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Coraggio Heavy Metal, fatti ammazzare!!! – Come il metal potrebbe morire per risorgere piu forte

L’altro giorno stavo pensando allo stato dell’heavy metal quando alla TV hanno trasmesso lo spot di un film, e la mia immaginazione mi ha fatto vedere Clint Eastwood, nei panni dell’Ispettore Callaghan, puntare la sua Smith & Wesson contro un malvivente per dire: “Coraggio Heavy Metal, fatti ammazzare!!!”

 

Sono in molti a ritenere l’heavy metal una musica che sta morendo. In un articolo pubblicato su Sdangher qualche giorno fa, una sorta di risposta al mio recente editoriale sulla “fratellanza tra metallari”, lo stimato collega Giovanni Loria ha scritto: “L’heavy metal è gli anni 80”. Poco dopo, l’autore di Classix e Classix Metal, rincara la dose e aggiunge: “Se l’heavy metal fosse morto per decreto nel 1989 avrebbe comunque detto tutto quello che aveva di saliente da dire.”

Avendo amato, e molto, anche l’evoluzione e le sperimentazioni sonore che negli anni 90 ci hanno regalato varietà compositiva e creatività rimarchevoli, dissento con convinzione. Ma Giovanni Loria è in ottima compagnia. C’è un’intera legione di metallari che, come lui, avrebbe fatto scendere il sipario sulla musica dura già al termine degli anni ’80, magari con la possibilità di riviverli anche più di una volta dal principio, per gustarseli meglio.

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Di riporto, molti appassionati di quegli irripetibili anni, stanno cercando di ri-viverli anche ora, grazie alle tante reunion, il revival, i tour con i classic album e per merito di riviste ben realizzate come le stesse Classix e Classix Metal.

Questi magazine, da un buon numero di anni, stanno esplorando ogni più recondito momento e gruppo di culto di quel decennio, alla ricerca di qualcosa di interessante ancora da raccontare o di una prospettiva diversa per farlo. Anche se per me il metal che conta non è finito tutto con l’arrivo dei primi anni 90 (io non lo trovo esaurito del tutto nemmeno ora), concordo nel definire l’heavy metal attuale un malato grave.

I motivi sono molteplici: la mancanza di un vero rinnovamento, l’incapacità di produrre nuova musica che non sia troppo derivativa o simile a quella del celebre passato, l’apparente impossibilità di coinvolgere le fasce di ascoltatori più giovani ben più attratte da altri generi musicali che parlano un linguaggio più moderno.

Ci sono poche grandi band in grado di riempire le arene o i grandi spazi suonando la musica heavy e, anagraficamente, sono quasi tutte dai quaranta ai sessant’anni di età media, con il grosso ormai vicino al meritato pensionamento. Da qui a una decina d’anni, forse pure meno, l’heavy metal inteso nel senso più classico, potrebbe davvero morire, almeno nelle grandi location.

E forse sarebbe pure meglio così. E vi spiego il perché.

Signore e signori, il calcio.

Prendiamo esempio dal calcio. Negli anni 80 giocavano a calcio in serie A personaggi del calibro di Maradona, Platini, Falcao, Zico, Van Basten, Franco Baresi, Zoff, Scirea, Antonioni, Gullit, Rummenigge, e molti altri campioni.

Negli ultimi quindici anni, tra crisi economica, scandali, retrocessioni, “scudetti di cartone” e via dicendo, non sono in pochi coloro che hanno parlato di morte anche per il nostro amato-odiato calcio, una cosa piuttosto paradossale per lo sport più commerciale e seguito al mondo. Questo sport, comunque lo vediate, ha subito, soprattutto in Italia, un danno d’immagine notevole e allontanato dagli stadi molti spettatori, con la grande complicità dell’ormai capillare programmazione televisiva sui canali a pagamento.

Per alcune titolate squadre di calcio è stato pure celebrato il “De Profundis”, la morte sportiva. E’ arrivata infatti una squalifica che ha imposto ad alcuni storici club, di ricominciare dalle categorie inferiori, a volte in seguito a un fallimento o a gravi illeciti decisamente poco “sportivi”. Spesso con un nome nuovo. Per riscrivere da zero una nuova storia.

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E’ il caso della Florentia Viola, che ad agosto del 2002, cominciò la sua avventura dalla Serie C2 dopo il fallimento della Fiorentina. Pensate al cambiamento che passa dal trionfo per 2-0 in una partita di Champions League con il Manchester United di poco più di due anni prima agli scontri con l’Aglianese in C2.

Poi, però, si è verificato un fenomeno molto interessante. Verrebbe da pensare che, a passare da un match prestigioso come il primo a un incontro come il secondo, beh, che non ci sia proprio lo stesso fascino e passione nel seguire la propria squadra, soprattutto se abituati a ben altri scenari.

Ma a questo mondo del calcio malato, in cui qualcuno si era macchiato di colpe gravi, sporcando una cosa bella e così amata dalla massa, serviva prima di tutto ritrovare quella parolina che è fondamentale anche quando si parla di heavy metal. Lo spirito.

E il pubblico ha risposto in modo straordinario in quasi tutte quelle piazze calcistiche retrocesse tanto in basso dalla giustizia sportiva. E a riportare in alto questi club ha contribuito soprattutto l’ambiente, gli spettatori, i tifosi. Tutti di nuovo entusiasti, numerosi, passionali.

Tutti tornati sugli spalti per tifare per i propri colori, indipendentemente dalla categoria e dall’avversario. E queste squadre, quasi tutte, sono sempre tornate ai massimi livelli e nel minor tempo possibile, con un effetto yo-yo che ha quasi dell’incredibile.

The day heavy metal died

E se succedesse questo anche all’heavy metal? Pensate quindi a un futuro non lontano, forse tra soli cinque o dieci anni. Un futuro che forse spaventa in molti. Senza Maiden, Priest, Ozzy, Kiss, Slayer, Sabbath (e cito qualche nome già ritirato o in dirittura d’arrivo ndA) ecc. con degli headliner (Slipknot, Avenged Sevenfold ecc.) che però non vengono riconosciuti come rappresentanti del vero heavy metal dal grosso dei metallari.

Allora qualcuno un giorno potrebbe davvero urlare, come molti fanno ormai da anni: “E’ morto!!! E’ morto l’Heavy Metal!!!” Ma quel giorno quasi tutti potrebbero andargli dietro. E anche quello che resterà della stampa e dei mass media, quelli che in passato una certa forza ce l’avevano se pensate che sono riusciti a imporre alla massa nomi di nuovi sottogeneri orribili, potrebbero annunciarlo ai sette venti.

Quando parlo di “quasi tutti” non alludo solo ai “Loriani” o agli altri ottantiani nostalgici. Parlo di una percezione quasi totale (ora è “solo” diffusa tra molti). Mi immagino un nuovo Frate Metallo (ve lo ricordate? a me un po’ manca ndA) proferire queste parole:

“Siamo qui riuniti per celebrare il funerale del nostro carissimo amico Heavy Metal, che ha accompagnato le vite di molti di noi per mezzo secolo. Nato da una costola del Rock, Heavy Metal aveva un corpo forte e bello, con i capelli lunghi sempre al vento e ha vissuto la sua vita intensamente. Poi però, come purtroppo capita, è invecchiato, si è ammalato, e alla fine non c’è stato più niente da fare. Sul finire ha pure rifiutato le cure mediche e ha solo richiesto che venissero suonati i suoi 200 brani metal preferiti. Un ex funzionario delle pompe funebri, dalle iniziali F.C., ha posto fine alle sue sofferenze durante l’esecuzione di ‘Hail And Kill’. E Heavy Metal è morto. Abbiamo perso il nostro migliore amico. Se n’è andato il migliore di tutti noi. Non ci sarà mai più un altro come LUI.

Ma il suo spirito continua a vivere, e lei nel video piange poverina…

Ma come le squadre retrocesse nelle categorie minori e poi tornate più forti di prima, anche l’Heavy Metal potrebbe risorgere. E sapete perché? Ce lo ricordano i Cinderella perché. Vai Tom, è il tuo momento, stendili tutti…

Don’t know what you got till it’s gone                             Non sai cos’hai finché non è sparito.
Don’t know what it is I did so wrong                               Non so cosa ho fatto di sbagliato.
Now I know what I got                                                       Ora so cosa ciò che ho
It’s just this song                                                                   E’ solo questa canzone
And it ain’t easy to get back                                               E non è facile tornare indietro.
Takes so long                                                                         Ci vuole così tanto tempo

Non sai quello che avevi fino a che non lo perdi.

Quando qualcosa muore qualcosa rinasce. Basterebbe che chi ha snobbato il metal per tanti anni, per molti motivi, decidesse di riabbacciarlo, o anche solo che raccontasse ai propri figli e nipoti che cosa ha rappresentato per noi. Per educare quelli che saranno i nuovi metallari di domani.

Sarebbero loro a far tornare questa musica alla luce. Sì perché certe persone forse quello che dovevano dare alla scena l’hanno già dato. O forse non l’hanno dato per tanti anni perchè hanno preferito praticare lo sport più diffuso al mondo, ancora più del calcio: lamentarsi. E vivere di ricordi.

“Perché una volta la musica”, ma il discorso vale un po’ per tutto, “era sempre meglio di quella odierna”. Qualcuno un giorno inventò il proverbio “Si stava meglio quando si stava peggio”. E sarebbe da prendere a schiaffi. E questo proverbio è diventato un “evergreen”, come “Morto un Papa se ne fa un altro”, anche se a Sdangher è più apprezzato “A caval donato non si guarda in bocca”.

Proverbi a parte, io credo che se il metal un giorno verrà dato per morto, in qualche modo, qualcuno lo risolleverà. Più forte di come stava quando era in sofferenza. Nasceranno nuovi gruppi, e quelli ancora esistenti forse troveranno ancora più stimoli. E tutto ricomincerà dalle piccole salette di prova e dai club in cui qualche coraggioso scommetterà sulla rinascita della musica heavy. E quello che resterà della stampa, forse pure Sdangher 5.0, comincerà a parlare di “New Heavy Metal” (da non confondersi con il “nu metal” ndA) o addirittura di “New Wave Of Reborn Heavy Metal” (NWORHM). Ci sarà chi avrà ancora questo spirito dentro dell’ormai defunto “vecchio heavy metal” e chi imparerà a conoscerlo in quell’occasione. Chiunque, mosso dall’Iron Will dei Grand Magus, stringerà il pugno, e dal pugno chiuso una carezza nascerà… vavavavavavavavavavaa

Ma il metal, per qualcuno, non morirà mai…

Lo sapete che Zucchero finisce i suoi concerti gridando “Il blues non morirà mai!”? E ci credo che lui lo canta, con tutto quello che quella musica gli ha regalato… Ma una cosa è gridarlo se riempi le arene di tutto il mondo e una cosa è sentire questo spirito dentro, per l’heavy metal. Anche adesso. E c’è ancora chi lo fa. Senza alzare la voce. Ci sono ancora degli autentici true metaller, forse gli unici veri puri metallari rimasti, che ai titoloni dei giornali, o alla massa dei commenti su fb, e soprattutto ai grandi eventi nelle arene o ai festival più commerciali, preferiscono l’attività di scovare i canali dove scorre ancora il metal più fedele a quello delle origini.

Quel luogo magico chiamato “Underground”, quello in cui, prima di tutto, questa musica è suonata, supportata, vista e ascoltata ancora per pura passione. Non che i fan di Maiden o Tool non ne abbiano intendiamoci, ma è grazie ai veri supporter dell’underground che moltissimi gruppi semisconosciuti vengono trovati, ascoltati e fatti conoscere al resto del mondo.

Una volta questa diffusione avveniva grazie alle tante riviste specializzate o tramite le fanzine amatoriali, ora la rete è rimasta il luogo migliore per esplorare la scena underground, per fare la conoscenza con gruppi di nicchia sì ma di immenso valore. Come gli Atlantean Kodex per esempio. E dopo aver scoperto questi tesori nascosti al grosso degli appassionati di musica, potete pure andare a seguire le loro gesta dal vivo. Entrerete in piccoli club dove si respira un’atmosfera diversa.

Perché lì conta solo la musica, non il selfie, non il post su ogni social possibile del biglietto e di cose che “potrebbero” non esattamente interessare al resto del mondo. E per raccontare e diffondere il valore di questi artisti a chi ha ancora la curiosità di scoprire e sapere di più dei gruppi meno conosciuti servono dei maestri. Uno di questi veri supporter del metal, un’autentica macchina da guerra quando si tratta di scrivere recensioni, interviste e live report per diffondere l’underground del metal mondiale, uno che potrebbe essere un degno portabandiera del true metal nel nostro paese, si chiama Sandro Buti. Se non lo conoscete ho una domanda per voi: “Dove siete stati negli ultimi trent’anni?”

La conclusione

Quindi, per tirare le fila di questa provocazione che un giorno potrebbe pure diventare realtà, non abbiate paura degli annunci di morte quando questi riguardano un ambito musicale o anche una squadra di calcio. Se c’è la volontà e la passione, anche la musica più snobbata, anche quella dichiarata morta, con tanto di toccante funzione funebre, può tornare in vita, e risorgere più forte di quando, per molti anni, è rimasta in cattive acque.

Mi torna in mente un altro paragone calcistico, ma questa volta con il mio povero Milan degli ultimi sette anni. Io ormai ho finito i fazzoletti. Ogni tanto penso che dovremmo ricominciare dalla serie D di “Diavolo”. Senza paura. Perché niente forse dà la stessa soddisfazione di una promozione, di una scalata verso l’alto. Come quella di Sdangher. Da 1000 a 2000 like alla nostra pagina FB in una ventina di giorni. Juve comincia a tremare. Salveremo il Metal. Non so ancora come ma lo faremo. Tutti insieme fratelli. Il pippone è finito. Ora andate in pace.

PS: Prima di uscire di qui intoniamo insieme il canto numero 666, quello che comincia con questo quesito: “è la fine dell’inizio o l’inizio della fine?” L’autore del testo è un certo Geezer Butler. Mentre uscite mi raccomando di fare un’offerta a favore della missione a cavallo in Sdangheria. Stiamo proteggendo le vostre vite. Che Sant’Antonio da Birmingham vi benedica.