma i soldi li ha fatti. E anche Ted.
Ma Flynn ha attraversato l’internet era, ci è cresciuto e ha lasciato decine di frasi da dimenticare, sparate e boiate, polemiche e stupidaggini che hanno messo a dura prova la pazienza dei fan, oltre che fatto gongolare i detrattori.
E ora Flynn, in occasione dell’uscita del nuovo singolo Do or Die, è stato criticato da tanta gente per la banalità del pezzo, ma soprattutto è stato accusato di scopiazzare i Dope, (Die MF Die) band alternative metal di fine anni 90.
Robb ha risposto tracciando in modo assai brillante una toponomastica letteraria del refrain Die Motherfucker Die, riallacciandone le origini non ai Dope, come qualche bonario rompiballe ha sostenuto, ma a The Roof Is On Fire dei vecchi rapper Rock Masterscott & The Dynamic Three, quindi al 1984 e non al 1997 dei Dope. Poi non pago, Flynn si è lanciato in un’analisi comparativa tra Edgar Poe, Walk dei Pantera e i Lamb Of God meno ispirati, insinuando una scarsa obiettività nei giudizi dei giudizianti di Do or Die, che si reputano intenditori del bello scrivere nei testi metal e invece sono pronti a gasarsi su prove ancor meno complesse della propria. Aggiungendo infine che, se i Machine Head hanno copiato qualcuno con la strofa Die Motherfucker Die, l’hanno fatto da loro stessi, visto che il brano Fuck It All del 1995 (al Dynamo, un reiterato C’mon MF C’mon di incitamento) contiene qualcosa di simile.
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Tutto questo, per quanto discutibile e auto-lesivo, non sarebbe stato così criticabile se Robb non avesse scelto il suo solito modo aggressivo di esprimerlo, con una sfilza di parolacce a far da intercalare, e una serie di insulti a tutto il mondo che lo ha provocato di proposito. I Troll, che lui stesso individua all’inizio della sua tirata, sono evidentemente degni di risposta e di critica. Come dire, lo so che mi avete pestato il piede di proposito ma ora vi spiego perché non dovevate farlo se aveste pestato il mio piede senza rendervene conto. Del tutto inutile. L’hanno fatto apposta, Flynn, sveglia. Ci sei cascato e li riconosci pure, sono dei Troll. Ma allora che fai? Rispondi? E hai dato prova, ancora una volta, di quanto tu sia poco equilibrato, fragile e degno dello sprezzo non dei tuoi detrattori, che in fondo non si sono neanche pronunciati oltre il solito (il pezzo fa cagare, Machine Head alla frutta) ma hai risposto a gente che non è interessata alla qualità perduta del tuo gruppo, alla crisi creativa evidente, bensì a far perdere la pazienza a un noto rissoso come te.
Il problema è che Flynn resta sospetto anche in momenti apparentemente così veraci. Perché si sa che rispondere a un attacco di frecce con un cannone (tecnica di Mourinho) porta sempre pubblicità. E non conta se sia negativa. Alla fine le polemiche permettono a Robb di esistere. Il suo vero problema, che è un po’ anche quello di chi scrive, è forse di non credere troppo alla propria arte, se sente di doverla difendere come questa sua arte fosse un bambino mongoloide che non saprebbe difendersi da solo. E soprattutto il problema di Flynn è che non crede basti la propria musica a far parlare di sé, quindi deve comportarsi in modo così discutibile, per sentirsi abbastanza notato dal mondo. A costo di perdere la stima e l’interesse proprio di chi (i pochi ormai) compra i dischi dei Machine Head nonostante Robb Flynn; e i (sempre molti) che spendono soldi per il merch e i concerti dei Machine Head, ancora una volta NONOSTANTE quel cazzone (detto con affetto) di Robb Flynn.