Ho letto con interesse il pezzo di Max Incerti Guidotti sulla Fratellanza metallara, un pezzo ben scritto, con molti spunti, che stimolano riflessioni e argomentazioni, almeno nel mio caso anche contrarie, per quello che concerne la mera fratellanza metallara. E quindi, anche se tu non me l’hai chiesto, ti comunico quattro spunti che la lettura dell’articolo di Massimo mi ha suscitato.
Il primo spunto: la fratellanza sociale dei metallari
Il primo motivo per cui una volta si cominciò a parlare di fratellanza metallara fu esclusivamente sociale. Negli anni 80, quando è iniziato l’heavy metal e tutti i fenomeni a esso collegati, avere i capelli lunghi, essere metallaro come immagine, era veramente qualcosa di diverso. Ricordo, per esempio, una persona di mia conoscenza, un metallaro dell’epoca che possedeva già un aspetto singolare di suo, era molto alto e magro, avrebbe probabilmente spiccato lo stesso sulla folla di via del Corso, ma portava questi capelli lunghissimi, il chiodo, i calzoni strappati, le catene… Mi ricordo che, mentre camminavamo per strada, la gente si fermava a guardarlo sbalordita. Dall’espressione sembrava che vedesse un marziano. Oggi invece, e forse questo è un bene visto che ci troviamo in una società cosmopolita, tutto sommato un capellone chi lo fissa più, come anche uno con tremila tatuaggi.
Quindi è comprensibile per un metallaro nel 1984, abituato al giudizio e la meraviglia della gente normale, quanto potesse sentirsi solo e orgogliosamente contro il mondo. Alone Against the World, con i capelli che ti arrivavano al culo o quantomeno fino alle spalle, ti vestivi con le borchie, il giubbotto di pelle, il chiodo e ti aprivi varchi tra la folla come un appestato. E ti credo che se ti capitava di trovare una persona con il tuo stesso look, era in automatico il tuo brother of metal. Adesso un capellone, a seconda delle mode può essere semplicemente un coatto che va in discoteca o che va in palestra e che, in ogni caso non ha nulla a che fare con l’heavy metal, mentre un appassionato della nostra musica preferita, che non è esattamente un metallaro, più o meno può essere un pelato co’ la panza, che assomiglia a un impiegato del catasto.
Il secondo spunto: i metallari non fanno headbanging
Ecco qua, il termine headbanging, che in italiano si può tradurre in “bangheggiare”, parola del cazzo non accreditata all’accademia della Crusca. Personalmente quando sento dire “bangare” da qualcuno la cosa mi manda ai pazzi. “Pogare” è un’altra espressione fastidiosa, legata al pogo e quindi al punk che col metal è sempre stato in rivalità. Ma insomma, “bangheggiare” e non “fare headbanging”, è il vero modo di dirlo della vecchia guardia. E questa cosa è ormai in disuso. E perché la gente non bangheggia più?
Beh, per cominciare i cinquantenni come me, che sono molti ai concerti, non hanno più voglia di farlo. Io francamente lo facevo poco anche all’epoca. L’ho sempre trovato senza senso. Dopo che ho pagato un biglietto vorrei “vedere” la band. Neanche sentirla, per quello ho i dischi a casa, ciò che mi interessa è “osservarla”. Byff, Steve Harris, Ian Gillan, voglio gustarmeli con gli occhi e non subire gli spintoni di nessuno. Io disprezzo un po’ chi si comporta così ai concerti. Sono come quei tifosi che vanno allo stadio e neanche guardano la partita perché sono troppo occupati a fare i cori e picchiarsi. Ecco, i metallari che vanno a vedersi uno show per fare a spintoni, con le facce da ebeti, non li comprendo e talvolta ne castigo pure con una bella gomitata appuntita, un calcio messo lì a modo, giusto a scopo deterrente e senza farmi vedere, ovvio.
Quindi i vecchi non pogano. E i giovani? Beh, loro non lo fanno perché sono cresciuti con questo cazzo di smartphone in mano, quindi è naturale che l’headbanging si sia ridotto su tutta la linea, e per quanto mi riguarda è ok così. Se pensi che mi sono visto i Voivod in prima fila, senza alcun disturbo o fatica, significa davvero che i tempi sono cambiati in modo definitivo.
Terzo spunto: Nessuna vergogna
Massimo, nel suo pezzo a un certo punto parla di vergogna. Dice che i metallari hanno l’imbarazzo, si nascondono, non mostrano più al mondo il proprio truismo, sembra che temano di essere giudicati male. Non si tratta di quello. Una volta ci si vestiva in modo diverso, semplicemente. Anche i serissimi Judas Priest indossavano quegli abiti sgargianti, con le fibbie, le borchie, quei i giubottoni di pelle. Adesso invece tu vedi un gruppo che suona death metal, che suona blues, musica italiana di merda tipo pop e ti accorgi che sono tutti vestiti uguale! Abiti neri, le barbe, pelati, con quella catenella che sta all’altezza della cintura e gira intorno, non so come si chiami. Quasi tutti con i capelli corti se ce li hanno, perché poi questa è gente che il giorno dopo deve andare in ufficio, quindi non può presentarsi mica con i capelli lunghi sul posto di lavoro! Una volta non esisteva che il metallaro andasse in ufficio e basta. E la cosa non accadeva, ma lo sai perché? Chiaro, era minorenne! All’epoca d’oro i metallari erano molto più giovani di oggi, tutti. E ammesso che avessero venticinque anni, nella migliore delle ipotesi facevano l’aiuto carrozziere, quindi potevano anche permettersi il lusso di tenere i capelli lunghi.
Quarto spunto: quello che molta gente fa finta di non capire
Quello che molta gente finge di non capire è che l’heavy metal l’heavy metal sta morendo. E questo perché l’heavy metal è gli anni 80. Ciò non impedisce che oggi esca un bel disco di heavy metal, o che nel 1995 ne siano usciti, così come nel 2007, ma se l’heavy metal fosse morto per decreto nel 1989 avrebbe comunque detto tutto quello che aveva di saliente da dire. Ciò che è uscito dopo è, senza tanti giri di parole, puramente pleonastico.
Infatti i veri grandi gruppi di heavy metal sono quelli usciti negli anni 80, compresi i nomi che a me non piacciono molto, come i Death o gli Slayer. L’heavy metal sta morendo e viene portato avanti da “poveri” vecchi che si giocano le ultime cartucce, compresa gente che io adoro, tipo i Priest, i Saxon e i Maiden. Oltre loro a trainare la carretta c’è qualche nuova formazione che li scimmiotta. Ben vengano però gli scimmiottatori, ci mancherebbe. A volte ce ne sono di italiani, più spesso svedesi e nord-europei. Sono queli che per dio, hanno capito una cosa fondamentale: heavy metal vuol dire anche avere gli spandex bicolori stretti, le scarpe da ginnastica alte e tutto l’armamentario che ci vuole per farlo, davvero e fino in fondo.
Mi sembra di aver finito. Arrivederci Francesco e perdonami il pippone.
Giovanni Loria